02.12.03
Secolo xix: il pm lascia le indagini
G8, il pm lascia l'inchiesta
Irruzione alla Diaz. Con una lettera al Procuratore capo, Pinto si dimette dal pool dei magistrati inquirenti
«Scelta a tutela delle indagini»
Genova Remissione della delega alle indagini sul caso Diaz. A tutela dell'inchiesta e di se stesso. Contro ogni tipo di strumentalizzazione, giudiziaria e personale.
E' questo il senso della lettera inviata dal sostituto procuratore genovese Francesco Pinto al procuratore capo Francesco Lalla, per astenersi dalle indagini sul caso Diaz-G8 dopo le richieste di trasferimento dell'inchiesta a Torino presentate da alcuni legali, in relazione ai "sospetti" avanzati sull'operato di Pinto, la notte del blitz. La decisione del pm genovese è stata assunta oltre che a tutela del lavoro degli altri colleghi anche per potere agire giudiziariamente contro chi (dal suo punto di vista) lo avrebbe diffamato. E la scelta, come spiega il tam tam giudiziario, non rappresenta una fuga in quanto Pinto non rinuncia ad altri filoni di inchiesta sul G8.
I fatti sono noti. La notte della fallimentare perquisizione del luglio 2001 (93 arresti per associazione a delinquere, 66 feriti di cui cinque in prognosi riservata, tutti poi prosciolti e rimessi in libertà) Pinto subentrò nel turno alla collega Anna Canepa. La perquisizione della polizia scattò come "articolo 41" che prevede solo la comunicazione alla Procura e non la preventiva autorizzazione.
Pinto venne informato dell'evolversi della situazione. L'ex capo della Digos genovese Spartaco Mortola disse in un interrogatorio che il pm, in qualche modo, era stato "coinvolto" nelle scelte operative (conoscenza delle molotov poi rivelatesi fasulle con gli atti di polizia giudiziaria derivanti) salvo poi ritrattare le sue affermazioni, riferendone una conoscenza "de relata" da un collega, lo spezzino Filippo Ferri. Che smentì subito dopo lo stesso Mortola. Tutta la partita è riemersa alla vigilia delle richieste dei pm al Gip.
Ma la strategia attuata da una parte delle difese dei funzionari indagati, tornerà a concretizzarsi nello scontro processuale di fronte al Gip. Strategia i cui contenuti, a ben vedere, non sono solo giudiziari, ma in qualche modo anche "politici". Nel mirino dell'eventuale spostamento ci sono soprattutto i pm genovesi: un'altra sede comporterebbe, quantomeno, l'allungamento dei tempi per consentire ai nuovi inquirenti di acquisire le stesse conoscenze dei colleghi liguri. La strategia sul "caso Pinto", giocata anche su alcune contraddizioni di quella notte in cui nessun magistrato verificò direttamente quanto stava accadendo, sembra fissare proprio questo elemento.
Del resto un recentissimo segnale era in qualche modo giunto alla Procura genovese con la nomina di Francesco Gratteri e Giovanni Luperi al fianco del capo della polizia Gianni De Gennaro. Il significato di quelle nomine era palese: comunque vada a finire a Genova, dal capo della polizia Gianni De Gennaro al governo attuale, passando per i precedenti gradimenti e nomine della coalizione di centrosinistra, su Gratteri e Luperi c'era piena fiducia. E le difese di Luperi e di Gratteri sono tra quelle che sostengono con durezza processuale la tesi del trasferimento. Francesco Pinto ora decide di rimettere la delega al procuratore dirigente per non essere strumentalizzato a danno delle indagini e per tutelare se stesso. Il caso Genova-G8 non finisce certo qui.
Oggi e domani nuovo appuntamento su un altro fronte, quello dell'udienza per i 26 red block, appartenenti all'area del movimento che seguì gli "ignoti" black bloc nelle devastazioni. La polemica processuale, anche qui, è assicurata. Nel mirino, con altre motivazioni, ci sono sempre loro: i pm genovesi.
Marcello Zinola
02/12/2003