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30.10.12

secoloxix trovate chi ordino' le violenze

Roma - Per 5 dei 10 no-global condannati dalla Cassazione lo scorso 13
luglio a pene pesanti per vari episodi di devastazione e saccheggio
avvenuti durante il G8 del 2001 a Genova, dev’essere ancora accertato «se,
quali e quanti, tra loro, preordinarono la manifestazione agli atti di
violenza»: lo sottolinea la Suprema Corte (nella sentenza 42.130,
depositata oggi e relativa all’udienza di quest’estate) indicando ai
giudici della corte di Appello di Genova il punto da approfondire nel
processo di appello bis.

Per questa ragione è stato accolto il ricorso di Carlo Arculeo, Antonino
Valguarnera, Luca Finotti, Dario Ursino e Carlo Cuccomarino, che avevano
protestato per la mancata concessione della circostanza attenuante di aver
agito seguendo «la suggestione della folla in tumulto». Accogliendo
l’obiezione, la Cassazione afferma che il verdetto di merito è pervaso da
«difetto di motivazione» perché «non si è fatto carico di valutare se,
quali e quanti tra gli imputati, al di là della partecipazione ai fatti di
devastazione e saccheggio, preordinarono la manifestazione agli atti di
violenza, non potendosi desumere dalla loro partecipazione ai delitti il
ruolo di protagonisti delle condotte violente. La circostanza attenuante
non spetta a colui che abbia provocato i disordini, che si sia predisposto
per determinarli e che abbia programmato la sua partecipazione alla
manifestazione di protesta in funzione appunto della commissione di atti
di violenza».

Tuttavia, prosegue la sentenza, «la prova di questa attività di vera e
propria “promozione” non può trarsi soltanto dal fatto che i cinque
imputati confluirono a Genova con l’intenzione di concorrere alle
manifestazioni di protesta, perché essa non rivela, ancora e di per sé,
che costoro presero parte a un gruppo costituitosi al fine precipuo di
spingere ad atteggiamenti violenti. Affinché possa negarsi l’applicabilità
della circostanza in esame occorre escludere che gli autori dei fatti di
violenza collettiva si determinarono a quelle illecite condotte soltanto
perché, trovatisi in mezzo a una diffusa situazione di disordine, ebbero
una minore resistenza psichica alle spinte criminali e si lasciarono
andare ad atti di violenza nella misura in cui furono contaminati dalla
“fermentazione psicologica per contagio che si sprigiona dalla folla”».

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