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06.02.04

Tempo: processo a Genova per gli agenti del G8

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Processo a Genova per gli agenti del G8

ROMA ? Resta a Genova l'inchiesta sui poliziotti indagati per abuso
d'ufficio, lesioni aggravate, calunnia e falsità ideologica in relazione ai
fatti del G8, avvenuti il 21 e 22 luglio del 2001. Non sussistono, infatti,
quegli «indizi di reità» a carico del sostituto procuratore Francesco
Pinto, pm della procura di Genova di turno in quei giorni, che alcuni
funzionari e agenti coinvolti avevano indicato per chiedere il
trasferimento dell'inchiesta alla procura di Torino (competente per i
procedimenti che coinvolgono magistrati in servizio nel capoluogo ligure).
La richiesta era stata avanzata da Francesco Gratteri, capo dello Sco nei
giorni del G8 e attuale numero due dell'antiterrorismo, Giovanni Luperi,
Gilberto Caldarozzi, Filippo Ferri, Daniele Di Novi e Renzo Cerchi.
Il provvedimento emesso dalla Procura generale della Corte di Cassazione,
porta la firma del sostituto procuratore generale Antonio Abbate. Nelle
quattro pagine scarse con cui motiva la decisione, il sostituto pg scrive
che tutte le «circostanze» addotte dai poliziotti «non consentono di
enucleare ulteriori comportamenti e concrete attività meritevoli di
valutazione ai fini penali e di individuare, così, a carico del dottor
Pinto elementi indizianti di oggettivo rilievo di un suo coinvolgimento
nella formazione degli atti di investigazione e, dunque, di un suo concorso
nelle ipotesi accusatorie già contestate ai funzionari di polizia». Nel
provvedimento il pg Abbate fa anche un invito a «lasciare da parte toni
polemici e posizioni poco significative, come traspaiono dai documenti
all'esame di questo Ufficio, che non giovano certo alla ricerca della
verità e ad un confronto proficuo tra i soggetti del processo». Invito che
secondo l'avvocato di Gratteri, Luigi Ligotti, punta ad una «maggiore
serenità nel confronto tra le parti».
Quanto al provvedimento, secondo Ligotti, «tecnicamente afferma un
principio: e cioè che il pm non è un mero recettore di notizie, ma deve
procedere ad una delibazione preliminare». Così, prosegue l'avvocato, «si
lascia la situazione aperta ed il richiamo ad una decisione allo stato è
come un invito ad un approfondimento. Noi ritenevamo che gli
approfondimenti potessero esser fatti dal giudice competente, mentre questa
pronuncia dice che gli approfondimenti spettano anche all'inquirente che
per primo riceve la notizia del crimine. È un riferimento che non
condividiamo totalmente».

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