Home Page

07.03.10

Secolo xix «G8, lo Stato paghi subito i risarcimenti»

«G8, lo Stato paghi subito i risarcimenti»
la sentenza d'appello per le violenze nella caserma di bolzaneto
Un "conto" globale di 10 milioni per i 45 responsabili. I ministeri
potranno rivalersi su di loro


matteo indiceGENOVA. La sentenza ribaltata diventa pure una questione di
milioni. E le torture delle forze dell'ordine sui noglobal nella caserma
di Bolzaneto costeranno carissime allo Stato per il quale gli agenti
lavoravano, con casi a dir poco straordinari. Dagli stessi conti, dopo i
soldi per chi ha avuto le vetrine rotte, adesso dovranno comprensibilmente
uscire pure quelli per chi le vetrine magari le ha fracassate (ed è stato
condannato), ma poi è stato massacrato in caserma quand'era inerme.
La sentenza dell'Appello, che ha dichiarato «responsabili» tutti gli
imputati - manlevandoli dalle responsabilità penali causa prescrizione, ma
addebitando a ciascuno il risarcimento civile - vale minimo dieci milioni
di euro. A tanto ammontano secondo i primi calcoli le «provvisionali», i
risarcimenti provvisori disposti dai giudici in attesa delle cause civili,
da sommare alle spese legali che sempre l'erario dovrà liquidare agli
avvocati dei manifestanti. C'è di più. Se dopo la sentenza di primo grado
lo Stato aveva potuto "tergiversare" sui pagamenti alle vittime (peraltro
molto inferiori, poiché 30 imputati su 45 erano stati assolti nel merito)
allo stesso modo non può muoversi dopo il secondo round.
«Saremo implacabili nel pretendere liquidazioni rapide» sussurra Riccardo
Passeggi, che ha assistito alcuni dei 252 dimostranti segregati nel luglio
2001 a Bolzaneto. E i tempi scanditi dalla procedura sono piuttosto netti.
Depositate le motivazioni entro i prossimi tre mesi, si aprono due strade.
O l'avvocatura dello Stato si fa avanti autonomamente, iniziando a
"contrattare" i maxi-rimborsi e ragionando pure su quel che in futuro
dovrà sborsare per le cause civili, oppure chi ha diritto al denaro
stavolta può agire di forza. Come? Notificando la sentenza, quindi
precettando i ministeri che non pagano e infine avviando i pignoramenti. E
qui viene il bello, che probabilmente molti ignorano ma la dice lunga
sugli effetti assai concreti dei processi G8, sebbene celebrati a nove
anni di distanza. I vari dicasteri (Interni per i poliziotti, Difesa per i
carabinieri e Giustizia per gli agenti penitenziari) a loro volta possono
esercitare un «diritto di rivalsa» sui dipendenti, o ex, che facendosi
condannare li hanno inguaiati. Sono responsabili «in solido» e perciò,
anche se la prescrizione ha spazzato il campo penale, gli imputati sono
tornati in fibrillazione: il colpo di scena inciderà infatti sulle tasche,
e se l'aspettavano in pochi. A meno che l'avvocatura non ottenga una
sospensiva-record o esca dal cilindro qualche colpo di spugna: Il Secolo
XIX, per esempio, ha rivelato di recente l'esistenza d'un decreto che ha
"salvato" i generali sotto processo per la strage di Nassiriya.
I giudici di Bolzaneto, come riportato ieri, hanno stabilito che nella
caserma genovese andarono in scena «trattamenti inumani», ritenendo del
tutto attendibili i resoconti delle vittime. È un aspetto-chiave, che fa
lievitare l'attesa per l'Appello sulla sanguinosa irruzione alla Diaz (25
sott'accusa fra i quali altissimi dirigenti di polizia). Lì, oltre alle
testimonianze dei feriti, ci sono filmati e fotografie inequivocabili.
indice@ilsecoloxix.it

Rimborsato il manifestante accusatodi tafferugli
la storia

GENOVA. È uno dei dieci noglobal condannati anche in Appello per i
disordini in strada durante i giorni del G8. Ed è una delle vittime,
massacrate nella caserma di Bolzaneto, per le quali lo Stato dovrà pagare
nei prossimi mesi oltre ventimila euro.
Carlo Arculeo, messinese di 32 anni, è sempre stato accusato di aver
compiuto scorribande in moto, nel caos genovese del luglio 2001, insieme
ad Antonino Valguarnera, altro personaggio da film. Il secondo, prima dei
disordini e delle molotov, aveva ottenuto pure un'onorificenza dal
presidente della Repubblica, per aver partecipato a una missione nell'ex
Jugoslavia. Entrambi, accusati di aver generato parecchio marasma durante
il supervertice, sono però finiti dall'altra parte della barricata una
volta varcato l'ingresso di Bolzaneto. Qui volavano gli insulti ad
accompagnare le botte e gli spruzzi di gas urticante, vigeva l'obbligo di
mettere la faccia nei propri escrementi o, per le donne, di spogliarsi di
fronte agli uomini e subire umiliazioni a sfondo sessuale. Tutto dopo il
"Comitato di accoglienza", che aveva il compito di selezionare i fermati o
gli arrestati, con una prima "dose" di soprusi, mentre c'era stato chi non
aveva trovato di meglio «che armarsi di un salame per percuotere i
detenuti». È una delle tante dichiarazioni ritenute attendibili dai
giudici dell'Appello, come quella fornita dal (per la legge) casseur
Arculeo: «Fui costretto con il volto contro il muro - raccontò - le gambe
divaricate, le braccia alzate sopra il capo, appoggiate al muro...spesso
solo con tre dita e a gridare viva il Duce». A rompere il muro di omertà
era stato un infermiere bolognese, Lorenzo Poggi. E ci furono anche un
paio di mosche bianche (una poliziotta e un carabiniere sardo) che
cercarono, senza successo, di ricondurre i colleghi alla ragione.
M. IND.

«devo pagare ma non ho colpe»
il coordinatore carcerario


GENOVA. Per lo Stato italiano è assolto «poiché il fatto non sussiste», ma
deve comunque risarcire sei vittime in sede civile. Possibile? Succede a
Oronzo Doria, probabilmente uno dei casi-limite nei processi sul G8.
Generale della Penitenziaria oggi in pensione, Doria è il funzionario di
grado più alto chiamato finora a rispondere sui fatti del luglio 2001.
Dopo l'assoluzione in primo grado, la pubblica accusa non aveva ritenuto
ci fossero motivi per ricorrere in Appello.
Lei cosa faceva a Bolzaneto?
«Ero il coordinatore logistico di ogni struttura in cui c'erano detenuti.
Sono stato a Bolzaneto come in altri penitenziari o all'ospedale, dove
erano trattenuti molti noglobal arrestati».
Mai avuto sentore di pestaggi o di ragazzini tenuti senza cibo, come
stabilisce la sentenza di Appello?
«Io non avevo compiti legati alla detenzione, non sorvegliavo le celle per
intenderci. Lo dovevano fare altri. È questo che mi dispiace...».
Cioè?
«Che ci siano stati abusi è evidente, ma buttare tutti nello stesso
calderone non ha senso. Con i miei legali (Andrea Costa ed Ennio
Pischedda, ndr), abbiamo calcolato che in quei giorni passarono per la
caserma centinaia di funzionari, compreso un ministro della Giustizia. Con
questo metro, cioè della responsabilità estesa indiscriminatamente ad
ognuno, avremmo dovuto fare il processo in uno stadio».
Perchéè finito in questo calderone, allora?
«Un avvocato di Pisa ha presentato un ricorso in cui chiedeva
genericamente che fossero dichiarati responsabili ai fini civili, anche se
le condanne erano prescritte, tutti gli imputati. Il problema è che
chiedeva pure di escludere gli appartenenti alla Penitenziaria: io ero uno
di loro, cioè uno di quelli da escludere. Boh, credo ci siano ottimi
appigli per vincere in Cassazione».
I giudici hanno stabilito che a Bolzaneto decine di persone furono
torturate, massacrate, lasciate senza cibo, che a qualcuno fu impedito per
ore di andare al bagno e molti verbali furono falsificati...
«Ripeto: sono avvilito per le sofferenze, ma avveniva tutto in aree che
erano completamente fuori dal mio controllo e dalla mia consapevolezza,
tanto che neppure il pm aveva chiesto di ri-processarmi. E soffro pure io,
a essere messo sullo stesso piano di gente che paga per aver strappato
delle dita a qualcuno».
m. ind.

.
.