01.05.13
repubblica genova “Diaz, qui lo stato rinnegò se stesso”
“Diaz, qui lo stato rinnegò se stesso”
Zucca torna nella scuola: “Quella notte accadde qualcosa di orribile”
GIUSEPPE FILETTO
NELLA scuola, il liceo Pertini meglio conosciuto in tutto il mondo come
“Diaz”, dalla polizia per una notte trasformata in “macelleria messicana”,
il sostituto procuratore generale Enrico Zucca torna dopo 12 anni. Con gli
occhi lucidi ed ancora scettici dai giorni in cui, da pm della Procura
della Repubblica, dovette tornarci più volte, per una serie di
sopralluoghi, fondamentali all’indagine sul G8 e rendersi conto
dell’inverosimile. Della mattanza. «Quando mi avete invitato — ricorda
Zucca, rivolto agli insegnanti — sono stato tentato di non parlarne agli
studenti e di dare per scontato quello che è successo nel luglio 2001; non
parlarne, però, avrebbe significato alimentare il peso di una vicenda
negativa».
Già, perché le esperienze orribili si superano ragionandone. Come hanno
fatto in questi anni i professori del “Pertini-Diaz”, e per fornire agli
alunni una testimonianza diretta di cosa fu il G8 per Genova e per questa
scuola, ieri il preside Aldo Martinis e gli insegnanti (Anna Wrubl, Silvia
Sanmartino) hanno invitato il magistrato e l’avvocato Waldemaro Flick. Chi
fa rispettare i “diritti” e chi li difende. I due, nell’aula magna, hanno
parlato alla terza liceo Scienze Umane ed alla quarta Scienze Sociali. Di
diritti negati. Una lectio magistralis sulla Costituzione vilipesa. In un
momento in cui non mancano gli attacchi per stravolgerla.
«Non è un caso che ci si veda tra il 25 Aprile e il Primo Maggio —
sottolinea Flick, nel suo breve, ma essenziale discorso — non è un caso
che ci si incontra in questa scuola che ha rappresentato tanto, una ferita
alla Costituzione nata dopo la guerra, dopo una fatica reale, ma che come
un tempio greco si presenta con armonia, semplicità e solidità».
Quella compattezza messa a dura prova durante i giorni del G8. «In una
scuola, la Diaz, in cui vengono trasmessi i valori fondamentali dello
Stato — precisa Zucca, con la voce rotta da un’emozione forte — e quando
le istituzioni rinnegano questi valori fondamentali, è in gioco la sua
stessa credibilità».
Credibilità incrinata nella notte dell’irruzione da parte della polizia e
del massacro di 93 manifestanti. Il pm (insieme a Francesco Albini Cardona
ha condotto l’inchiesta) cita alcuni passi degli interrogatori: «Qualcuno
ha dichiarato che in tempi normali non ci si comporta così, ma in quei
giorni il momento era grave e quindi occorreva raggiungere un obiettivo e
in quei momenti si può fare a meno dei diritti». Genova, il giorno prima,
aveva sofferto, perché qualcuno non si era limitato a manifestare il suo
dissenso democraticamente, ma con la violenza. Aveva devastato la città.
«La violenza non è ammessa dalla convivenza democratica — riconosce Zucca
— ma i diritti che la Costituzione garantisce, devono essere assicurati a
tutti. Anche ai nemici». Quella notte, invece, nessuna legge in vigore e
diritto
costituzionale è stata riconosciuta. Poi i vertici della polizia hanno
montato il falso delle bottiglie molotov che sarebbero state trovate
all’interno della scuola. Tutto inventato. Per giustificare l’irruzione,
il massacro, le torture.
«Il 21 luglio 2001 ed anche l’11 settembre hanno dimostrato che quando lo
Stato si sente minacciato, può persino sospendere i diritti, come nel
carcere di Guantanamo — prosegue il magistrato —: una macchia in una
democrazia solida, e dubito che gli esiti giudiziari possano essere la
risposta definitiva a quello che è successo. Perché non si ripeta, occorre
accettare che qualcosa di
orribile è avvenuto».