14.09.07
Unità Genova per noi
ANTONIO PADELLARO
Genova per noi
L'Unità
Sembra che l'opinione della gente comune tomi a fare notizia (e non solo nelle piazze di Grillo), e quindi segnaliamo l'ovazione da parte di migliala di persone alla Festa dell'Unità di Bologna quando, mercoledì sera è stata chiesta l'istituzione urgente della commissione parlamentare d'indagine per i fatti del G8 di Genova. Vero che lo scorso 30 luglio la commissione Affari Costituzionali della Camera ha adottato un testo base (relatore Gianclaudio Bressa della Margherita), ma adesso viene il difficile. Prima di partire realmente con l'accertamento dei fatti sui giorni della vergogna l'indagine dovrà superare una tale quantità di ostacoli procedurali e parlamentari che senza una energica e condivisa volontà politica la commissione è destinata a restare nel libro delle buone intenzioni del governo Prodi. Sarà utile perciò prevenire le principali obiezioni che verranno frapposte allo scopo di far naufragare tutto. Primo: le commissioni parlamentari d'indagine non hanno mai scoperto alcunché di nuovo e rappresentano solo una perdita di tempo e di pubblico denaro. Secondo: l'iniziativa parlamentare potrebbe anzi danneggiare i processi in corso contro i poliziotti violenti della Diaz e di Bolzaneto (avvocati del Legai Forum). Terzo: varare la commissione sarà comunque una fatica inutile poiché al Senato la destra non permetterà mai un processo politico sulla «macelleria messicana» (confessione del vicequestore di polizia Foumier) messa in opera sotto il governo Beriusconi. Quarto: ma a noi della sinistra chi ce lo fa fare di riaprire una pagina certo dolorosa ma che servirà solo a inasprire i rapporti con l'opposizione e farci una cattiva stampa negli ambienti delle forze dell'ordine? Quinto: e allora non è meglio farla finita con il solito, vecchio antìberlusconismo e guardare avanti? Torniamo alla Festa dell'Unità. Chi scrive intervista da più di un'ora il presidente della Camera Fausto Bertìnotti.
Nella sala 14 ottobrela gente non sembra stanca ma bisogna chiudere con l'ultima domanda. Questa. Presidente, molti hanno visto l'altra sera su Raitre la trasmissione di Carlo Lucarelli sul tragico G8 di Genova. Una trasmissione molto bella e molto forte sulla nostra memoria e sulla nostra mancanza di memoria. Quelle scene in televisione sembravano non appartenere al nostro Paese. Mentre mi picchiavano, raccontava ancora smarrita una delle vittime del pestaggio, dicevo a me stessa: io non sono in Italia me nel Cile di Pinochet, non è possibile che tutto ciò avvenga nel paese che conosco, da noi c'è la democrazia non una dittatura sanguinaria. Sei anni dopo è una ferita che ancora sanguina e non soltanto nel cuore dei genitori di Carlo Giuliani, ucciso senza un colpevole. 1 processi vanno avanti, ma sarà la verità giudiziaria. Importante ma non sufficiente a comprendere le vere e forse inconfessabili ragioni di una ferita più profonda, quella inferra alla democrazia.
Occorre cercare la verità sulle responsabilità più alte, quelle della politica e delle istituzioni. 11 Paese ne ha diritto. Senza questa verità nessuno potrà mai sentirsi veramente al sicuro. Perché nessuno potrà mai essere certo che quei fatti non si ripeteranno. Ed ecco la risposta di Bertinotti. La Commissione parlamentare è una necessità imprescindibile. La verità processuale è importante ma un Paese degno di questo nome deve potersi dare delle verità storiche acquisite. Questo è un Paese dalle troppe pagine ancora oscure e dirlo qui a Bologna, nella atta della più tremenda strage è perfino pleonastico.
La costruzione di una verità storica su Genova sarebbe prima di tutto un elemento di igiene mentale per il Paese. Ho visto la trasmissione di Lucarelli e sono rimasto molto colpito soprattutto dal fatto che nessuno era in condizione di prendere le difese di quei carabinieri, di quei poliziotti e di chi li dirigeva. Si poteva oscillare solo tra il riconoscimento di colpa e l'impreparazione, ma lì c'era ben altro da indagare. Non soltanto il dispositivo chiuso della zona rossa che ha innescato la repressione. Non soltanto il dispiegamento delle forze militari, di come sono stati perseguitati i tanti manifestanti pacifici chiusi negli angoli da una sorta di istinto di distruzione. In quelle immagini c'è molto di più. Come si può accettare che anche un solo rappresentante delle forze dell'ordine di fronte a un ragazzo ucdso dica:-«Meno uno»? Come è possibile che l'anticomunismo sia coltivato così intensamente da certi settori dello Stato? Come è possibile che una ragazza incolpevole prelevata dalla manifestazione e trascinata via venga continuamente umiliata con atroci riferimenti a pratiche sessuali sentendosi dire che dovrebbe prepararsi a soccombere, perché comunista e puttana, o si potrebbe dire puttana perché comunista o viceversa?
Come è possibile che le massime gerarchie delle forze dell'ordine non chiedano loro per prime una commissione d'inchiesta su questi fatti, perché ne va della loro onorabilità, della loro credibilità democratica? Le dedizione delle forze dell'ordine, il loro fondamentale contributo alla sicurezza dello stato democratico non è certo in discussione. Ma va sdradicato il ger-me di una violenza incompatibile con lo stato democratico e con la civiltà di questo Paese. Una commissione, concludiamo noi, per sapere altro ancora. Come mai non è stato mai ne arrestato ne identificato nessuno dei black bloc che preceduti da eleganti bandiere nere misero a ferro e a fuoco il centro della atta? E quali furono gli ordini impartiti dal premier Ber-lusconi? E cosa ci faceva il ministro Fini nel quartier generale della polizia? Infine: nel nascente Partito Democratico i fatti di Genova riscuoteranno la stessa attenzione civile dimostrata da quel lungo, duro, appassionato applauso esploso l'altra sera alla Festa dell'Unità di Bologna?