16.11.08
secolo xix stampa tedesca macello senza giustizia
ttp://ilsecoloxix.ilsole24ore.com/genova/2008/11/12/1101879105904-domani-sentenza-diaz.shtml
STAMPA TEDESCA: DIAZ, MACELLO SENZA GIUSTIZIA
La stampa tedesca commenta con toni durissimi la sentenza sui fatti
avvenuti nella caserma Diaz di Genova durante il G8 del 2001. Dopo aver
sottolineato che tra i dimostranti picchiati dagli agenti di polizia
figuravano anche «molti tedeschi», il quotidiano berlinese `Tagesspiegel´
sotto il titolo `Macello senza giustizi scrive che «una tale brutalit
può essere esercitata solo da una polizia aizzata dai suoi dirigenti.
Picchiare in quel modo può osarlo solo chi si sente sicuro di avere le
spalle coperte dalla politica. Le manipolazioni delle prove sono
concepibili solo se chi le compie è convinto che in seguito la giustizia
non gli creer problemi. E la cosa in effetti ha funzionato. A proposito:
il prossimo vertice del G8 si svolge di nuovo in Italia». La ´Sueddeutsche
Zeitung’, il maggiore quotidiano nazionale, scrive che «gli eccessi delle
forze di sicurezza non si sono verificati in qualche lontana dittatura, ma
in Italia sotto il governo di Silvio Berlusconi». Il giornale di Monaco di
Baviera prosegue affermando che «nonostante il fatto che l’attacco delle
forze dell’ordine è apparso pianificato e organizzato, sono stati assolti
i possibili responsabili a livello di dirigenza di polizia dietro i
responsabili materiali. La giustizia italiana lascia scappare i pesci
grossi, ma anche quelli piccoli». La `SZ´ mette poi in evidenza che
nessuno dei poliziotti condannati «finir probabilmente in prigione,
poichè trarranno profitto dalle ineffabili norme italiane sulla
prescrizione e dallo sciagurato indulto varato dal governo di sinistra di
Romano Prodi».
GASPARRI: CANTERINI LEALE, DIMOSTRETA’ SUA INNOCENZA
IL CAPOGRUPPO PDL al senato Maurizio Gasparri ha risposto poco fa alla
lettera aperta spedita agli agenti del reparto mobile di Roma, comandato
all’epoca da Vincenzo Canterini, uno dei pochi “capi” condannato nel
processo per la Diaz. Si dice convinto che dimostrer la sua innocenza e
ribadisce il no alla commissione di inchiesta.
«Non c’è nessuna polemica sulla commissione d’inchiesta sui fatti di
Genova del 2001 perchè la maggioranza non ha alcuna intenzione di
permettere una speculazione in Parlamento ai danni delle forze
dell’ordine. Sui fatti di Genova si è svolto un processo che si è concluso
con la dimostrazione che non c’era alcun complotto da parte delle forze
dell’ordine». Lo afferma il presidente del Pdl al Senato, Maurizio
Gasparri. «Ci sono state numerose assoluzioni che hanno smentito quanti,
dopo avere probabilmente alimentato le violenze di piazza di quel giorno,
avrebbero voluto mettere sul banco degli accusati i vertici della polizia
di stato. Ci sono state sì delle condanne, ma confidiamo che nel prosieguo
dell’iter giudiziario tutti potranno dimostrare la propria innocenza. A
tale proposito ho letto con attenzione la lettera del questore Canterini
ai suoi colleghi della polizia di stato nella quale emerge con chiarezza
la lealt di un dirigente verso i propri collaboratori. E siamo certi che
emerger nel tempo che a Genova se responsabili ci sono stati, sono stati
coloro che hanno con le manifestazioni messo a ferro e fuoco la citt »,
sottolinea. «Mentre chi, come Canterini, nel proprio personale ha agito
dalla parte dello Stato, riuscir a dimostrare in appello la propria
innocenza. In ogni caso la lettera dimostra la compostezza con cui si
accettano le decisioni della giustizia e la lealt verso i propri
collaboratori che dura nel tempo e che alla fine prevarr su ogni tipo di
denigrazione», conclude Gasparri.
Se, in via di ipotesi, il pensiero di Gasparri trover una risposta nel
processo di appello con la conferma delle assoluzioni ai vertici della
polizia e anche di Canterini e dei suoi uomini condannati in primo grado
viene da domandarsi: ma cvhi è entrato quella notte nella sede del Gnoa
Social Forum e chi ha pestato a sangue, riducendone alcune in gravissime
condizioni, 93 persone? E’ uno degli ulteriori interrogativi irrisolti del
caso Diaz come molti altri non chiariti dai processi sugli incidenti di
piazza, per il carcere di Bolzaneto e appunto per la Diaz,
È la resa dei conti, ai vertici della polizia, tra l’unico dei graduati
condannati, Vincenzo Canterini, e tutti gli altri, felici e assolti: «Non
ci tapperanno la bocca, andremo in appello e rinunceremo alla
prescrizione. Vogliamo essere giudicati e riconosciuti innocenti - svela
l’ex capo del Reparto mobile di Roma, il nucleo dei “picchiatori”,
assistito dall’avvocato Silvio Romanelli e condannato a quattro anni di
reclusione, tre per i suoi uomini - Forse qualcuno pensa che condannando
solo noi, con la prescrizione alla fine saremmo stati contenti. Invece no.
Siamo innocenti e vogliamo poterlo dimostrare nel processo di secondo
grado. In questo momento mi sento come un capro espiatorio e mi dispiace
per i miei uomini, che mi hanno seguito in questa incredibile vicenda e
ora pagano per me. E gli altri imputati assolti? Non posso che essere
felice per loro. Ma se qualcuno pensa di averci tappato la bocca con
questa sentenza, si sbaglia di grosso».
Eccolo l’ultimo atto del processo Diaz, quello per l’irruzione nella sede
del Genoa Social Forum il 21 luglio 2001. Il procedimento - chiuso con 13
condanne “minori” e 16 assoluzioni, comprese quelle di tutti i
super-funzionari finiti alla sbarra - per la «macelleria messicana» come
la definì Michelangelo Fournier, l’unico funzionario non promosso dopo il
G8 e condannato a 2 anni e mezzo di reclusione. Per i 93 arresti finiti
nel nulla, per gli 82 ragazzi pestati a sangue e mandati all’ospedale, tre
dei quali in gravissime condizioni. Per le prove confezionate ad arte, tra
cui due bottiglie molotov portate dall’esterno ed esibite come il
risultato della perquisizione dell’istituto.
È una resa dei conti anche nel palazzo della legge, che è uguale per
tutti, come sta scritto in ogni aula del tribunale, ma che non unisce anzi
divide, come dimostra la sentenza di giovedì sera. Da una parte il giudice
che ha pronunciato il verdetto, Gabrio Barone: «Capisco il risentimento di
chi è stato picchiato, ma si dovrebbero prima leggere gli atti e vedere le
prove. Poi si può criticare. Lo dice il codice: si condanna quando la
responsabilit è accertata oltre ogni ragionevole dubbio e la nostra
sentenza colpisce solo le persone su cui abbiamo ritenuto ci fossero
conferme oggettive di responsabilit ».
Dall’altra ci sono i due pubblici ministeri che hanno indagato, tra mille
difficolt ambientali e l’ostruzionismo della polizia, e sono arrivati al
processo, Francesco Albini Cardona ed Enrico Zucca. «Rispettiamo
l’autorit della sentenza del tribunale - dice il pm Zucca -. Quando le
leggeremo, si vedr se potremo riconoscerne l’autorevolezza». Sulla
contestazione in aula dopo la lettura dell’ultimo nome degli assolti,
commenta: «È stata una reazione che esprimeva un senso di insoddisfazione
comprensibile». Rispetto all’assoluzione dei vertici della polizia il
magistrato è lapidario: «Sono stati tutti assolti dall’imputazione più
grave. Ma era prevedibile. I processi contro i poliziotti nel mondo
finiscono così».
Non sempre, però, alla sentenza di un giudice si scatena la bagarre tra
condannati e assolti. La maggior parte dei legali della difesa nei
commenti immediatamente successivi al pronunciamento, cantava vittoria.
Ieri alla reazione di Canterini, ha risposto Marco Corini, legale di
Francesco Gratteri (di fatto numero tre della polizia italiana e uscito
indenne dal processo): «Chi ora profila dichiarazioni imbarazzanti, nei
mesi scorsi ha avuto la possibilit di rispondere in aula alle domande
della Procura. In quella sede avrebbe potuto dire tutto». «Mi sento come
se salissi verso il cielo» si è invece lasciato andare in modo pindarico
Massimo Nucera, l’agente accusato della falsa coltellata.
In aula le schermaglie non si sono risparmiate. E tra gli avvocati che
hanno guidato le fila della difesa c’è Maurizio Mascia, che aveva
assistito inizialmente Spartaco Mortola e in seguito Nando Dominici, i
dirigenti Digos e squadra mobile di Genova (assolti). É suo l’intervento
che ha portato, secondo una interpretazione della sentenza ancora “a
digiuno” delle motivazioni, all’assoluzione per i “capi”. La svolta è
arrivata con la scoperta dell’episodio delle mostrine capovolte di Pietro
Troiani (condannato per aver portato le molotov alla Diaz); in questo modo
fu reso irriconoscibile il suo ruolo di funzionario agli occhi di Mortola.
Perciò l’aver maneggiato le bottiglie incendiarie poteva risultare in
buona fede, poiché lo stesso Mortola pensava di averle prese da un
poliziotto qualunque e che provenissero davvero dall’interno dell’istituto.