02.03.04
Secolo xix: partono i processi
In comune E con l'inizio del dibattimento parte la diaspora di Rifondazione
Comincia il processo ai 26 manifestanti e si consuma la crisi nella giunta di centrosinistra guidata dal sindaco ds Giuseppe Pericu, con l'uscita di Rifondazione comunista e uno strappo doloroso a Genova all'interno del partito di Bertinotti. L'assessore Dante Taccani conferma che oggi o al più tardi domani, dopo che il Comune avrà formalizzato nell'aula del tribunale la sua costituzione di parte civile, rimetterà le deleghe alle politiche giovanili. Valter Seggi, che contesta invece la linea decisa dal comitato federale di Prc, non lo farà.
Addio al partito confermato anche per il capogruppo in Comune, Roberto Delogu: «Vado via, ho deciso, non mi ritrovo più nella politica del gruppo dirigente. Non mi piace l'ambiguità della scelta di uscire dalla giunta ma al tempo stesso di appoggiare la maggioranza, togliendosi dai piedi assessori non più graditi. Il sindaco ha sbagliato a non discutere prima con la maggioranza la delibera di costituzione di parte civile, ma è chiaro che se si chiede il ritiro dell'atto come condizione irrinunciabile, ogni margine di trattativa è chiuso, mentre si sarebbe potuto dibattere sul mandato da affidare al legale del Comune nell'obiettivo di fare chiarezza a 360 gradi». A giudizio di Delogu - che adesso potrebbe entrare a far parte, come indipendente, dei Comunisti italiani - sul caso di Genova si sono giocate partite politiche nazionali.
Con Seggi e Delogu, ex Fgci e Pci, iscritto a Rifondazione dal '96, capogruppo dal 2000, è atteso l'abbandono da Rifondazione anche da parte di Giordano Bruschi, esponente storico del partito comunista, Aldo Grasso, assessore di Cogoleto, e Agostino Gianelli, vicecapogruppo in Provincia.
Ieri mattina l'ultimo tentativo di mediazione, condotto da Giuliano Giuliani, padre di Carlo, con il sindaco Giuseppe Pericu, non ha prodotto effetti politici sulla maggioranza di centrosinistra. La segreteria del Prc aveva messo le mani avanti: solo il ritiro della costituzione di parte civile avrebbe potuto riaprire i giochi. Ma così non è stato. Incontrando Giuliani e l'avvocato Guido Buonamassa, estensore di un testo per l'eventuale integrazione della delibera diventata un caso politico, il sindaco Pericu ha preso l'impegno a scrivere una lettera all'avvocato Giovanni Salvarezza, legale del Comune, allegando anche l'ultimo documento politico approvato dalla giunta in cui si afferma che «la decisione dell'amministrazione non ha significato accusatorio o di pregiudizio di colpevolezza, ma mira alla ricerca della verità processuale, e alla tutela del patrimonio collettivo della comunità».
Una parte del documento proposto da Giuliani e condiviso da Pericu è finito nella lettera, la parte in cui si sottolinea come «gli interessi pubblici di cui è portatore il Comune comportano necessariamente un ruolo attivo nel raggiungimento della verità, sia pure solo processuale, concorrendo alla formazione della prova e all'accertamento dei fatti e alla loro valutazione processuale, anche autonomamente rispetto alle determinazioni scelte dalla pubblica accusa, qualora si ritenga non provata la responsabilità degli imputati».
«Quanto ci siamo detti nell'incontro - ha commentato Pericu - nasce soprattutto dalla volontà di chiarire il senso vero delle iniziative e del ruolo del Comune. E ciò anche al di là del confronto politico che si è aperto in questi giorni e gli sviluppi che avrà, ma soprattutto nel dialogo che con la famiglia Giuliani, che non si è mai interrotto». Giuliani ha invece sottolineato di «apprezzare ogni sforzo che ci porta più avanti nella ricerca della verità».
Andrea Plebe
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«Via questo processo da Genova»
Prima udienza oggi per 26 persone accusate di devastazioni. Tensione per le manifestazioni di sostegno agli imputati
Il legale di un no global chiede la "Cirami"
Genova. Non è più solo un annuncio. La "legge Cirami", la norma sul "legittimo sospetto", irrompe nel primo processo G8, al via stamattina alle 9 nell'aula bunker del tribunale. «Troppe le motivazioni per cui Genova non risulta essere una sede sufficientemente serena per i giudici», spiega il difensore di uno dei ventisei imputati di devastazione e saccheggio per gli scontri del luglio 2001. Che chiede lo spostamento del processo a Torino. Inizia così, con un atto che ha il sapore di un beffardo paradosso, il procedimento contro i black bloc italiani. La "Cirami"è la recente legge sulla legittima suspicione. Legge varata tra le polemiche dell'Ulivo e dell'intera opposizione, che l'ha giudicata una norma voluta dal governo Berlusconi per lanciare un salvagente a Cesare Previti nel processo Sme. Diventa ora il grimaldello utilizzato da un avvocato del movimento no global.
C'è anche il comportamento del cardinale Tarcisio Bertone nel mirino del legale. Le dichiarazioni del 5 dicembre dell'anno scorso, quando si recò a benedire la caserma di Bolzaneto. «Siete custodi della legalità e della pace sociale», disse in quell'occasione l'arcivescovo ai poliziotti. Spiega l'avvocato di Padova, Annamaria Alborghetti: queste parole hanno rappresentato una precisa presa di posizione, in un momento in cui la magistratura stava ancora svolgendo indagini sulle violenze di cui sono accusate le forze dell'ordine.
Un clima non sereno. L'avvocato Alborghetti, che difende Duccio Bonechi (un giovane di Firenze che si sta laureando in psicologia a Padova) ha presentato alla Corte di Cassazione la richiesta di spostamento del processo ad altra sede. Tecnicamente, una "istanza di remissione". Così, questa mattina, il dibattimento per il quale da settimane si sono accese le polemiche, rischia di iniziare e di imbattersi nel primo stop. Che cosa può accadere? Che il presidente del tribunale Marco Devoto decida di sospendere il processo in attesa che la Cassazione si esprima. Una decisione non obbligatoria: il presidente potrebbe anche decidere di continuare il dibattimento, aspettando il verdetto romano. Ma se la Cassazione accogliesse l'istanza il processo verrebbe trasferito a Torino - che diventerebbe in questo caso la sede giudiziaria competente - e la parte di procedimento già celebrata potrebbe essere vanificata. Per iniziare da capo davanti ad altri giudici.
Per ora la richiesta dell'avvocato Alborghetti risulta l'unica già depositata in cancelleria. Potrebbe essere seguita da altre. Ma l'iniziativa si scontra con la posizione del gruppo di avvocati genovesi del Legal Forum, tra cui Laura Tartarini, che non solo si sono detti contrari alla richiesta di spostamento del processo, ma hanno espresso la loro contrarietà.
Ecco gli altri punti della memoria, trenta pagine, con la quale Annamaria Alborghetti ha chiesto la remissione del dibattimento. Il fatto che già nel corso dell'udienza preliminare palazzo di giustizia sia stato completamente blindato e si sia instaurato un clima di particolare tensione. Che il procuratore generale, in occasione dell'inaugurazione dell'anno giudiziario, abbia bacchettato i pm genovesi per la gestione di alcune inchieste sul G8. «Secondo il Pg - recita l'istanza - mentre le indagini che hanno messo sotto accusa le forze dell'ordine per le vicende della Diaz e Bolzaneto hanno viaggiato spedite, le inchieste che avrebbero dovuto incastrare i violenti delle strade hanno portato risultati modesti». E, ancora, il fatto che i magistrati abbiano indagato esponenti delle forze dell'ordine che in tante altre occasioni sono stati loro collaboratori nelle inchieste.
Non manca neppure un accenno alle recenti vicende politiche: «Non si può ignorare la grave crisi venutasi a creare nell'ambito della giunta comunale a seguito della decisione del Comune di Genova di costituirsi parte civile nel processo».
L'ultima notazione riguarda il gip Vincenzo Papillo, vittima dei danneggiamenti al G8. La sua auto venne distrutta dai manifestanti. Questo episodio è poi scomparso dalla richiesta di rinvio a giudizio dei pm Anna Canepa e Andrea Canciani. «Ma - si legge nella memoria - è ragionevole dubitare della serenità del giudice che dovrà valutare fatti che hanno danneggiato il collega della porta accanto».
Elisabetta Vassallo Marco Menduni
02/03/2004
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L' AVVOCATO «Anche le parole del cardinale sono segno del clima negativo»
Genova«Ho deciso di presentare l'istanza appellandomi alla legge Cirami prima dell'inizio del processo perchè non volevo si pensasse che fosse una mia reazione verso i giudici. Io non sono di Genova e non li conosco neppure i magistrati genovesi. L'unica cosa che voglio è che il processo si svolga in un clima sereno».
La richiesta con la quale l'avvocato di Padova Anna Maria Alborghetti, che nel processo contro le devastazioni difende Duccio Bonechi, chiede lo spostamento del processo, è stata depositata nella cancelleria del tribunale ieri. Una memoria di una trentina di pagine nelle quali il legale spiega che l'aria di tensione che si respira nella nostra città non può essere adeguata al processo che vede alla sbarra 26 black bloc. I motivi? Molti.
Che cosa l'ha portata a chiedere alla Cassazione la rimessione del processo?
«Prima di tutto posso dire che negli anni Ottanta ho partecipato a diversi processi politici di una certa pesantezza, ma mai mi sono trovata davanti a palazzi di giustizia blindati come è già accaduto a Genova lo scorso novembre in occasione dell'udienza preliminare per decidere il rinvio a giudizio dei 26 imputati»
Questo è il motivo principale per cui ha chiesto che il processo non sia celebrato a Genova?
«In realtà sono tutti motivi molto gravi. Come non ricordare la relazione dello stesso procuratore generale Domenico Porcelli all'inaugurazione dell'anno giudiziario di Genova? Nel suo intervento ha aspramente criticato i pm genovesi per non essersi raccordati con quelli di Cosenza per i quali durante il G8 si era realizzato un progetto eversivo contro le istituzioni. Non solo. Porcelli aveva detto anche che l'indagine contro i poliziotti per le vicende Diaz e Bolzaneto erano andate avanti spedite, mentre quelle che dovevano incastrare i "violenti delle strade" hanno portato risultati modesti».
Nella sua memoria lei parla anche della benedizione impartita dal cardinale Bertone alla caserma di Bolzaneto lo scorso dicembre...
«Certo. Ho ricordato le parole pronunziate in quell'occasione dall'arcivescovo. "Siete custodi della legalità e della pace sociale". Parole che hanno avuto il sapore di una precisa presa di posizione nel momento in cui la magistratura stava ancora indagando sulle gravi violenze e illegalità».
Quindi secondo lei l'ufficio giudiziario di Genova non dispone di una sufficiente serenità?
«Assolutamente. I fatti del G8 si sono manifestati lungo le strade della città. Gli stessi magistrati li hanno vissuti emotivamente, magari hanno avuto coinvolti parenti e amici. Come si fa a mettere nelle loro mani quest'inchiesta?»
Il fatto che il Comune di Genova sia sia costituito parte civile ha avuto peso sulla sua decisione di richiedere alla Cassazione il trasferimento del processo?
«E' uno dei tanti motivi. Mi ripeto: come si fa a celebrare questo processo in una città in cui la giunta è stata spaccata dal processo stesso?»
I suoi colleghi genovesi che difendono altri imputati non sono d'accordo con la sua richiesta. Lei non ha dubbi, invece.
«Non ho nessun dubbio. I miei colleghi avranno i loro motivi. Io cerco solo un clima sereno. E lo ripeto ancora una volta: a Genova non c'è».
El. V.
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Scajola: i devastatori non sono vittime
L'ex ministro dell'interno torna sui fatti del 2001. Il verde Cento ribatte: alimenta la caccia alle streghe. Cacciari: giusto che il Comune sia parte civile
«In quei tristi giorni vinse soltanto la violenza, corrette le ricostruzioni del governo»
Genova Claudio Scajola sul G8, alla vigilia dell'apertura dei processi ai 26 accusati di saccheggio e devastazione: «È giusto manifestare il proprio dissenso, ma è evidente che in quei tristi giorni vinse soltanto la violenza, chi ha sbagliato è giusto che paghi perché chi ha devastato non può passare per vittima». Il ministro per l'Attuazione del programma, agli Interni nei giorni caldi del summit del 2001, non usa mano leggera. E subito c'è la reazione del parlamentare verde e no global Paolo Cento: «Il ministro alimenta le tensioni».
«E' sempre giusto, in una democrazia - ha detto Scajola ieri mattina a Genova - consentire il dissenso e la manifestazione del dissenso. Si tratta di un dato acquisito nel nostro Paese che ci fa essere all'avanguardia. Ma in queste ore sta cominciando un processo: se abbiamo fiducia nella giustizia, dobbiamo essere pronti a rispettare chi svolge questo compito. E' quindi altrettanto giusto che chi ha sbagliato paghi e, soprattutto, che non si pensi di far considerare come una vittima chi ha devastato Genova».
Ricordato «che quel che si doveva dire è stato detto nelle sedi parlamentari» e che «il tempo ha dato ragione alle ricostruzioni fornite dal governo», Scajola ha riconosciuto che quello dei magistrati genovesi «è un compito difficile: la ricerca della verità e della punizione dei responsabili». La piazza deve essere aperta, sottolinea il ministro, «ma eventuali problemi di ordine pubblico o contestazioni sotto il tribunale, che non lascerebbero tranquilli di lavorare i magistrati, sarebbero una prova di inciviltà per Genova e per l'Italia. La ricerca della verità non passa attraverso le pressioni, ma attraverso il rispetto della gestione delle responsabilità di ciascuno nei diversi ruoli a cui è demandato. Non dimentichiamo però che quella del G8 genovese è una pagina sicuramente triste, dove la violenza ha avuto un ruolo da protagonista».
Paolo Cento parla di «caccia alle streghe». «L'ex ministro dell'Interno - dice - farebbe bene a stare in silenzio e a non alimentare ulteriori tensioni parlando di problemi di ordine pubblico. E' veramente grave che chi ha avuto la responsabilità politica della gestione dell'ordine pubblico durante il G8 abbia ancora voglia di alimentare un preoccupante clima di caccia alle streghe. Scajola dovrebbe invece venire nuovamente in parlamento, e in particolare in quella commissione d'inchiesta che da due anni chiediamo venga costituita, a riferire sui fatti della Diaz, di Bolzaneto, di quanto accaduto nelle strade e nelle piazze di Genova, dove una furibonda repressione si scatenò contro migliaia di manifestanti».
E dal centrosinistra, l'ex sindaco di Venezia Massimo Cacciari corre in soccorso a Giuseppe Pericu sulla scelta di costituirsi parte civile nel processo. «Il Comune ha fatto bene, era un atto dovuto che consentirà all'amministrazione di portare la sua importante testimonianza e aiuterà a fare chiarezza - sottolinea Cacciari - anche evitando eventuali strumentalizzazioni. Criticare questa decisione mi pare molto infantile. Occorre infatti distinguere tra i violenti e i ragazzi che chiedono una globalizzazione giusta. Sono certo che i magistrati sapranno distinguere. Quando mi costituii parte civile contro gli assalitori del campanile di San Marco mi procurai di dire ai giudici che non si trattava di terroristi, ma di spostati».
Giovanni Mari