Home Page

21.09.03

Secolo XIX, CASO G8 I retroscena del blitz...

dal secolo xix

CASO G8 I retroscena del blitz secondo l’ispettore ministeriale Micalizio,
l’ultimo teste davanti ai Pm
«Diaz, c’erano quattro polizie»

Nella sua deposizione conferma la mancanza di un responsabile: «Ognuno
agiva per sé»

Biondi, legale dell’uomo delle molotov: «Brucerò l’arrosto della tesi
d’accusa della Procura»

Genova. Nel blitz alla scuola Diaz c’erano quattro polizie e ognuna andava
per proprio conto.
Il reparto mobile di Roma era come una molla caricata ed era prevedibile
che sarebbe finita male. Gli alti dirigente della polizia non erano a
Genova di passaggio, nei giorni del G8. Parole pesanti, parole di fuoco. E’
un interrogatorio teso, quello di Pippo Micalizio davanti ai magistrati che
indagano sull’irruzione alla Diaz, sul raid delle polemiche. E’ stato
l’ultimo teste ad essere ascoltato dalla Procura, prima dell’invio degli
avvisi di fine indagine dei giorni scorsi.
Chi è Micalizio? Cinquantotto anni, viene inviato dal capo di polizia a
Genova nei giorni immediatamente
successivi al G8. Già divampa la polemica e il super-ispettore ha tre
giorni di tempo per capire cos’è successo riferire all’allora ministro
dell’Interno Claudio Scajola e capo della polizia Gianni De Gennaro.
Sulla scorta delle sue conclusioni scattano tre provvedimenti di peso.
Vengono rimossi dai loro incarichi
vicecapo vicario della polizia Ansoino Andreassi, il numero uno
dell’antiterrorismo Arnaldo
Barbera e il questore Francesco Colucci.
Passati due anni da quella relazione, Micalizio è stato ascoltato in
procura come testimone. Ma non ha cambiato idea. Ha confermato, in certi
momenti con maggior dettaglio di allora, le sue conclusioni: incapacità
gestionale,
confusione, mancanza responsabilità e di vertici nell’organizzazione del
blitz alla Diaz. Ha ribadito ai pm: «In sostanza era come si fossero state
quattro polizie diverse». E l’intervento dei vertici (Gratteri, Luperi,
Murgolo, lo scomparso
Barbera, Andreassi) non era certo da semplici curiosi: «La loro semplice
presenza fisica sul posto costituiva il necessario riferimento per gli
operatori dei rispettivi comparti, polizia giudiziaria e Digos». Insomma: i
colonnelli non potevano avere deciso autonomamente dai generali.
Spiega ancora Micalizio: nei giorni dell’indagine ministeriale
fui costretto a muovermi in un quadro di approssimazione. C’è addirittura
un nucleo di operatori del reparto mobile di Roma che non compare nelle
carte, «così come non compare negli atti poi inviati alla magistratura ».
Ancora, Micalizio spiega:
non potevo ignorare il fatto che gli atti di polizia giudiziaria compilati
quella sera non erano stati in grado di sostenere le accuse contro gli
arrestati.
Ma chi è la responsabilità di quel che accadde, quella notte, alla scuola
Diaz? Ancora oggi,
non si sa. «Qualcuno dice il responsabile di polizia giudiziaria più alto
in grado della questura di Genova, ma questo non risulta fondato su alcuna
norma o prassi». E così la notte della Diaz continua a rimanere, anche in
questa
ricostruzione, orfana di un padre. O con troppi genitori.

Biondi difende Troiani.
«L’accusa mossa dai pm genovesi al vicequestore Pietro Troiani è una
arrampicata di sesto grado, di cui taglierò la
fune in dibattimento ». E’ il commento di Alfredo Biondi, difensore del
vicequestore romano, accusato di falso e calunnia nell’inchiesta Diaz per
la vicenda delle due molotov. Secondo l’accusa, infatti, le bottiglie
incendiarie
sarebbero state usate come false prove dalla polizia a carico
dei 93 manifestanti arrestati. Incidenti di strada - Una cinquantina
di nuovi avvisi di conclusione delle indagini saranno
inviati entro dicembre dalla procura a carico di manifestanti
già arrestati o indagati nell’ambito dell’inchiesta sulle violenze
di strada nei giorni del G8 a Genova.

Marco Menduni
Marcello Zinola

«R icordo che il Capo della Polizia mi ha conferito l’incarico
di un’indaginesull’operazione Diaz dandomi termine temporale per riferire
di tre giorni. Non ho richiesto
ufficialmente al Questore un elenco di personale impiegato, che
oltretutto non c’era (...) Prendo
atto che nel personale da me considerato
non compare, così come
non compare negli elenchi successivamente
trasmessi all’autorità
giudiziaria, un nucleo di operatori
appartenenti al Reparto Mobile diverso
da quello che costituisce il
Nucleo Sperimentale Antisommossa
del dottor Canterini. A me nessuno
ha menzionato la presenza
di personale di Reparto Mobile, non ne sono venuto
a conoscenza perché non v’era un funzionario responsabile
con cui ho potuto parlare (...)».
Nella mia relazione ho ampiamente criticato e
messo in risalto la mancanza di indicazione di un
funzionario responsabile della direzione della intera
operazione. In sostanza il quadro che mi veniva
fornito era quello di quattro comparti che operavano
facendo ognuno riferimento
alle proprie linee gerarchiche,
come se fossero state quattro polizie
diverse (...)».
«Era (il reparto mobile di Canterini, ndr) come una molla compressa e
caricata che in un contesto difficile e delicato come quello della scuola
Diaz poteva prevedibilmente causare problemi (...)».
«Preciso che alcuni funzionari, ma non tutti, mi hanno riferito che
qualcuno riteneva che il funzionario responsabile della intera operazione
si potesse identificare nel dottor Murgolo, per la sua vicinanza al Vicario
Andreassi(...)».
«Ho esplicitamente criticato l’eccessiva presenza di capi nel teatro
dell’operazione.
È evidente che i funzionari apicali dei servizi centrali, non certo a
Genova di passaggio e che io ho indicato come coloro che avrebbero dovuto
garantire il momento tecnico e professionale più elevato, non possono aver
rivestito il ruolo di meri
osservatori (...)» «Sbagliato usare il reparto mobile era come una molla
sotto carica»

.
.