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28.09.04

Secolo XIX L'Antiterrorismo sotto accusa

Ci sono i nomi di Francesco Gratteri e di Giovanni Luperi
dietro lo smantellamento delle nuove Brigate Rosse, le indagini e gli arresti seguiti alla cattura di Nadia Lioce. E dietro le prime inchieste che hanno fatto luce sul mondo dell?anarcoinsurrezionalismo e dei suoi attentati ci sono sempre i nomi di Gratteri e Luperi, oggi ai vertici della direzione generale della polizia di prevenzione: l?ex Ucigos.
L?uno è il dirigente della sezione antiterrorismo, l?altro di quella detta ?investigazioni generali?.
Ci sono i nomi di Luperi e Gratteri, contrassegnati dai numero 1 e 2, anche nelle prime righe della richiesta di rinvio a giudizio per il blitz alla scuola Diaz. La
perquisizione delle polemiche, dei no global picchiati e arrestati. Che oggi disvela, nelle 260 pagine di una memoria presentata dai pm, tutto il suo significato di autentico terremoto giudiziario. Durissime le accuse della procura, sintetizzabili in quattro punti. Il primo: i poliziotti hanno mentito. Il secondo: tutta l?operazione
fu illegale dal primo all?ultimo atto. Il terzo: l?irruzione fu presentata e vissuta come una ?rivincita? della polizia dopo due giorni di scontri sulle strade.
Il quarto: quella notte agì un ?direttorio? composto da dirigenti e funzionari, alla regia del blitz.
Il tutto corredato da parole, ma anche sequenze e immagini,
che sembrano tratte di peso da un film horror: se non fosse che il sangue non è pomodoro, che le manette furono arbitrarie, che le prove furono costruite ad arte (le false molotov) e che molti firmatari dei verbali hanno fatto dietrofront di fronte all?incalzare dei pm. Con giustificazioni che non divergono di molto dal proverbiale ?non c?ero e se c?ero dormivo?.
Quel che è accaduto ieri non è certo un evento imprevisto. I pm Cardona e Zucca hanno formalizzato la richiesta di processo per i ventotto dirigenti, funzionari, agenti di polizia nel mirino per il blitz alla Diaz (manca Massimiliano Di Bernardini, ancora in condizioni disperate dopo un incidente e la cui posizione verrà giudicata a parte).
È stato un atto formale. Ma sentire i pm pronunciare le parole «chiediamo il rinvio a giudizio» ha improvvisamente aperto il velo su una situazione inquietante.
Sotto inchiesta, anzi, sotto la spada di Damocle di un processo ormai prossimo, ci sono i vertici dell?antiterrorismo italiano. Gli uomini che hanno sconfitto le nuove Br, che hanno stanato gli anarcoinsurrezionalisti.
Insieme a loro, personaggi di primo piano della polizia italiana.
Un passo indietro.
È l?agosto del 2001 e già partono le inchieste della procura genovese che mirano a scoprire cosa accadde
quella notte, tra il 21 e il 22 luglio, nella scuola Diaz. La cerchia degli indagati si allarga, si allarga a dismisura. Fino a focalizzare alcune responsabilità
precise. Non quelle degli agenti che picchiarono, che non sono mai stati identificati: ma i responsabili, la ?catena di comando? quella notte sul campo.
La polizia promette, assicura collaborazione.
Nel frattempo le posizioni dei poliziotti rimangono congelate : nessuno viene sospeso, nessuno viene
promosso.
Poi però la situazione si modifica. I magistrati genovesi volano a Roma per ascoltare il capo della polizia
Gianni De Gennaro, come testimone.
È un interrogatorio drammatico e De Gennaro si spende personalmente per due nomi; in primis quello di Gratteri, poi quello di Luperi. Due uomini di fiducia; due uomini ai quali tenta di lanciare una ciambella di salvataggio in quel mare in tempesta che è ormai divenuta l?inchiesta
Diaz. Un?inchiesta difficile, complessa.
I tempi si allungano, oltre il previsto.
Passano i mesi e De Gennaro morde il freno. Poi rompe gli indugi e piazza, comunque, i suoi uomini ai vertici del ristrutturato antiterrorismo italiano. Nel frattempo si sbloccano altre situazioni.
Nando Dominici, che a Genova era il capo della squadra mobile, diventa il numero due della questura di Brescia. Spartaco Mortola, dirigente della digos, approda al ruolo di questore vicario di Alessandria, dopo un lungo periodo di parcheggio al vertice della polizia postale della Liguria.
Si dipana anche la situazione di Vincenzo Canterini, il capo del reparto mobile di Roma, reparto sotto accusa per le violenze alla Diaz. Canterini, protetto dal parafulmine sindacale (è anche uno dei segretari del Consap), resta a lungo al suo posto. Ora ha iniziato un corso di nove mesi. Al termine sarà questore.
Una raffica di promozioni rompe, all?improvviso, quel patto non scritto che vede i poliziotti sotto inchiesta inchiodati al loro destino, finché non giunga un?archiviazione o una sentenza di proscioglimento. Le opposizioni protestano, il mondo no global si solleva.
Poi, però, i risultati del duo Gratteri-Luperi ai vertici dell?antiterrorismo congelano le contrarietà.
Resta, incrollabile nelle proprie richieste (una commissione
parlamentare sui fatti del G8, la sospensione di tutti i poliziotti coinvolti nelle inchieste) solo una frangia, la più estrema, la più vicina agli antiglobalizzatori, della sinistra. Ieri la richiesta della procura genovese ha improvvisamente rotto la tregua.
Riproponendo l?interrogativo: gli uomini chiave dell?antiterrorismo sono, a Genova, sotto accusa per reati quali il falso, la calunnia, l?abuso in atti d?ufficio.
Una situazione di non poco imbarazzo, per la polizia italiana.
Che non si risolverà, considerate le alte probabilità di un rinvio a giudizio e i tempi della giustizia, in breve tempo.
Ma che è destinata a durare.

Marco Menduni

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