23.05.04
Secolo xix: attacco di Fini. Le toghe 'ribelliamoci'
Inusuale attacco di Fini alla procura di Genova che ha messo sotto accusa
piu' poliziotti che black bloc
La rabbia delle toghe: ribelliamoci
Fabio Trimboli
ROMA «Il comportamento di alcuni magistrati grida vendetta, vedi il caso
di Genova dove vengono rinviati a giudizio piu' poliziotti e carabinieri
che black-bloc e terroristi in erba». Ha parlato fuori dai denti,
Gianfranco Fini. E non e' un caso che abbia parlato proprio nel giorno in
cui 200 magistrati italiani si sono riuniti nel Palazzo della Cassazione
per dibattere dello sciopero indetto per martedi' il secondo in due anni
contro il progetto governativo di riforma della magistratura. Uno
sciopero, rincara la dose il ministro di An Gasparri dal sapore
chiaramente politico». Il vicepremier Fini non si era spinto tanto in la' .
Gli era bastato un accenno a quei «magistrati piu' politicizzati»
dimentichi del fatto che «accanto al diritto di essere autonomi c'e' il
dovere di essere e apparire imparziali». Ovviamente, le toghe respingono
ogni addebito. «I giudici non sono contabili», dice infatti il presidente
dell'Anm, Edmondo Bruti Liberati. Secondo il quale se la magistratura
genovese, dopo le violenze del G8, ha indagato pochi blac-block solo
perche' gli altri «non si e' riusciti a individuarli». La replica di Fini
non lascia spazio al dubbio: «Beh, se uno crede alle favole...». Anche il
segretario dell'Anm Carlo Fucci interviene per ricordare a Fini che
«secondo correttezza istituzionale la valutazione della fondatezza di
un'ipotesi accusatoria non spetta ai politici ma, sino a quando avremo la
Costituzione repubblicana, a giudici terzi e indipendenti». Nel discorso
si inserisce il bertinottiano Paolo Ferrero che avanza un sospetto: «Fini
si lamenta dei molti rinvii a giudizio tra le forze dell'ordine per i
fatti di Genova. Fini pensa forse che le torture siano da condannare se
fatte in Irak e non se fatte a Genova? Forse il suo imbarazzo nasce
dall'essere corresponsabile dei comportamenti delle forze dell'ordine
durante il G8 di Genova?». Ma la polemica e' ormai datata. A tener banco e'
soprattutto la richieste del ministro della Giustizia, Castelli, della
lista dei nomi di tutti i magistrati che, martedi', si asterranno dal
lavoro. Richiesta che Bruti Liberati si limita a definire «inelegante». Ma
che il centrosinistra accoglie con ben altre parole. Il Pdci Diliberto la
definisce «aberrante» e da' del «fascista» al ministro. Di Pietro parla di
«lista di proscrizione», che pero' «non fa paura a nessuno». Mentre il
verde Pecoraro Scanio la mette, per cosi' dire, in metafora: «Castelli
vuole ammanettare i magistrati». E percio' minaccia una denuncia al
Tribunale dei ministri. Ma i magistrati vanno avanti. E vanno avanti sia
perche' convinti che la riforma (che pure metterebbe il nostro ordinamento
giudiziario al rango di quelli europei) limiterebbe la loro autonomia, sia
perche' ormai stufi delle molte disfunzioni. A dar voce alla prima istanza
e' stato ieri il presidente del Tribunale di Roma, Luigi Scotti. Che ha
esordito cosi' «Non ne posso piu', ribelliamoci... Si vogliono trasformare
i magistrati in impiegati asserviti al padrone». Rabbia per una riforma
che li umilia, e che ridurra' la loro indipendenza, oltre a peggiorare le
gia' precarie condizioni della giustizia, ma insieme la speranza che la
battaglia si possa ancora vincere. Sono i sentimenti che hanno animato in
Cassazione l'assemblea dei magistrati, il primo appuntamento di
mobilitazione organizzato dall'Anm contro la riforma dell'ordinamento
giudiziario.
(domenica 23 maggio 2004)