16.11.08
Secolo xix Ordini arrivati al telefono,Canterini conosce la verità
Secolo xix
«Ordini arrivati al telefono,Canterini conosce la verità»
il contestato epilogo del processo per il blitz alla diaz
Rivelazione dell'ex ispettore Panzieri, uscito assolto da tutte le accuse
Genova. «Canterini sa. Sono certo che gli ordini non partivano da lui ma
gli sono arrivati, con una telefonata. Se solo sapessi da chi, sarei io a
dirlo». Maurizio Panzieri, 54 anni, dopo il G8 di Genova ha lasciato la
polizia: «Avevo la nausea, ero stufo di essere additato da tutti come la
pecora nera. Lo stesso è accaduto per i miei due figli, di 25 e 22 anni,
che fanno i ballerini. In questi anni, hanno ammazzato me e distrutto la
mia famiglia».
Panzieri è l'ispettore capo che la notte dell'irruzione nella scuola
Diaz-Pascoli si trovava alle spalle di Massimo Nucera, il poliziotto
accoltellato. E come lui giovedì sera è stato assolto in primo grado da
tutte le accuse: «Sono contento ma resto con l'amaro in bocca. - dice l'ex
istruttore, che è stato difeso dagli avvocati Silvio e Rinaldo Romanelli -
Non si possono condannare quei ragazzi, scelti tra ottomila poliziotti di
tutta l'Italia, e tenuti per tre mesi in un centro di addestramento.
Quegli uomini erano i migliori. Nucera era già stato ferito a una gamba in
piazza, due giorni prima di entrare nella Diaz. Avrebbe potuto
tranquillamente mettersi in malattia, anche essere riformato. Invece si è
fatto medicare solo dopo essere tornato a Roma».
Lei pensa che questa sentenza abbia fatto giustizia?
«Credo che abbia restituito il rispetto nei confronti dei poliziotti
onesti che sono la maggioranza. In questi anni in molti si sono sentiti
scoraggiati. Nei miei 34 anni di ordine pubblico ho preso tante botte e
sassate ma mai come durante il G8 ho pensato di morire. In quei giorni ci
sono stati momenti in cui ero certo che non avrei più rivisto i miei
figli».
Però la condanna di Canterini e dei suoi uomini non la convince.
«In quella scuola ho visto decine e decine di agenti in borghese, con e
senza pettorina, tutti con il foulard sul viso. Non saprei riconoscerne
nemmeno uno. So solo che io stesso, proprio come Fournier, ne ho sollevato
di peso uno prima che sferrasse un calcio contro un ragazzo inerme. Sono
successe cose strane che mi auguro non accadano più, perché fanno male
all'immagine del nostro Paese».
Con quali ordini entraste in azione alla Diaz?
«Non era un'operazione di ordine pubblico, tanto è vero che non fummo
dotati degli scudi. Dovevamo scovare dei facinorosi che si preparavano a
fare altri danni in piazza».
Cosa ricorda dell'irruzione?
«Non ho un ricordo organico. Ho immagini che mi tornano proprio come quei
flash che illuminavano a intermittenza l'interno della scuola, provenienti
dall'esterno da macchine fotografiche e telecamere».
Cosa vide? E cosa sentì?
«Quando entrai c'era un silenzio di tomba. Io soffro da sempre per la
vista del sangue, mi fa quasi svenire, per questo ho scelto di fare
l'istruttore. Ricordo che vidi diversi giovani a terra, con il volto
coperto di sangue. Filai dritto senza fermarmi, per non stare male».
Altri flash?
«C'erano tantissimi agenti. Non capivo da dove venisse tutta quella gente.
Poi mi resi conto che l'edificio aveva altri ingressi sul retro. Per
entrare facemmo una fatica bestia, c'erano cattedre, assi da cantiere,
carri ponte a sbarrare le porte».
È stato aggredito?
«Mi hanno spruzzato l'estintore in faccia».
La coltellata a Nucera?
«Fu lui a mostrarmi i segni sul corpetto, ma ormai stavamo uscendo».
E le molotov?
«Conosco bene Troiani. Facevamo atletica insieme alle "Fiamme oro". Non so
cosa gli sia passato per la testa e non credo che possa aver fatto
deliberatamente una cosa contraria alla legge. Riguardo a Canterini sono
certo che non ha deciso nulla. Gli sono stati impartiti degli ordini. Lui
sa chi ha deciso e cosa».
Graziano Cetara
cetara@ilsecoloxix.it
Il G8 alla Maddalenaè già ad alta tensione
dopo la sentenza per i fatti di genova
L'appuntamento in Sardegna nel luglio 2009: "intelligence" al lavoro
per la sicurezza, si teme l'escalation della protesta
17/11/2008
ROMA. Non c'è un allarme, ma sicuramente il livello di allerta sul G8 alla
Maddalena, previsto per il luglio dell'anno prossimo, si è improvvisamente
alzato dopo la sentenza per il blitz nella scuola Diaz. Non è il vertice
in se stesso, almeno per adesso, a preoccupare («mancano sette mesi -
commenta una fonte dell'intelligence - e ci sarà ancora il tempo per
incrementare eventualmente le misure di sicurezza») ma l'eventuale
effetto-denotatore che l'avvicinarsi dell'appuntamento potrebbe avere
sulle aree più radicali del mondo antagonista.
La minaccia risuonata anche nell'aula in cui è stato pronunciato un
verdetto per gran parte accusatorio («Ci rivedremo alla Maddalena, ci
vendicheremo») è considerata sì uno sfogo dettato dalla disillusione, ma
potrebbe essere anche raccolto a chi ha intenzione di trasformare la
mobilitazione contro il vertice in un'altra occasione di scontro e di
violenze. Anche perché, alla fine dei tre maxi-processi, le condanne più
pesanti, quelle che se confermate trascineranno davvero in galera gli
imputati, hanno toccato soltanto alcuni esponenti del mondo
insurrezionalista.
Sicuramente i prossimi mesi non saranno del tutto tranquilli. «Si teme -
spiegano ancora gli 007 - un'escalation delle proteste determinata proprio
dalla conclusione del processo-Diaz, man mano che ci si avvicinerà alla
data del luglio 2009, anche se non ci sono segnalazioni che al momento
destino particolare allarme». Data che coinciderà anche con l'ottavo
anniversario della morte in piazza Alimonda di Carlo Giuliani.
Su alcuni siti Internet e blog sono apparse anche (per ora velate) minacce
al collegio giudicante e già questa mattina la digos le esaminerà per
decidere se sia il caso di concedere una scorta ai giudici della sentenza
sul blitz alla Diaz: «Ricordiamoci di questo giudice e del suo nome,la
storia è strana ed imprevedibile»; «Una domanda: chi gliel'ha fatto fare
di macchiarsi di tanta ignavia? Qual è il loro tornaconto?».
Sul piano politico, ieri è arrivata la rezione di Paolo Ferrero,
segretario di Rifondazione: «Le dichiarazioni rese dal capo della Polizia
Antonio Manganelli sono davvero ipocrite. Dopo aver massacrato di botte
ragazzi pacifici e inermi che manifestavano contro il G8, nella Genova del
2001, e che dormivano in una scuola, la Diaz, dove venne compiuto un vero
e proprio massacro alla messicana fuori da ogni legalità, diritto e da
ogni rispetto della nostra Costituzione, Manganelli promette, in una
lettera a la Repubblica, chiarezza, da parte di quella stessa polizia che
continua a coprire mandanti ed esecutori di quella mattanza».
Dichiarazioni, quelle del capo della polizia, sostanzialmente in linea con
l'intervista rilasciata al Secolo XIX già nel luglio dello scorso anno,
quando Manganelli affermò: «Qualunque mezzo, qualunque, possa servire a
stabilire la verità, a capire che cosa è accaduto in quei giorni, non solo
non lo temo, ma lo auspico». E, sentito dai pm nel dicembre 2002,
Manganelli aveva raccontato le sue conversazioni con Gianni De Gennaro
quella sera: «Io credo che tu abbia visto un altro G8, gli dissi ... Noi
ne usciamo male e insomma, a me non sembrano pregresse, quelle ferite».
Ancora: «Mi è sembrato che alla perquisizione Diaz ci fossero un po'
troppi generali senza contestuale distribuzione di compiti e di livelli di
responsabilità... debbo dire che la cosa che mi ha colpito di più in
assoluto, che non riesco a digerire, è la provenienza illegale delle
molotov. Io ne ho viste tante, mi spiace dirlo al registratore, e ne ho
anche fatte tante... ma la bustina in tasca allo spacciatore... insomma,
l'avevo vista nei film, ma non credevo potesse succedere».
marco menduni
menduni@ilsecoloxix.it