01.03.04
Secolo xix: Black block processo blindato
Black bloc, processo blindato
Scontri al G8. Domani prima udienza, numero chiuso in aula: accordo no
global-Digos per un turn over. E Bertinotti invita alla
non violenza
I 26 imputati rischiano fino a quindici anni di carcere
Genova Meno uno. Inizia domani mattina alle 9 in punto, in un tribunale
blindato, il processo ai 26 no-global accusati di
devastazione e saccheggio per gli scontri al G8 del luglio 2001. Il
processo delle polemiche, dello "strappo" politico nella
giunta comunale, della blindatura del centro cittadino.
Gli imputati. I 26 manifestanti rinviati a giudizio sono tutti italiani.
Nessuno dei black bloc stranieri è stato identificato. Secondo
l'accusa, agirono senza un disegno preciso e preordinato. Formarono
quello che fu definito il red bloc, il "blocco rosso". Che
si coagulò sul campo aggregando anarco-insurrezionalisti, i
Disobbedienti e le Tute Bianche dei centri sociali veneti, cani
sciolti, violenti da stadio. Persino un pregiudicato comune
"riconvertito", a suo dire, alla politica.
Gli episodi contestati. L'assalto al carcere di Marassi, la devastazione
e il rogo di un blindato dei carabinieri in corso Torino,
gli assalti a banche, autosaloni, negozi, caserme; gli scontri in via
Tolemaide e in piazza Alimonda, durante i quali perse la vita
Carlo Giuliani, il 20 luglio 2001.
Le parti lese. Quattrocento i danneggiati dalle devastazioni che fecero
da contraltare al vertice dei Grandi. Delle parti lese
citate dai pm, però, la gran parte sono state depennate. E' stato così
scongiurato il richio del trasferimento del processo a
Torino, che sarebbe scattato automaticamente perché tra le "vittime"
(ebbe l'auto danneggiata) c'era un magistrato genovese,
il gip Vincenzo Papillo.
I magistrati. A rappresentare l'accusa saranno i pm Anna Canepa e Andrea
Canciani, titolari dell'inchiesta che è stata
coordinata dal procuratore aggiunto Giancarlo Pellegrino.
I difensori. Alcuni di loro invocheranno la legge Cirami, che prevede il
trasferimento dei processi per "legittimo sospetto"; altri
solleveranno già oggi l'eccezione di incostituzionalità della norma di
legge sulla devastazione e saccheggio. Rischiano dagli otto
ai 15 anni di reclusione.
I testimoni. La difesa ha inoltre presentato un elenco di una
cinquantina di testi. In particolare gli avvocati Mirko Mazzali e
Fabio Taddei hanno chiesto che vengano sentiti il presidente del
consiglio Silvio Berlusconi, il vicepresidente Gianfranco Fini,
il deputato Filippo Ascierto (An), il sindaco di Genova Giuseppe Pericu,
i parlamentari presenti alle manifestazioni, l'allora
procuratore capo Francesco Meloni e i funzionari di polizia che
ordinarono la carica in via Tolemaide, tra cui il dirigente del
commissariato Centro, Angelo Gaggiano.
Le parti civili. Nel processo si sono già costituiti parte civile la
presidenza del Consiglio e tre ministeri (Interno, Difesa e
Giustizia), assistiti dagli avvocati dello Stato Ernesto de Napoli e
Gianmario Rocchitta. La presidenza del Consiglio sostiene di
aver subito «un grave danno non patrimoniale all'immagine del Paese nei
confronti dell'intera comunità internazionale».
Parte civile si costituirà anche il Comune di Genova, assistito
dall'avvocato Giovanni Salvarezza. Mario Placanica, il
carabiniere prosciolto dall'accusa di omicidio per la morte di Carlo
Giuliani, non ha ancora sciolto la riserva: deciderà
all'ultimo istante se costituirsi contro gli assalitori della jeep in
piazza Alimonda. In caso contrario, annuncia il suo avvocato
Giuseppe Gallo, si avvarrà della facoltà di non rispondere «per farla
definitivamente finita con speculazioni e polemiche».
Il palazzo blindato. L'aula in cui si svolgerà il processo sarà protetta
dalle forze dell'ordine che, su disposizione della Procura,
non lasceranno entrare più di un centinaio di persone e sarà accessibile
da due varchi, uno riservato per le persone che hanno
titolo e interesse processuale e per i giornalisti e l'altro destinato
al pubblico. Sarà invece vietato l'ingresso di macchine
fotografiche e telecamere. Ieri sera è stato raggiunto una sorta di
accordo tra no global e Digos: se il turn-over potrà avvenire
in condizioni di tranquillità, sarà concesso ai manifestanti di
avvicendarsi in aula ogni tre quarti d'ora. E da Venezia è arrivata
una sorta di appello alla non violenza da parte del leader di
Rifondazione Comunista Fausto Bertinotti. «Per riattualizzare
l'idea del comunismo - ha detto - bisogna passare attraverso una riforma
della politica, come quella dell'azione non violenta».
Marco Menduni
01/03/2004
CINQUE LIGURI ALLA SBARRA Imputato a Genova, decorato in Bosnia
GenovaCinque i genovesi, tra i 26 manifestanti alla sbarra. Massimiliano
Monai, l'"uomo della trave", ed Eurialo Prendonzani,
sono tra gli assalitori della jeep dei carabinieri in piazza Alimonda:
l'episodio in cui morì Carlo Giuliani. Con loro c'era il barista
pavese Luca Finotti. Paolo Dammicco, incensurato, ha ammesso: era
presente al saccheggio del supermercato Dì per Dì di
piazza Giusti: «Sono entrato nel supermercato e ho riempito il sacchetto
con due bottiglie di vino e un trancio di prosciutto».
Antonio Fiandra, nome conosciuto alle forze dell'ordine per vecchie
vicende di criminalità comune, ha quasi sessant'anni: è
stato fotografato mentre lanciava pietre contro i carabinieri in via
Invrea. Paolo Putzolu lavora per la Culmv. Per l'accusa ha
scagliato un estintore contro i carabinieri: un militare ha parato il
colpo con lo scudo.
Inquisiti per gli incidenti più gravi Vincenzo Vecchi e Marina Cugnaschi
(gli "anarco-insurrezionalisti"), entrambi milanesi.
Carlo Arculeo e Antonio Valguarnera, siciliani, erano stati indicati
come attivisti e "staffette" dei violenti durante gli scontri.
Arculeo dopo il G8 partì volontario per la Bosnia e fu decorato dalla Nato.
M. Men.
01/03/2004
Il convegno I legali: contestati reati abnormi
«Dobbiamo avere il coraggio di stare affianco a quei 26 ragazzi sino
alla fine: insieme a loro, sul banco degli imputati, ci sarà
anche Carlo». Un lungo applauso rompe il silenzio carico di commozione.
Le parole scandite da Haidi Giuliani al termine del
convegno no global, ieri alla sala Cambiaso, risuonano come il
"manifesto" del movimento in vista del processo di domani a
ventisei manifestanti del G8. Il comitato Verità e Giustizia ha riunito
alla sala Cambiaso giuristi ed esperti del movimento per
esaminare le implicazioni tecniche e politiche del processo ai no global
accusati di devastazione e saccheggio.
«È l'ultima occasione per affrontare in sede giudiziaria le
responsabilità relative alla gestione dell'ordine pubblico», dice
Emanuele Tambuscio, relatore al convegno e difensore di Antonio Fiandra,
uno dei 26 alla sbarra. «Temo però - ha aggiunto
il legale del Gsf - che non ci sia la volontà né politica né della
Procura di andare oltre i semplici episodi dei singoli imputati».
Sui quali incombe la pesante accusa di devastazione e saccheggio: «Un
reato (articolo 419 del codice penale) che prevede da
otto a quindici anni di reclusione e che è stato applicato di rado nella
storia del nostro ordinamento», ricorda Riccardo
Passeggi, difensore dei no global per i fatti delle scuola Diaz e della
caserma di Bolzaneto.
«L'impostazione del processo è preoccupante, il reato indicato abnorme»,
attacca Lorenzo Guadagnucci, moderatore del
dibattito di ieri nella sede della circoscrizione Centro Est: «Sono uno
dei feriti della Diaz, ho visto i poliziotti manganellare e
spaccare teste, e sono certo che nessuno di loro rischia una condanna a
otto anni».
«La devastazione e il saccheggio - spiega Passeggi - sono una forma
ampliata dei reati di danneggiamento e furto, che si
concretizza quando chi devasta e saccheggia sa di mettere a rischio
l'ordine pubblico». Conclusa la disamina giuridica, il legale
suggerisce anche una linea difensiva: «Se gli accusati hanno reagito a
una carica ingiustificata delle forze dell'ordine, non si può
parlare di devastazione e saccheggio ma di semplice resistenza. Perché,
forse, mancava tra i manifestanti la consapevolezza di
mettere a repentaglio con i propri comportamenti la sicurezza dei
cittadini».
Tambuscio ha ripercorso le fasi salienti dell'inchiesta costellata, a
suo dire, di "zone d'ombra". «L'indagine nasce zoppa -
afferma l'avvocato di Fiandra - Ai manifestanti si è risaliti senza
problemi grazie alle foto e alle riprese tv. Impossibile, invece,
identificare gli agenti e i carabinieri protagonisti delle cariche in
piazza Manin o corso Italia, perché indossavano caschi e
maschere antigas. Così le denunce presentate da centinaia di cittadini
feriti dalle forze dell'ordine resteranno inevase». E
ancora: «Nessuno ha mai chiesto ai responsabili dell'ordine pubblico
perché ordinarono l'intervento contro il corteo
autorizzato in via Tolemaide». Carlo Gubitosa, autore del libro "Genova
nome per nome", ha invocato chiarezza su due punti:
«Innazitutto le contradditorie dichiarazioni di Alfonso Sabella,
responsabile della caserma di Bolzaneto nel luglio 2001». Poi il
finto accoltellamento dell'agente Nucera: «Non si è inventato tutto da
solo».
Enzo Galiano
01/03/2004
Blindata tutta l'area del tribunale
IL CASO G8 Domani comincia il processo ai 26 no global accusati di
saccheggi e devastazione. La mappa dei divieti
Niente auto a Piccapietra. Il percorso del corteo
Non è la "zona rossa" del 2001. Niente grate né pass. Però domani
mattina il centro di Genova sarà ancora una volta
blindato. Inizia il processo ai ventisei no global accusati di
devastazione e di saccheggio nei giorni del G8 e cresce la tensione.
Così ieri il questore Oscar Fioriolli e l'amministrazione comunale hanno
varato le rispettive ordinanze, a tutela della sicurezza
pubblica.
La prima udienza inizierà, come di rito, alle nove. Palazzo di
giustizia, per disposizione del presidente del tribunale, aprirà i
battenti alle otto in punto. Pesanti le limitazioni al traffico. Saranno
infatti chiuse via delle Casaccie e il relativo tunnel che sbuca
in pieno centro; sbarrata via Vernazza fino all'innesto con piazza De
Ferrari. Inibite al passaggio di ogni mezzo via
Pammatone, piazza Portoria e via Bosco: in pratica, tutto il perimetro
del "palazzaccio" di Piccapietra. Ancora: transenne e
divieto di circolazione in largo e via Dodici Ottobre. Il traffico nella
direzione da Corvetto verso via Venti Settembre potrà
riprendere già nelle prime ore della mattinata se i funzionari che
gestiscono l'ordine pubblico riterranno siano cessate le
esigenze di sicurezza.
Attenzione: nelle stesse vie, dalle 20 di questa sera, scatterà anche il
divieto di parcheggio. I mezzi posteggiati saranno rimossi,
anche e soprattutto per motivi di sicurezza. Non ci saranno problemi per
chi transiterà a piedi: è prevista, però,
un'intensificazione dei controlli sui documenti.
La polizia presidierà il tribunale e sorveglierà, con discrezione, lo
svolgimento del corteo che partirà dalla scuola Diaz
(appuntamento alle 8,30), toccherà piazza Alimonda per giungere passando
da piazza Tommaseo, corso Buenos Ayres, via
Cadorna e via venti Settembre, alle porte dell'aula delle udienze. Aula
che non sarà interdetta ai manifestanti. Ieri sera è stato
raggiunto un accordo tra la Digos e i rappresentanti genovesi del
"movimento": Sarà possibile ai no-global di avvicendarsi tra il
pubblico nell'aula di udienza a gruppi di circa cento persone per volta,
ogni mezz'ora-tre quarti d'ora.
Le forze dell'ordine schierano sul campo circa settecento uomini. La
stima sull'arrivo dei manifestanti ne fissa il numero tra i
millecinquecento e i duemila.
Ieri il vicepresidente della Regione Gianni Plinio ha chiesto di nuovo
di vietare il corteo no-global o, almeno, di modificarne
l'itinerario deviandolo fuori dal centro cittadino: «Ho raccolto -
spiega Plinio - l'allarme di categorie professionali e
commerciali, ma anche dei residenti, che si troveranno ancora una volta
alle prese con pesanti limitazioni e disagi».
Marco Menduni
01/03/2004