15.07.12
Repubblica Genova G8, ultimo atto: cinque no global in carcere
La Cassazione attenua solo in parte il verdetto. Restano le accuse di
devastazione
MASSIMO CALANDRI
ALLA fine pagano in cinque. Erano almeno cinquecento, quelli vestiti di
nero che undici anni fa diedero fuoco alla miccia della rivolta. Che
incendiarono la guerriglia urbana intorno alla Zona Rossa, rompendo
vetrine e lanciando pietre, usando le spranghe e le molotov, trascinandosi
dietro migliaia di Tute Bianche suggestionate dai tumulti.
Cassazione, lo sconto è minimo in carcere cinque no global
Confermato in larga parte il verdetto di secondo grado
La sentenza
MASSIMO CALANDRI
ERANO almeno cinquecento, i Black Bloc. Preceduti da un’inquietante banda
di tamburini, e venivano quasi tutti dall’estero.
Ma a pagare - almeno per ora - sono solo in cinque. Italiani. La pagano
cara, perché sono condanne che quasi pare che abbiano ammazzato qualcuno,
anzi: forse per un omicidio la condanna sarebbe stata inferiore. Invece
quelli se l’erano presa solo con le cose, e in questo processo non si è
mai visto un solo certificato medico. Nei prossimi giorni dal tribunale
del capoluogo ligure dovrebbe partire l’ordine di carcerazione, entro la
fine della settimana i cinque (Francesco Puglisi, Vincenzo Vecchi, Marina
Cugnaschi, Alberto Funaro, Ines Mora-
sca) saranno in prigione.
Raffaella Multedo, che difendeva i due imputati forse più coinvolti nei
movimenti antagonisti dell’epoca - Vecchi e Cugnaschi: 12 anni e 6 mesi
per lui, 11 e 6 per lei - parla
di una «sentenza che tutto sommato ha cercato di ridimensionare le cose,
distinguendo ancora una volta tra più o meno cattivi». In principio gli
imputati erano 25 e le condanne 24, poi scese a 10.
Cinque finiranno in galera, e allora ne restano altri cinque, la cui
posizione dovrà essere riesaminata dalla Corte d’Appello di Genova. «A
questo punto, lasciatemi dire che le indagini per identificare i
Black Bloc di Genova sono state un fallimento. C’erano ventimila
appartenenti alle forze dell’ordine, gli scontri sono stati filmati e
fotografati in tutti i modi, da mesi le polizie di tutto il mondo
indagavano
e si scambiavano informazioni. E il risultato sono cinque condanne in
tutto?». Il ragionamento non fa una grinza. Raffaella Multedo non lo dice,
ma è rimasta sorpresa dal lieve sconto di pena per i
suoi imputati, scagionati dall’accusa di lancio di bottiglie incendiarie.
E per gli altri cinque rinvii in appello. «Pensavamo che la sentenza,
sentito anche l’intervento del procuratore generale, sarebbe stata ancora
più dura».
Roberto Lamma, avvocato spezzino che per undici anni ha assistito tre
imputati - Antonino Valguarnera, Carlo Arculeo, Luca Finotti -, aveva
preferito farsi da parte nell’ultimo giudizio, cedendo il posto al collega
Alessandro
Gamberini. E però ieri ha voluto comunque venire a Roma, perché - confessa
- si è affezionato a quei ragazzi e alla loro storia. «Sono sempre stati
innocenti, la loro unica colpa era stata quella di aver rubato una Vespa e
di aver seguito gli scontri. Le precedenti condanne (8 anni di reclusione
per ciascuno) mi avevano veramente frustrato, era una vera ingiustizia».
Adesso
invece è probabile che Valguarnera e Arculeo non facciano un solo giorno
dietro le sbarre, grazie ad attenuanti, indulto e affidamento ai servizi
sociali. «Sono felice per loro, perché alla fine è stata accolta la mia
eccezione, quella che prendeva in considerazione “di aver agito sotto la
suggestione di una folla in tumulto” ».
Laura Tartarini, un altro legale genovese protagonista del processo,
scuote invece la testa. «Una sentenza assurda, fuori dal tempo.
Devastazione e saccheggio: per questioni di ordine pubblico è stato
applicato il concetto del codice Rocco, e le condanne sono di conseguenza
abnormi. Ci ritroviamo con un ragazzo che dovrà trascorrere 14 anni in
galera senza aver fatto del male a nessuno. Ha danneggiato degli istituti
di credito e degli autosaloni, risarciti a tempo di record dalle
assicurazioni: e invece sconta la pena di un omicida. Undici anni fa a
Genova i problemi di ordine pubblico hanno riguardato anche quelli che
dovevano tutelarlo, non solo i manifestanti. Ma per fatti ancora più gravi
nessuno di loro andrà in prigione».
Giuliani: “Applicato il Codice Rocco”
«HO sempre sostenuto che le condanne comminate in appello per quei 10
ragazzi erano aberranti. Adesso voglio capire se è caduta l’accusa di
associazione finalizzata alla devastazione e saccheggio». Così Giuliano
Giuliani, padre di Carlo ucciso a Genova durante il G8 del 2001, ha
commentato la decisione della Cassazione. «Hanno caricato su un manipolo
di ragazzi la responsabilità totale di quello che successe allora — dice —
e il computo delle pene fu addirittura più alto di quelle
comminate per i massacri della Diaz. La cosa che mi preoccupa è l’accusa
di associazione: una norma del codice Rocco recuperato in un’aula di
tribunale dell’Italia democratica per giustificare una cosa assurda».
Nel frattempo il comitato per la campagna ‘10x100’ ha consegnato l’appello
con trentamila firme di personalità della cultura e dello spettacolo — tra
i quali Dario Fo e Franca Rame, Margherita Hack e Erri De Luca — con cui
chiede l’annullamento delle condanne dei no global.
Pericu: “I giudici hanno fatto il loro lavoro in questa storia è mancata
la politica”
WANDA VALLI
E SULLA sentenza della Cassazione, che riduce in parte le pene, ma lascia
intatte le accuse di devastazione e saccheggio, il professor Perìcu,
commenta che sì, quelle pene sono davvero
«forti».
Professor Beppe Pericu, la Cassazione rinvia alla Corte d’Appello di
Genova per alcune ipotesi di reato ma di fatto lascia intatte pene
pesantissime, da omicidio.
«In effetti mi sembrano condanne molto pesanti, non posso dare un giudizio
di merito perché non conosco gli atti, comunque, il giudice ha come
obbligo-dovere quello di applicare la legge. Mi pare chiara l’intenzione
di mitigare alcune decisioni con il rinvio in Corte d’Appello. Comunque,
se si riterrà che non ci sia proporzione tra i fatti e le condanne, potrà
intervenire il Parlamento e il governo con un indulto oppure il Capo dello
Stato per concedere la grazia».
Con questo ultimo atto, si chiude il caso G8?
«Non del tutto».
Perché, professor Pericu?
«Perché le sentenze parlano di fatti individuali, trovati e provati dai
magistrati. Non bastano, però, a ricostruire davvero quanto è accaduto».
Che cosa manca, che cosa è mancato?
«Ho sempre pensato in questi anni e, sono sempre convinto, che servisse
una Commissione parlamentare d’inchiesta. Il non averla voluta lascia
aperti molti dubbi, lacune che solo la storia potrà colmare ».
Quindi l’assenza della politica, ha impedito che si arrivasse alla vera
“ricostruzione” del G8?
«Certo. I magistrati, possono intervenire sui fatti e su singole persone,
una commissione del genere avrebbe avuto i documenti necessari per la
ricostruzione di un evento, importante e delicato, come un G8, un evento
che non ha interessato solo il governo Berlusconi
allora da poco insediato, ma anche quello precedente, il governo Amato,
per la sua preparazione. Esistono interrogativi a cui le sentenze non
possono dare risposte, nel merito non mi pronuncio, so bene che si sono
state istruttorie molto difficili per i pm sul caso Diaz, per esempio. Ma
è così».
Perché?
«Il magistrato può cercare le responsabilità dell’agente che picchiava i
manifestanti o dei black bloc che spaccano vetrine e non solo, ma deve
fermarsi lì. E le domande sul G8 ancora da chiarire sono altre».
Professor Pericu, come ex sindaco crede che Genova abbia dimenticato,
che, dieci anni dopo quei giorni di luglio, ora sia una
città serena?
«Sono passati molti anni, il tempo cancella, ma le responsabilità restano.
Da ex sindaco, penso che Genova ha vissuto molti traumi, molte esperienze
gravi, dal G8 all’alluvione, ma so che la collettività poi riesce a
superarle. Ma, sempre da ex sindaco, mi pongo altri interrogativi».
Che cosa?
«Quello che appena detto. Vorrei sapere come mai sono arrivati i black
bloc a Genova e hanno potuto saccheggiare la città, come mai la polizia ha
deciso quella incursione alla Diaz. Dopo tutto quello che è successo,
risposte non ci sono, né si poteva pensare che arrivassero dalle sentenze»
Allora, professor Pericu, è mancata la volontà della politica?
«Sono convinto di sì, era l’unica strada per fare davvero chiarezza sul
G8, su quanto ha sconvolto Genova, in quei giorni di luglio, dieci anni
fa.»