02.06.07
Repubblica, Secolo xix e Unita' su udienza Placanica
Repubblica Genova
Deposizione al processo per le devastazioni. Con una nuova, poco chiara,
versione dei fatti di piazza Alimonda
G8, le amnesie di Placanica
Per la prima volta in aula il carabiniere che sparò a Giuliani
"Non mi sono accorto che un ragazzo era morto, perché altrimenti sarei
rimasto lì, non me ne sarei certo andato"
Tra il pubblico la moglie segue l´udienza. Poi rivela: "Mio marito non può
dire tutto perché ha paura"
MASSIMO CALANDRI
RISPONDENDO per la prima volta in aula alle domande su quel tragico
pomeriggio in piazza Alimonda, Mario Placanica è caduto ieri mattina in
alcune piccole ma inquietanti contraddizioni. Al termine dell´udienza il
padre di Carlo Giuliani ha confessato la sua delusione: sperava in
maggiori contestazioni da parte di giudici e avvocati. Ma quella di ieri
era una fase del processo per la «devastazione» e il «saccheggio» di
Genova durante il G8. Impossibile fare chiarezza, spazzare via i dubbi
sull´omicidio del ragazzo con l´estintore. Del resto, il fascicolo è giÃ
stato archiviato da tempo: fu legittima difesa ed uso legittimo delle
armi, difficilmente da Bruxelles - dove la Corte Europea dei diritti
dell´uomo ha aperto un procedimento - arriveranno novità sostanziali. E
però lasciano un senso di smarrimento le parole della moglie dell´ex
carabiniere, che mischiata tra il pubblico guarda con comprensibile
emozione il marito che testimonia e spiega: «Non può dire tutto. Ha paura».
Questa volta Placanica ha raccontato che sparò verso l´esterno del
Defender senza vedere nulla, accecato dai gas respirato fino a qualche
istante prima e dalla paura. Esplose due colpi, probabilmente verso
l´alto, stringendo a sé per proteggerlo l´altro carabiniere che era con
lui sulla camionetta. «Potevo essere linciato, potevano tirarci addosso
una molotov, impadronirsi delle nostre armi». Non poteva scorgere la sua
stessa pistola, non si accorse di nulla. Solo in ospedale gli dissero che
un ragazzo era morto. «Perché altrimenti sarei rimasto lì, non me ne sarei
mai andato. Invece fecero tutto loro», dice. Loro, i carabinieri.
«Consegnai la pistola, non mi dissero più nulla. Solo più tardi, al San
Martino, mi fecero firmare. E lasciai l´ospedale, per essere interrogato
dal magistrato a Forte San Giuliano». Forse se la polizia fosse
intervenuta, invece di lasciare la camionetta in balìa dei contestatori,
non sarebbe accaduto nulla di grave. Forse. «Secondo me potevano salvarci,
ma non mossero un dito».
Il carabiniere che uccise Carlo Giuliani ha da tempo lasciato l´Arma. E´
disoccupato, vive con una pensione di ottocento euro al mese. Il primo
maggio nella cassetta delle lettere ha trovato una missiva firmata Bierre.
E´ la moglie, Sveva Mancuso, che un anno e mezzo fa gli ha dato un figlio,
a raccontare: «Nei giorni precedenti erano comparse delle minacce di morte
sui muti vicino a casa, firmate "Brigata 20 luglio". Poi la lettera:
"Mario Placanica morte. Bagnasco al rogo. Solidarietà con i compagni. Viva
Carlo Giuliani". E una stella a cinque punte con la sigla delle Brigate
Rosse». La donna spiega che il marito non riesce più a trovare lavoro.
«Hanno tutti paura ad aiutarlo. E´ Mario Placanica, nessuno vuole stargli
vicino. Qualche settimana fa doveva ricominciare in un autonoleggio, poi
il titolare si è fatto da parte. Niente da fare». Un quotidiano ed un
partito avevano organizzato una raccolta di fondi per lui. «Hanno raccolto
quasi quattrocentomila euro. Se ne sono andati con l´avvocato e i periti.
Ci sono rimasti cinquantamila euro, finiti presto. Lo avevano imbottito di
psicofarmaci, finalmente si è disintossicato. Ma ha paura, abbiamo paura».
Se potesse tornare indietro? «Mio marito non è pentito, ha fatto quello
che doveva fare. Non ha colpe. Ma continua a pagare, pagherà per sempre».
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Secolo XIX
Placanica: «Non trovo lavorovivo con 800 euro al mese»
processo g8
L'ex carabiniere racconta la sua verità in tribunale.
La moglie: «Ci hanno minacciato. Bagnasco
ha la scorta, noi no...»
02/06/2007
Genova. Ha testimoniato a sorpresa Mario Placanica, il carabiniere in
congedo, accusato e poi prosciolto per l'uccisione di Carlo Giuliani,
vittima del G8 genovese. Dopo sei anni ha deciso di parlare: «Ora che è
passato tanto tempo e le forti emezioni si sono attutite, ho voluto
testimoniare per dimostrare che non ho nulla da nascondere», ha detto in
aula con tono rassegnato. Per due ore ha risposto alle domande del pm
Andrea Canciani nel processo per le violenze di strada di cui sono
imputati 25 no global. «Non ho mai capito perché, quando il "defender" sul
quale mi trovavo è rimasto bloccato, i colleghi non ci hanno soccorso: si
sono allontanati per evitare i lacrimogeni - ha detto Placanica lanciando
le sue accuse - Io stavo male, vomitavo, ero allucinato: ero rimasto
intossicato da un lacrimogeno che avevo tirato poco prima ed avevo
respirato quel gas. Quando il "defender" si è fermato, avrò avuto quaranta
dimostranti intorno. Ad un certo punto un oggetto mi ha colpito in testa:
una pietra o forse la trave che era stata infilata dal finestrino.
Sanguinavo, non riuscivo a respirare. Ho urlato "andatevene, andatevene"
poi mi è arrivato sulle gambe un pesante estintore: per difendermi ho
estratto la pistola e ho sparato due colpi verso l'alto. Ho saputo di aver
colpito un manifestante soltanto la sera: nessuno mi aveva detto nulla. Se
avessi saputo non sarei andato all'ospedale mi sarei fermato lì per
capire, per rendermi conto...». Mentre Mario Placanica parla, la moglie
Sveva che è tra il pubblico non perde battuta: ogni tanto apre il
telefonino e guarda nel display la foto del loro bambino di 18 mesi, quasi
per distrarre la mente da quei terribili fatti. Lui intanto racconta che
era stato congedato dall'Arma nel 2005: da allora prende una pensione di
invalidità di 800 euro al mese. «Sono disoccupato - spiega Placanica -
perché nessuno mi vuole assumere temendo che io possa ancora essere al
centro di minacce e tensioni. Dovevo iniziare un lavoro in un autonoleggio
: ma il primo maggio ho trovato nella posta una lettere di minacce firmata
"Brigate rosse". Così anche quel posto è saltato. La moglie, fuori
dall'aula, racconta le difficoltà con cui sono costretti a vivere.
«L'Arma? Non abbiamo quasi mai contatti. Hanno dato la scorta a Bagnasco,
ma a mio martito no».
Sul sito web del Secolo XIX è possibile ascoltare l'intero interrogatorio
di Mario Placanica.
Elisabetta Vassallo
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L'UnitÃ
G8 Genova, prima deposizione di Placanica
Gaia Rau
«Voglio far vedere che non scappo, che non ho niente da nascondere». Per
la prima volta, Mario Placanica ha accettato di deporre in aula, e di
ricostruire quanto accadde il 20 luglio 2001 durante gli scontri del G8 di
Genova a piazza Alimonda, dove rimase ucciso Carlo Giuliani.
Il carabiniere, ora in congedo, accusato dell'omicidio di Carlo, era stato
prosciolto dal Gip per «uso legittimo delle armi». Placanica non ha
parlato dunque da imputato, ma da testimone, nel corso del processo a
carico dei 25 no global accusati di devastazione e saccheggio durante il
G8. Lo ha fatto davanti al padre di Carlo, Giuliano Giuliani, anche lui
presente in aula, rispondendo alle domande di Ezio Menzione, legale di uno
degli imputati, che ha richiesto la sua deposizione.
Nella sua ricostruzione, l’ex carabiniere ha affermato di essere stato
ferito alla testa mentre si trovava sul Defender, il mezzo dei
Carabinieri, incastrato da un cassonetto in piazza Alimonda. A quel punto,
avrebbe intimato ai manifestanti di andarsene, e avrebbe poi sparato due
colpi verso l’alto, senza rendersi conto di aver colpito qualcuno.
Soltanto dopo, in ospedale, gli sarebbe stata comunicata la notizia della
morte del giovane.
Secondo Giuliano Giuliani la ricostruzione del carabiniere sarebbe del
tutto inattendibile. «Placanica ha sostenuto di aver sparato in aria, e
proprio questo avrebbe dell’incredibile», spiega Giuliani, perché «c’è un
fotogramma che dimostra chiaramente che gli spari sono stati fatti ad
altezza d’uomo, più o meno a un metro e 45 centimetri da terra, con la
pistola orizzontale al terreno». Del resto, conferma Menzione, «quando gli
è stata mostrata l'immagine del braccio protratto in avanti, Placanica non
è stato più capace di replicare, ed è rimasto zitto».
Per Giuliani, si tratterebbe di un’operazione di «contraffazione della
realtà orchestrata dai consulenti del Pm», per nascondere il fatto che, a
uccidere Carlo, non fu un proiettile d’ordinanza, un calibro 9 parabellum,
ma un proiettile speciale, truccato in modo tale da avere un effetto dum
dum. «Per rendere credibile la cosa hanno detto addirittura che il
proiettile ha incontrato un sasso in aria, per giustificare la sua
scamiciatura prima che colpisse Carlo. Un fatto che ha del ridicolo». Ora,
continua Giuliani, poiché «un ausiliario con soli sei mesi di servizio non
usa un proiettile speciale, questo ci porta a pensare che sia stata
un’altra persona a sparare».
Placanica ha anche sostenuto che quel giorno, in piazza Alimonda,
Carabinieri e Polizia «sarebbero potuti intervenire per liberare il
Defender dall’assedio dei manifestanti». Sarebbe questo, per l’avvocato
Menzione, il secondo punto importante della ricostruzione: «Placanica non
l’aveva mai messo a verbale fino ad ora. Il fatto che le forze dell’ordine
presenti in piazza potevano rendere evitabile la tragedia, e non l’hanno
fatto, getta una luce inquietante sull’intera vicenda».