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15.06.12

repubblica genova Diaz, il giorno della verità


Ore decisive per l’ultima sentenza sulla polizia e la “macelleria
messicana”.
MARCO PREVE

OGGI, undici anni dopo, è il giorno della verità (giudiziaria) per la
notte del G8 2001 in cui la polizia italiana fece «macelleria messicana».
La sentenza è prevista per il tardo pomeriggio anche se potrebbe slittare
a domattina. Sentono la pressione i difensori di imputati eccellenti che
potrebbero veder compromessa da una conferma della condanna la loro
folgorante carriera.
Tuona nell’aula di Cassazione la voce dell’avvocato Gilberto Lozzi: «Il
curriculum che ha alle spalle un funzionario della polizia come Gilberto
Caldarozzi, che ha arrestato boss come Provenzano e Madonia, non può non
portare alla concessione delle circostanze
attenuanti».

Diaz, l’attenuante è il curriculum “Sconto a chi prese Provenzano”
MARCO PREVE

E ALLA fine, sul piatto della bilancia si lanciano anche le medaglie.
Oggi, undici anni dopo, è il giorno della verità (giudiziaria) per la
notte del G8 2001 in cui la polizia italiana fece «macelleria messicana».
La sentenza è prevista per il tardo pomeriggio anche se potrebbe slittare
a domattina. Sentono la pressione i difensori di imputati eccellenti che
potrebbero veder compromessa da una conferma della condanna la loro
folgorante carriera. E allora ecco che, anche se con i fatti in
discussione non c’entra nulla, c’è chi si gioca l’ultima carta, quella del
prestigio.
Tuona nell’aula di Cassazione la voce dell’avvocato Gilberto Lozzi: «Il
curriculum che ha alle spalle un funzionario della polizia come Gilberto
Caldarozzi, che ha arrestato boss come Provenzano e Madonia, non può essere
ignorato e non può, quanto meno, non portare alla concessione delle
circostanze attenuanti ». Caldarozzi (il suo avvocato ne ha sottolineato
il ruolo anche nell’arresto del killer di Brindisi) è l’attuale capo dello
Sco ed è uno dei 25 imputati. In appello è stato condannato a 3 anni e 8
mesi per aver firmato i verbali falsi della sanguinosa irruzione
alla Diaz.
Sempre Lozzi ha reso evidente la spaccatura interna alla polizia tra
“buoni e cattivi”. L’avvocato ha, infatti, chiesto ai giudici della
Suprema Corte «di non mettere sullo stesso piano la condotta di chi, come
Caldarozzi, è accusato solo di falso con il comportamento
di quei poliziotti che, invece, sono accusati di aver preso a calci e
continuato a picchiare persone ferite e già a terra».
Le vittime appunto, completamente dimenticate fino alla fine. Lo ha
evidenziato uno dei legali di parte civile, l’avvocato Francesco Romeo: «A
distanza di tanti anni dal pestaggio della Diaz, mai nessuna delle 93
persone arrestate e ferite ha ricevuto una lettera di scuse dal ministero
dell’Interno per l’operato della Polizia, e nemmeno una iniziativa in tal
senso presa da qualcuno degli imputati». Il legale ha anche espresso il
disappunto delle parti lese «perchè si è arrivati alle battute finali di
questo processo con
gli imputati che stanno tutti ai loro posti, e tutti nel corso del tempo
sono stati anche promossi». Ma se venissero confermate in via definitiva
le condanne, seppur coperte da indulto, i 25 imputati — molti alti
funzionari — rischiano severe sanzioni disciplinari, non esclusa la
radiazione. Lo ha spiegato il difensore di alcuni degli imputati,
l’avvocato Domenico Battista.
Surreale, infine, se si deve credere ai lanci delle agenzie di stampa
Adnkronos e Lapresse, la dichiarazione dell’avvocato Vincenzo D’Ascola
difensore di Francesco Gratteri: «Non si spiega il concorso che Gratteri
avrebbe fatto. In realtà Gratteri non ha firmato relazioni né verbali, era
assente da Genova la notte del blitz». Gratteri viene immortalato da
decine di filmati e centinaia di fotografie nel cortile della Diaz per
tutta la durata dell’operazione di arresto e sgombero.

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