25.10.07
Repubblica GenovaCasarini: "Tutti a Genova, saremo in trecentomila"
Repubblica Genova
Dopo le richieste dei giudici contro i manifestanti, la risposta dei
movimenti: in piazza il 17 novembre
G8, il ritorno dei no global
Casarini: "Tutti a Genova, saremo in trecentomila"
«Tutti in piazza il 17 novembre a Genova per riprenderci la piazza e il
diritto di manifestare»: è l´appello lanciato ieri da Luca Casarini,
leader dei Disobbedienti, in risposta ai 225 anni di condanne chiesti ieri
dai pm Anna Canepa e Andrea Canciani nei confronti di 25 no global
imputati di devastazione e saccheggio. «Alla manifestazione - spiega
Casarini - chiediamo la partecipazione di tutte le 300.000 persone che
erano scese in piazza nel 2001». In prima linea ad appoggiare la
manifestazione don Andrea Gallo, che ha ospitato la conferenza stampa di
Casarini nella sede della Comunità di San Benedetto. «C´ero anch´io, e
anch´io avrei reagito se non fossi stato accecato dai lacrimogeni. Mi
autodenuncio, venitemi a prendere».
G8, i disobbedienti tornano in piazza
Genova, la protesta lo stesso giorno della manifestazione di Forza Italia
L´iniziativa contro i pm del processo Scontro sulla commissione d´inchiesta
MASSIMO CALANDRI
GENOVA - Ancora in piazza, come sei anni fa. I Disobbedienti vogliono
tornare, ed invitano i trecentomila e passa no-global di allora. Per
«ristabilire la verità » di quel G8. Per protestare contro un processo
«politico» ed una richiesta di condanna - 225 anni di carcere ai 25
no-global accusati di aver devastato e saccheggiato la città di Genova -
che definiscono «vergognosa e fascista». Il giorno dopo la requisitoria
dei pm Anna Canepa ed Andrea Canciani, Luca Casarini lancia un appello:
«Ci vediamo tutti a Genova il 17 novembre». Lo stesso sabato della
protesta organizzata a Roma da Silvio Berlusconi. Il leader delle Tute
Bianche chiede aiuto al presidente della Camera dei Deputati, Fausto
Bertinotti: «Deve garantirci l´agibilità dei treni, il diritto di
manifestare liberamente in città . Saremo tanti. Gli stessi del 2001, e
forse di più». Alla chiamata di Casarini si unisce entusiasta don Andrea
Gallo, prete genovese di frontiera. Che tanto per cominciare, si
autodenuncia. «Arrestatemi. Processatemi. Sono colpevole come quei 25
ragazzi che durante il G8 si sono difesi dalla violenza della polizia, e
che adesso rischiano più di due secoli di galera. Se avessi potuto, avrei
resistito anche io come loro. Quello con la trave non ha colpito nessuno,
e gli rifilano 9 anni di prigione: roba che mi viene voglia di uscire in
strada con un bastone in pugno».
Casarini definisce provocatoriamente «terroristi» i due pubblici ministeri
della Procura genovese: «Perché con quella richiesta di pena terrorizzano
chi vorrebbe cambiare questo mondo malato. Il messaggio che passa è
questo: chi intende manifestare in piazza - per Vicenza o per la Val di
Susa, tanto per fare qualche esempio - si becca vent´anni di prigione».
Secondo i Disobbedienti, la ricostruzione dei magistrati ha stravolto la
storia dei disordini del 2001. Che sarebbero stati scientemente provocati
dalle forze dell´ordine. «Adesso hanno deciso di scaricare i loro fucili
su 25 persone, sperando così di annichilirci. Di zittirci. Di
distruggerci, mentre i poliziotti che hanno massacrato degli innocenti se
la caveranno con la prescrizione. Ma ci sentiamo tutti imputati, tutti i
trecentomila che in quei giorni di luglio manifestavano per cambiare il
mondo. Risponderemo tornando in piazza».
E sulla commissione sul G8, ora è scontro. In commissione Giustizia il
deputato dell´Italia dei Valori, Federico Palomba, ha votato contro il
testo predisposto sull´istituzione della commissione d´inchiesta per i
fatti di Genova. Il parere negativo, pronunciato insieme a quello
dell´opposizione, non è però bastato: il provvedimento è passato con il
voto favorevole di tutto il centrosinistra, compreso l´Udeur. E però le
perplessità restano. Il primo a sollevarle era stato il sottosegretario
alla Giustizia, Luigi Li Gotti (Idv), chiedendo a nome del governo la
riformulazione del parere della commissione. Li Gotti, prima di essere
eletto, era stato uno dei principali difensori dei super-poliziotti
imputati per l´irruzione nella scuola Diaz.
L´ex procuratore capo Meloni: "Abbiamo incontrato enormi difficoltà per le
identificazioni"
Pericu, un G8 che non finisce mai "Paghino tutti, anche la polizia"
la legge Per chi è stato individuato come black bloc deve essere applicata
la legge, così come agli agenti che sono usciti dal loro ruolo
i magistrati Non faccio alcuna valutazione sulle richieste dei pubblici
ministeri, che stimo come ottimi magistrati
WANDA VALLI
E´ stato il sindaco di quei cupi giorni di luglio del 2001, Beppe Pericu,
un sindaco che si vedeva in giro per le strade e le piazze assalite dai
black bloc, che tentò fino all´ultimo una mediazione con i manifestanti.
Per evitare quello che poi accadde, la morte di un ragazzo di vent´anni,
Carlo Giuliani, ammazzato in piazza Alimonda. Adesso Beppe Pericu è
tornato al suo lavoro di docente di diritto e avvocato, non vorrebbe più
tornare con la memoria a un passato che rimane. Non solo nei ricordi.
Perché in tribunale c´è un processo aperto per devastazione e saccheggio
della città e un altro, sulla "macelleria alla Diaz" come l´ha definita
l´alto funzionario di polizia, Michelangelo Fournier. A palazzo di
Giustizia, fortino assediato, dagli avvenimenti che incalzano e diventano
ogni giorno più tragici, nel luglio del 2001, il capo della Procura è
Francesco Meloni, magistrato di grande esperienza. Lui ha seguito, come
procuratore aggiunto, gli anni di piombo di Genova, le storie di Br e
terrorismo, diventerà , nel G8, la guida sicura dei suoi pm, un capo di
grande diplomazia, pronto, però, a rispondere tono su tono, a un
interlocutore che si chiama Francesco Cossiga. Con cui intreccia un duello
verbale a distanza. Beppe Pericu e Francesco Meloni, sono due dei
protagonisti pubblici di eventi lontani ma ancora vivissimi nella memoria
della città , di tutto il mondo che, nel luglio 2001, piomba su Genova, con
Tv e giornali, per raccontare, la storia di un summit dei grandi della
Terra, macchiato da vicende drammatiche: dalla morte di Carlo al pestaggio
di 93 manifestanti prima alla scuola alla Diaz, dopo nella caserma di
Bolzaneto. Storie che, ora, sono nelle aule del tribunale. L´accusa, al
processo contro 25 persone considerate black bloc, ha chiesto quasi 225
anni di carcere per il saccheggio e la devastazione della città . Che ne
pensa il professor Pericu? Dice poche parole, come suo costume. Parla da
avvocato: «non faccio valutazioni sulle richieste dei pubblici ministeri,
che stimo come ottimi magistrati». E, però, una richiesta di condanna così
alta fa discutere, innesca polemiche che l´ex sindaco non intende
alimentare. A lui sta a cuore la verità , a lui sta a cuore che chi è
colpevole venga punito. Afferma: «Per chi è stato individuato come black
bloc, deve essere applicata la legge, così come gli agenti di polizia che
sono usciti dal loro ruolo e dal loro compito, devono pagare fino in
fondo, per le violenze e i pestaggi su persone inermi». Francesco Meloni
segue quanto sta accadendo nel "suo" palazzo di Giustizia, da magistrato
protagonista, nel 2001, del coordinamento delle indagini, segue i processi
«con l´unico stato d´animo possibile», spiega. E aggiunge:« mi auguro che
la verità venga fuori al meglio, con la massima chiarezza». Sa che sono
state inchieste difficili, Francesco Meloni, «abbiamo incontrato enormi
difficoltà soprattutto per l´identificazione dei manifestanti, degli
agenti di polizia. Credo esistano ancora, quelle difficoltà ». E se al
sindaco di allora, sono rimaste negli occhi «tutte le immagini della cittÃ
divisa, assalita», Francesco Meloni ricorda, per la prima volta, che cosa
accadde, che cosa fece lui, il 20 luglio. Quando morì Carlo Giuliani. Il
procuratore capo, quel pomeriggio, è nel suo ufficio al nono piano di
Palazzo di Giustizia, sta seguendo le riprese trasmesse in diretta dalle
tv. Riceve una telefonata, lo informano che è successo qualcosa di molto
grave, vicino a corso Torino. Francesco Meloni lascia subito il suo studio
e arriva per primo in piazza Alimonda dove, steso a terra, c´è il corpo di
Carlo. «Con me c´era il pm Silvio Franz, ci siamo subito avvicinati al
corpo di Giuliani, lo avevano già coperto, noi cercammo di farlo spostare
subito da lì, di portarlo a San Martino, ma non era possibile, le strade
erano bloccate, la tensione ancora altissima. Così telefonai all´ospedale
"Galliera", mi risposero che erano a disposizione per eseguire subito
l´autopsia, con un´altra telefonata chiesi al professor Marcello Canale se
poteva spostarsi dall´Università all´altro ospedale. E così accadde». In
quei giorni a Genova c´è l´allora presidente della Repubblica, Carlo
Azeglio Ciampi. Il capo dello Stato chiede al procuratore di essere
«costantemente informato di tutto quello che stava accadendo». E adesso,
sei anni dopo, si aspetta la verità . Con «quei giorni cupi e bui», come li
definisce il procuratore, dentro il cuore.
Don Gallo: "Chiedono nove anni per Monai, se le cose stanno così stavolta
scendo in strada io con il bastone"
IL LEADER
IL PRETE
Casarini: "Torniamo tutti a Genova"
In piazza sabato 17 novembre: "Saremo più di sei anni fa"
MASSIMO CALANDRI
L´APPUNTAMENTO è per sabato 17 novembre. A Genova. Luca Casarini giura che
saranno moltissimi. Trecentomila, almeno. «Tutti quelli di sei anni fa, e
magari qualcuno di più». I Disobbedienti lanciano un appello contro la
dura requisitoria dei pm Anna Canepa e Andrea Canciani, culminata con la
richiesta di 225 anni di carcere per i 25 no-global coinvolti nella
guerriglia urbana del luglio 2001. Torniamo insieme nel capoluogo ligure.
Riappropriamoci della storia. Di quel G8. «Perché il tribunale di Genova
martedì ha voluto annichilirci. Distruggerci. Mandarci un segnale
fascista: "Chi vuole cambiare il mondo e scendere in piazza per
protestare, rischia di farsi vent´anni di prigione". E allora noi
scendiamo in piazza. Comunque, senza paura. Per rispondere a queste tesi
vergognose».
Il leader delle Tute Bianche è ospite della Comunità di san Benedetto, e
don Andrea Gallo è al suo fianco. Il prete torna sulle conclusioni in aula
dei pubblici ministeri, ironizza. «Potevano chiedere l´ergastolo, meglio:
la pena di morte». Poi fa sul serio. «Allora io mi auto-denuncio.
Arrestatemi. Processatemi. Perché sono uno di quei 25. Perché se avessi
potuto, quel giorno anche io avrei resistito alle forze di polizia. Ma non
ce l´ho fatta: ero accecato dai gas lacrimogeni. Però mi sento
responsabile come loro». Parla di Massimiliano Monai, quello che in piazza
Alimonda sfonda il finestrino del Defender con una trave. «Belin, non ha
colpito nessuno e gli vogliono cioccare nove anni. Ma se le cose stanno
così, ci scendo io in strada con il bastone in pugno». Sconfessa la
ricostruzione della Procura, e ritorna sulla guerriglia urbana di sei anni
fa. «Una città militarizzata. L´umiliazione del porto chiuso. E poi due
giorni di caccia all´uomo, l´epilogo in via Diaz. Episodi di squadrismo di
Stato. Torture. I colpevoli dove sono finiti? Tutti promossi».
Il 17 novembre, a Roma, Silvio Berlusconi guiderà con i gazebo di Forza
Italia la protesta per «sfrattare» il governo. A Genova invece sfileranno
i no-global. Quelli che questo mondo lo vogliono cambiare, come dice
Casarini. «La richiesta dei pubblici ministeri è vergognosa e fascista.
Sono dei terroristi - provoca - , nel senso che vogliono terrorizzare la
gente ed impedire loro il diritto al dissenso sociale. ma non ci
fermeranno, non avranno il nostro silenzio». Il Disobbediente si rivolge
direttamente a Fausto Bertinotti, presidente della Camera dei Deputati.
«Ci deve garantire l´agibilità dei treni e la possibilità di manifestare
in questa città ». Tutto è cominciato a Genova. E qui deve continuare.
«Genova ci ha cambiato. Abbiamo il dovere di impedire lo stravolgimento
della storia. Quegli stessi tribunali che prescriveranno le condanne dei
massacratori della Diaz, hanno deciso di scaricare i loro fucili su quei
25. Ma hanno fatto male i conti. Perché siamo tutti imputati. Tutti quei
trecentomila e passa che parteciparono alle manifestazioni. E´ per questo
che torneremo in piazza».
L´iniziativa parte dal comitato "Noi di via Tolemaide", ma l´invito a
partecipare - come ribadiscono Domenico Chionetti e Matteo Jade - è
rivolto a tutti quelli che hanno «sete» e «rabbia» di verità e giustizia.
Sul G8 intanto si è spaccata la maggioranza, perché in Commissione
Giustizia il deputato dell´Italia dei Valori - Federico Palomba - ha
votato contro il centro sinistra, insieme all´opposizione. Il testo
sull´istituzione di una commissione d´inchiesta è però passato comunque,
anche se ufficialmente restano polemiche e perplessità . Il primo ad
esprimerle, a nome del governo, era stato il sottosegretario alla
giustizia Luigi Li Gotti (anche lui Idv), soffermandosi in particolare
sull´impossibilità di opporre alle richieste della prossima commissione il
segreto professionale. Vale la pena di ricordare che proprio Li Gotti,
prima di essere eletto, era stato il più noto tra i difensori dei
super-poliziotti imputati per il sanguinario assalto alla scuola Diaz.