30.03.08
secolo xix «De Gennaro a giudizio»
secolo xix
«De Gennaro a giudizio»
Richiesta dei pm: favorì le bugie sul G8. L'ex capo della polizia: ho
fatto solo il mio dovere
GENOVA. «Gianni De Gennaro, mediante istigazione o comunque induzione, ha
determinato Colucci a deporre circostanze non corrispondenti al vero e
comunque non appartenenti alla propria percezione, anche ritrattando sue
precedenti dichiarazioni». È il passaggio chiave della richiesta di rinvio
a giudizio firmata dal procuratore aggiunto Mario Morisani e dai sostituti
Francesco Cardona Albini, Vittorio Ranieri Miniati, Patrizia Petruzziello,
Enrico Zucca. Il documento è stato depositato la mattina di giovedì 27
marzo presso la cancelleria del gip. Toccherà adesso al giudice
dell'udienza preliminare decidere se rinviare a giudizio l'ex capo della
polizia. De Gennaro è indagato per istigazione alla falsa testimonianza.
Ma i pm non si fermano qui e aggiungono: «Un fatto aggravato per aver
determinato a commettere il reato persona a lui sottoposta e con abuso
della funzione esercitata quale direttore generale del dipartimento di
Pubblica Sicurezza». «Sono assolutamente tranquillo - replica l'ex capo
della polizia - perché consapevole di non essere mai venuto meno ai miei
doveri. Ed è una vicenda di cui mi occuperò con i miei legali al momento
opportuno. Ora sono impegnato ad assolvere un delicato compito che il
governo mi ha affidato».
Il nome dell'attuale commissario per l'emergenza rifiuti in Campania è il
più noto, ma non l'unico nella richiesta della Procura. I pm infatti hanno
chiesto il processo anche per due alti funzionari, ancora in servizio e
addirittura promossi: c'è innanzitutto Francesco Colucci (nel rapporto con
lui si sarebbe materializzato l'"abuso della funzione"), ex questore di
Genova diventato prefetto il 16 febbraio scorso, che è accusato di falsa
testimonianza poiché avrebbe cambiato versione seguendo proprio le
richieste di De Gennaro. E c'è Spartaco Mortola (anche lui indagato per
istigazione alla falsa testimonianza) che da capo della Digos genovese è
adesso diventato vicequestore di Torino.
NELLA LORO istanza i magistrati riportano le intercettazioni telefoniche
tra i protagonisti della vicenda, sottolineando le frasi da cui
emergerebbe l'accordo per costituire un «fronte comune» contro il pm
Enrico Zucca e i magistrati che conducono l'indagine sull'irruzione dei
poliziotti nella scuola Diaz dopo il G8 del 2001. I pm mettono a confronto
una per una le telefonate più significative con le testimonianze che
sarebbero state modificate nel corso del tempo.
De Gennaro, insistono, avrebbe spinto Colucci a modificare le sue
dichiarazioni «in relazione... alla fase di preparazione e organizzazione
dell'operazione condotta alla scuola Diaz. In particolare ai contatti fra
loro avuti, alle informazioni reciprocamente scambiate e alle richieste
formulate, quando Colucci rivestiva la carica di questore di Genova. Hanno
inoltre eliminato il principale contrasto esistente tra le deposizioni in
precedenza rese relativamente alla circostanza della richiesta di far
intervenire il responsabile dell'ufficio relazioni esterne della polizia,
il dottor Roberto Sgalla, sui luoghi dell'operazione, rendere omogenea la
testimonianza di Colucci a quella dello stesso De Gennaro».
Come ricordano i pm, la situazione per l'ex capo numero uno della pubblica
sicurezza si complica il 28 aprile 2007 alle ore 13.27, quando si registra
una telefonata tra Francesco Colucci e Spartaco Mortola di pochi giorni
precedente alla seconda testimonianza dell'ex questore di Genova; quella
in cui ci sarebbe stato qualche "ritocco". Dice Colucci: «...Sono tornato
ora da Roma e praticamente io il giorno 3 devo venire a Genova. Il capo
m'ha dato le sue dichiarazioni...dove tiene ben testa diciamo al
magistrato». Insiste: «M'ha detto qualche cosa...mi ha fatto leggere, poi
dice... tu devi, bisogna che tu un po' aggiusti il tiro sulla stampa. Io
nella stampa avevo dichiarato che...persino il capo m'aveva telefonato per
la stampa. A questo punto io dovrei fare un po' di marcia indietro e dire:
oh, tante telef... Se me lo richiedono, dice: Ma aveva dichiarato quello?
Sì, avevo dichiarato quello, però, ripensandoci bene, sicuramente io ho
avvertito Sgalla, io, ma non credo, non mi ricordo, tante telefonate,
tanti casini, che magari non me l'ha detto il capo, capito?». La richiesta
procede in ordine cronologico. Dopo le fasi preparatorie della deposizione
di Colucci al processo Diaz (era il 4 maggio 2007), si parla delle
numerosissime telefonate successive in cui i protagonisti commentano le
dichiarazioni dell'ex questore di Genova. Il 3 maggio 2007 alle ore 17.58,
Colucci riporta i dubbi del suo autista dopo l'audizione e ci scherza
sopra, chiarendo il senso delle sue parole: «...Alla fine (l'autista, ndr)
m'ha detto dotto' m'è sembrato che stava in difficoltà. Io mi sono
contraddetto - ribadisce l'ex questore - ma forse l'ho fatto apposta».
PER DUE settimane Colucci riceve congratulazioni da tutti e se ne vanta:
«Ho dato una mano ai colleghi tant'è che doveva essere ascoltato il capo
della polizia, non lo ascoltano più perché io sono stato dirompente». E
però non basta. I pubblici ministeri si soffermano sul «fronte comune»
secondo loro creato dalla polizia, di cui la falsa testimonianza sarebbe
un pilastro. Da una telefonata del 22 maggio 2007 alle 20.54 emerge che
Colucci era stato già informato dai colleghi di essere indagato. Così la
sera prima di ricevere l'avviso di garanzia parla con Mortola di un
appuntamento che si sarebbe dato per il giorno successivo con De Gennaro.
Colucci: «Ho detto al capo che domani mattina quando viene il... questo
colonnello? questo colonnello della Finanza (incaricato di notificargli
l'atto) lo vado... vado fuori al bar a farmi... no, ma dice ma vieni qui,
nel mio... nel suo... nella scala(?) azzurra, insomma vado lì. Passa de
qua, che ne so. Per la dignità diciamo mia, diciamo, no. Comunque. E non
lo so. Non lo so». E Mortola risponde: «No, va be', guarda, che comunque
anche se ti fanno 'st'avviso tu ti avvali della facoltà di non rispondere,
mandali affanculo, guarda».
Colucci, secondo i pm, avrebbe cambiato in diversi punti la sua versione
dei fatti: «Non solo sulle telefonate con Sgalla, ma anche sulle
circostanze relative alla designazione di Lorenzo Murgolo come
responsabile unico dell'operazione Diaz (Murgolo è l'unico funzionario,
insieme a La Barbera deceduto, ad essere stato prosciolto e quindi non più
imputabile, ndr). Ancora, sulle informazioni prese riguardo a chi dormiva
nella scuola, sulla decisione di perquisire la Diaz e la Pascoli».
Riguardo a Mortola, invece, i pm si soffermano soprattutto su chiamate
come quella del 29 aprile 2007, ore 17.53, quando l'attuale vicequestore
di Torino, secondo gli inquirenti, sembra ricostruire passo per passo gli
eventi affinché Colucci poi possa deporre: «Volevo, volevo sapere una
cosa: ma sapevamo noi che? (nella Diaz, ndr) lì c'era il centro stampa?»,
chiede Colucci. Che a ogni frase domanda nuovi dettagli: «Ma quando? Là
dentro... Ma allora siamo andati vicini?... ma noi lo sapevamo che
c'era...?».
Proprio i legali di Mortola, Piergiovanni Iunca e Alessandro Gazzolo,
ribadiscono che, a loro giudizio, «nessuno ha commesso falsa
testimonianza, soprattutto Spartaco Mortola che risulta chiaramente un
mero ascoltatore e ricostruisce fatti arcinoti». Significativa la
contestazione che muoveranno nel corso dell'udienza preliminare: «Le
intercettazioni di questa inchiesta - insiste Iunca - sono a tripla
cascata. Nel senso che dallo stralcio d'un procedimento a carico di un
misterioso faccendiere, si è innescato quello sulla distruzione delle
molotov uscite dalla Diaz. E da quest'ultimo altre chiamate sono state
ulteriormente usate per configurare la falsa testimonianza. Riteniamo che
parte delle conversazioni non fosse utilizzabile nella terza indagine».
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FERRUCCIO SANSA
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