18.05.05
Manifesto: a Bolzaneto a giudizio in 45
l manifesto
Abusi a Bolzaneto A giudizio in 45
Dopo la Diaz, via libera al processo per Bolzaneto. Rinviati a giudizio a Genova
45 tra agenti e medici penitenziari, poliziotti e carabinieri. Abusi vari,
lesioni, percosse e violazione delle norme europea sulla tortura
ALESSANDRO MANTOVANI
Sarà una lotta contro la prescrizione, che scatterà nel gennaio 2008. Entro quel
termine bisognerà arrivare alle condanne di primo grado per assicurare almeno il
risarcimento alle 150 parti civili ammesse al processo per Bolzaneto. Quasi
tutti i contestati si prescrivono in cinque anni più la metà, dunque sette e
mezzo da quel fatidico luglio 2001. E' ben difficile, anche senza la legge
«salva Previti», che possa pronunciarsi la cassazione. Ieri mattina a Genova,
alla presenza di tre soli imputati, il giudice dell'udienza preliminare Maurizio
De Matteis ha rinviato a giudizio 45 dei 47 imputati, accogliendo la quasi
totalità delle tesi dei pm Vittorio Ranieri Miniati e Patrizia Petruzziello. E'
il via libera al secondo grande processo alle forze dell'ordine per i fatti del
G8 di quattro anni fa. L'altro è quello per l'assalto e le prove false alla
scuola Diaz, 28 imputati tra i quali alti dirigenti della polizia.
Alla sbarra per Bolzaneto andranno quattordici appartenenti alla polizia
penitenziaria (il più alto in grado è il generale Oronzo Doria) più cinque
medici della stessa amministrazione compreso il responsabile sanitario del
carcere provvisorio del G8, Giacomo Toccafondi; quattordici della polizia di
stato a partire dal vicequestore Alessandro Perugini ex vicecapo della Digos di
Genova, già rinviato a giudizio per l'aggressione a un manifestante minorenne;
dodici carabinieri tra cui un tenente. Per un imputato, agente penitenziario, il
giudice ha disposto il non luogo a procedere. Un suo collega, Antonio Biribao,
sarà giudicato a parte con rito abbreviato. Sono stati stralciati alcuni capi
d'accusa che riguardavano imputati comunque rinviati davanti al tribunale. E
conviene ricordare che per altri centodue indagati la procura ha già sollecitato
l'archiviazione, dimostrando di non voler sparare nel mucchio. Tra loro anche il
magistrato Alfonso Sabella, capomissione del Dap a Genova e primo responsabile
del carcere eccezionale e provvisorio istituito per il G8.
I reati contestati a vario titolo sono abuso d'ufficio, abuso d'autorità su
arrestati, violenza privata, lesioni personali, percosse, ingiurie, minacce e
falso ideologico per i verbali in cui si affermava che gli arrestati erano stati
informati dei loro diritti (qui la prescrizione è più lunga). Sono state
denunciati insulti fascistoidi e imposizione odiose come quella di gridare «viva
il duce», ma l'apologia del fascismo è stata esclusa. Secondo la memoria
depositata a marzo dai pm, a Bolzaneto fu violato l'articolo 3 della Convenzione
europea dei diritti umani che vieta la tortura e i trattamenti inumani e
degradanti: applicando i criteri della Corte di Strasburgo si rientra
precisamente in quest'ultima definizione, un gradino sotto la tortura. Ma in
Italia non è previsto un reato specifico, come invece esigerebbe la Convenzione
europea contro la tortura, e per questo la procura di Genova ricorre alle
diverse fattispecie elencate che prevedono tempi di prescrizione ridotti.
Per molti episodi di violenza - dita divaricate fino a strapparle, pestaggi,
spray urticante nelle celle - vittime e testimoni hanno riconosciuto i diretti
responsabili. E i riconoscimenti si sarebbero moltiplicati se fossero stati
possibili fin dall'inizio, subito dopo le scarcerazioni: gli stranieri vennero
invece espulsi e quindi ascoltati solo a distanza di uno o due anni; gli
italiani hanno comunque dovuto attendere i tempi lunghi degli album fotografici,
per non dire della qualità delle foto.
Al contrario il vicequestore Perugini, il generale Doria e altri, come
l'ispettore Biagio Antonio Gugliotta e i vari ispettori e sottufficiali che
avevano la responsabilità delle celle rispondono anche dell'operato dei loro
sottoposti e dunque dei reati che avrebbero dovuto impedire. Da subito era parso
chiaro, sulla stampa come nelle prime deposizioni, che nella caserma c'era un
clima diffuso di violenza e di abuso. Fin dal comitato d'accoglienza in cortile
e dalle due ali di agenti disposte nel corridoio per malmenare gli arrestati al
loro passaggio. Nell'ordinanza il giudice De Matteis sottolinea che si andò ben
al di là di «qualsiasi ipotesi di limitazione ulteriore della libertà dei
detenuti stessi, anche con forme di rigore non consentite. Non si vede infatti
come, ad esempio, il costringere una persona a chinare la testa dentro un
vespasiano possa costituire una `misura di rigore non consentita'. Tali azioni
appaiono, per la loro feroce gratuità, totalmente estranee a qualsiasi nozione
di `misura di rigore', sia essa consentita o meno, in quanto non perseguono il
fine di limitare e controllare la libertà di una persona, ma solo di umiliarne
la personalità».