15.07.08
Repubblica Genova G8, lo schiaffo di Bolzaneto
Ieri sera alle 21.50, dopo quasi 12 ore di camera di consiglio, il
presidente ha letto il dispositivo che ridimensiona le accuse
G8, lo schiaffo di Bolzaneto
Il sindaco: "Ma quelle 15 condanne dicono che Genova ha fatto giustizia"
Quel carcere tenuto nascosto che inghiotti' i manifestanti
Per ventiquattr´ore colloqui vietati con i legali
Per i fermati erano previste detenzioni brevissime, alcuni rimasero nella
caserma per piu' di un giorno
MASSIMO CALANDRI
CARCERE «provvisorio» o matricola «volante»: la sede del VI Reparto
Mobile, a Bolzaneto, avrebbe dovuto ospitare non piu' di centocinquanta tra
arrestati e fermati. Per un paio d´ore al massimo. In realta' i prigionieri
furono quasi il doppio. Ed alcuni di loro rimasero la' dentro per 35 ore
filate, privati dei più elementari diritti. Il 5 luglio 2001, il questore
Francesco Colucci - che sei anni piu' tardi verra' accusato di aver
testimoniato il falso durante il processo Diaz, su istigazione dell´allora
capo della polizia Gianni De Gennaro - firmo' il provvedimento con cui
veniva messa a disposizione dell´Amministrazione penitenziaria la caserma
"Nino Bixio". La nota numero 2977 fu tenuta debitamente riservata, gli
avvocati del Genoa Legal Forum scoprirono la verita' solo all´ultimo.
Perche' Bolzaneto? Perche' erano state bocciate in partenza le due prigioni
genovesi - Marassi, Pontedecimo - , sovraffollate e possibile obiettivo
dei contestatori. Dunque, i detenuti sarebbero stati accompagnati lontano
dal capoluogo ligure: nelle galere di Voghera, Alessandria, Pavia e
Vercelli. Era però indispensabile individuare dei carceri "provvisori",
dove identificarli ed immatricolarli prima di trasferirli - il piu' in
fretta possibile - lontano dal capoluogo ligure. E dunque: Bolzaneto e
Forte San Giuliano, sede del Comando provinciale dell´Arma. Nella prima
struttura dovevano essere indirizzate le perone prese da poliziotti e
finanzieri, nella seconda quelle catturate dai carabinieri. I manifestanti
fermati od arrestati durante il vertice genovese avrebbero dovuto essere
trecento-trecentocinquanta. La previsione, forte delle precedenti
esperienze maturate a livello internazionale, è stata una delle poche cose
azzeccate da chi ha organizzato l´ordine pubblico in quei giorni. Peccato
che la maggior parte dei fermi e degli arresti di allora sia poi risultata
illegale, come dimostrato negli anni successivi dalle indagini della
magistratura. Filmati e fotografie scattate durante i disordini hanno
sbugiardato prove false, verbali fasulli, testimonianze col trucco. Ma
questa è un´altra storia. Quello che conta - ora - è ricordare che dopo
l´omicidio di Carlo Giuliani, venerdì pomeriggio, i carabinieri per
ragioni di opportunità non si occuparono più di ordine pubblico fuori
dalla Zona Rossa. E allora niente prigionieri a San Giuliano, tutti a
Bolzaneto: il doppio di quanto previsto, appunto.
Su suggerimento delle forze dell´ordine, il procuratore Francesco Meloni
decise di "differire" di 24 ore dal fermo i colloqui con gli avvocati.
Perché tutto fosse più rapido, indolore. Il mistero sul carcere
provvisorio e il differimento dei colloqui impedirà ai legali di
incontrare i tempi civili, democratici - "normali" - , i prigionieri.
Passeranno intere giornate, prima che si abbiano notizie di centinaia di
persone portate via dalle forze dell´ordine e di fatto scomparse. Sparite.
Sequestrate.
Nessuno sa esattamente quante persone siano passate per il "carcere
provvisorio" del G8. La zona era talmente "franca", l´illegalità così
diffusa che non si conosce il numero dei manifestanti arrestati o fermati
per l´identificazione. I magistrati ipotizzano 252. Ma è appunto
un´ipotesi, perché nessuno a Bolzaneto ha mai pensato di tenere un
registro delle persone che entravano ed uscivano.
Ore 21,50 sentenza choc "Niente torture a Bolzaneto"
Solo quindici condanne: "Un verdetto a meta'"
Lo schiaffo di Bolzaneto
Il pm Ranieri Miniati "È stato riconosciuto che in quella caserma e'
accaduto qualcosa di grave"
MASSIMO CALANDRI
MARCO PREVE
I pochi reduci presenti in aula scuotono la testa o si abbracciano tra
loro. Non bastano i due milioni di euro che dovranno essere versati alle
parti civili, a cancellare lo sconforto che li assale dopo al lettura
della sentenza. Per il carcere speciale di Bolzaneto, per le violenze e
gli abusi subiti da centinaia di detenuti del luglio 2001, il processo si
chiude con al condanna di 15 imputati e l´assoluzione di altri 30. I reati
riconosciuti dai giudici confermano l´abuso di autorità ma vengono meno i
motivi abbietti, la crudelta' , e altri comportamenti vessatori che insieme
servivano a disegnare un profilo di ipotetica "tortura" reato non presente
nell´ordinamento italiano e che probabilmente è destinato a starne ancora
lontano.
Ieri sera alle 21.50 c´erano anche altri abbracci nell´aula magna di
palazzo di giustizia. Erano gli avvocati di alcuni dei poliziotti, dei
medici, o delle guardie penitenziari assolti.
Tra i pochi imputati presenti in aula anche l´ispettore Aldo Tarascio, una
lunga militanza nel sindacato Cgil che e' stato assolto assieme al collega
della questura di Genova Franco Valerio per non aver commesso il fatto.
Tra i condannati, alcuni dei principali imputati.
Alessandro Perugini che all´epoca era il vice dirigente della Digos è
stato condannato ad una pena di due anni e quattro mesi. Stessa pena Anna
Poggi, una funzionaria che era la sua più stretta collaboratrice
all´interno di Bolzaneto.
Per l´ispettore della penitenziaria Biagio Gugliotta la pena più pesante:
5 anni di reclusione. Pesante la pena inflitta anche ad un agente
genovese, Massimo Pigozzi, 3 anni e due mesi, per aver letteralmente
lacerato la mano ad un fermato divaricandogli le dita.
Tra le posizioni più difficili quella di Giacomo Toccafondi, il medico del
Dipartimento penitenziario accusato da più testimoni e imputato per
numerosi episodi. Per lui i pm avevano chiesto oltre tre anni, ed è stato
invece condannato ad un anno e due mesi. Un altro medico, Aldo Amenta, ha
avuto una pena di dieci mesi. Le altre condanne: Daniela Maida, un anno e
sei mesi; Matilde Arecco, Natale Parisi, Mario Turco e Paolo Ubaldi, un
anno di reclusione ciascuno; Antonello Gaetano, un anno e tre mesi;
Barbara Amadei, nove mesi; Alfredo Incoronato, un anno; Giuliano Patrizi,
cinque mesi. Assolti tutti i carabinieri, altri agenti della penitenziaria
e poi anche i generale della stessa amministrazione Oronzo Doria, per il
quale erano stati chiesti tre anni e sei mesi.
«Nella sostanza l´accusa di abuso d´autorita' e' stato riconosciuta. Inoltre
e' stata riconosciuta la responsabilità di diversi imputati». Questo il
commento a caldo del pm Vittorio Ranieri Miniati. «E´ stato riconosciuto -
ha proseguito Miniati, che ha sostenuto l´accusa insieme a Patrizia
Petruzziello - che qualcosa di grave nella caserma di Bolzaneto e'
successo. Il tribunale ha ritenuto di assolvere diversi imputati.
Leggeremo la sentenza e valuteremo se fare appello. Complessivamente è un
giudizio di soddisfazione a conclusione del processo e dopo un´istruttoria
che ci ha impegnato per anni».
Laura Tartarini, avvocato e una delle anime del Genoa Legal Forum: «E´ una
sentenza che contiene un evidente messaggio politico. Mettere la gente al
muro e obbligarla a dire e urlare viva il Duce o viva Pinochet non è
abbietto o futile. Ed è strano, perche' questo stesso tribunale ha parlato
di futilità giudicando le zuffe degli ultrà del calcio. Ma, evidentemente,
i parametri probatori per i poliziotti sono diversi e molto "più alti" di
quelli dei normali cittadini».
Sandro Vaccaro difensore del medico Toccafondi: «A Bolzaneto ci sono stati
dei reati, è vero, ma erano fatti specifici, non ci sono state sevizie o
abusi di ufficio. In altre parole Bolzaneto non era una lager».
Decine di persone hanno atteso per ora il verdetto a Palazzo di Giustizia.
E, alla fine, vince l´indignazione
La rabbia dei no global: "Una vergogna"
Ricordi nitidi come se tutto fosse successo ieri: "Ho camminato sul sangue
della Diaz, che era la mia scuola"
CATERINA COSSU
ERICA MANNA
c´e' chi e¨ talmente spiazzato da non riuscire a dire una parola, se non
«vergogna». Chi propone di posare una lapide di fronte al Palazzo di
giustizia, perché «E¨ scandaloso che non siano stati riconosciuti i motivi
futili e abietti». Qualcuno e¨ rimasto fuori seduto sui gradini, tanti
hanno ascoltato il verdetto in piedi, appoggiati alla ringhiera verde in
fondo all´aula bunker che delimita l´area riservata agli spettatori.
Spettatori, certo, ma qui, tra la gente venuta ad ascoltare la sentenza
sui fatti di Bolzaneto, sono pochi quelli che, in quei giorni, non
c´erano. Sette anni ma e' come se fosse ieri, negli occhi lucidi di chi in
piazza Alimonda ci va il 20 di ogni mese come in pellegrinaggio, nelle
magliette con la scritta "Genova 2001 niente da archiviare". Perche' «sette
anni sono un decimo della vita di una persona», dice Teresa Rossi, una
pacata signora sulla sessantina, e «non ha senso dire frasi come "tanto
ormai...", perche' si puo' ripetere».
C'e' rabbia e sconcerto fuori dal tribunale. La gente forma dei capannelli,
qualcuno piange, si discute ad alta voce. Vittorio Agnoletto, all´epoca
portavoce del Genoa social forum, e¨ tra i pochi a mitigare le polemiche:
«Per la prima volta il tribunale ha riconosciuto che quello che hanno
detto le vittime e¨ vero ma, nonostante abbia riscontrato un meccanismo di
omerta' e coperture reciproche, non ha punito i singoli responsabili».
C´era voglia di ricordare quei giorni, nelle cinque ore di attesa per la
lettura del verdetto: da «un elicottero che ha lanciato un lacrimogeno a
dieci metri da me», a chi ha camminato sul sangue della Diaz «che era la
mia scuola» o chi sente ancora «gli spari dai tetti di via Tolemaide e
l´aria irrespirabile dei fumogeni». La testimonianza di Angela e Maria
Rita, che abitano alla Foce e via Cesare Battisti: «Noi le cose le abbiamo
viste, abitiamo là . Abbiamo visto il terrore nei volti della gente e
l´abbiamo vista scappare dal corteo - raccontano sedute l´una di fianco
all´altra - Ancora oggi quando sento un elicottero passare mi viene la
pelle d´oca».
Adesso, alle dieci di sera passate, fuori dal Tribunale, nessuno ha piu'
voglia di parlare. «Gia' le richieste dei pm erano modeste - sbuffa un
ragazzo - ma qui in quest´aula hanno perso di vista i fatti». Gabriella,
una signora bionda sulla cinquantina, e' attonita: «So di avere le parole -
dice con la voce rotta - ma ora non mi vengono». I piu' giovani sono quelli
meno loquaci: «Andiamo a dormire».
Il sindaco commenta a caldo il verdetto e invita a superare quegli eventi,
senza dimenticarli
Vincenzi: "La ferita non e¨ chiusa ma adesso si puo' voltare pagina"
"Riceverò a Tursi le vittime delle violenze, l´incontro avrà un valore
simbolico altissimo"
"Un monito per non dimenticare che violenze del genere possono accadere
anche a Genova"
DONATELLA ALFONSO
«NO, non penso che la ferita della città sarà rimarginata del tutto, dopo
questa sentenza. Ma ora ci sono le condizioni perche' si possa voltare
pagina e scrivere una nuova storia. La ferita non si chiude, ma bisogna
superare quegli eventi, tenendoli a mente come monito: che violenze del
genere possono accadere anche nella nostra democratica Genova e nel nostro
democratico paese». Cosi' Marta Vincenzi, sindaco di Genova, commenta a
caldo la sentenza su Bolzaneto, non appena appreso che le condanne sono
15, che altri trenta imputati sono stati assolti e nessuno fara' un giorno
di carcere. Lei, sette anni fa, era presidente della Provincia, convinta
nel promuovere le iniziative di dialogo intorno al G8, sgomenta nel vedere
la devastazione della citta' e dei diritti e decisa nel difenderli, insieme
al sindaco Beppe Pericu.
Sindaco Vincenzi, e¨ arrivata una condanna mite, nonostante richieste molto
dure...
«Non credo che serva un commento della politica alle sentenze dei giudici.
Ma e¨ gia' importante che si sia arrivati alla fine di un processo; perche'
in Italia tante occasioni del genere si sono mancate, ricordiamolo».
Questa sentenza non rischia di lasciare aperta la ferita?
«Ora bisogna vedere di cambiare, di voltare pagina: e¨ necessario. Non per
dimenticare, sia chiaro, ma per considerare che quello che e¨ accaduto in
quei giorni puo' accadere, che cose di questo genere possono accadere anche
nella nostra democratica citta' , nelle nostre istituzioni. Un monito per il
futuro».
Però è innegabile che le condanne contro i manifestanti accusati di atti
violenti sono state molto piu' pesante di quelle inflitte agli uomini delle
forze dell´ordine. Lei ricevera' nei prossimi giorni a palazzo Tursi
proprio le persone che sono state vittime delle violenze e si sono
costituite parte civile: cosa dira' loro?
«E´ la prima volta che queste persone vengono ricevute in Comune, e il
valore simbolico e¨ alto: siamo al loro fianco, riconosciamo la violenza
che hanno subito. Sono persone che, precisiamolo, non sono state accusate
di nulla, perché siamo stati molto attenti a non contrapporre manifestanti
e poliziotti. Ma persone che hanno subito un trauma di cui alcuni ancora
non si rendono conto. Riceverli in Comune, anche simbolicamente, vuole
essere il segnale che la citta' e¨ un´altra cosa rispetto a quella che è
stata teatro del loro incubo, non e¨ solo il luogo dove sono stati colpiti
e che chi doveva prendersi cura di loro si e¨ invece comportato in ben
altro modo».
Una di queste persone, il giornalista inglese Mark Covell, le ha scritto
per chiedere che la scuola Diaz sia aperta il 21 luglio, per potervi
tornare e chiudere cosi' quell´esperienza drammatica con una visita
"pacificatrice". Cosa fara' ?
«Ne abbiamo gia' discusso con l´assessore Veardo; giustamente queste
persone non sanno che le scuole hanno la loro autonomia, che sono i
dirigenti scolastici a decidere. Ne parleremo con loro, valuteremo cos´i'
meglio fare. In ogni caso sono numerosi i momenti organizzati, da noi come
Comune e anche da altri soggetti, per riflettere su quanto e¨ avvenuto in
quei giorni, in luoghi diversi».
Sindaco, il reato di tortura non e¨ stato riconosciuto. Nonostante le
denunce circostanziate, sono stati presi in considerazione solo i singoli
atti...
«Niente tortura? Non so che dire... «.
Non solo chi ha vissuto le esperienze tremende della Diaz e di Bolzaneto,
ma tutta Genova vive da sette anni nell´attesa che si chiuda questa pagina
nera. Questa sentenza non rischia di lasciare ancora aperta la ferita?
«Io credo che la ferita non sarà rimarginata del tutto, è vero, ma ora ci
sono le condizioni perché si possa scrivere una nuova, diversa pagina:
perche', ripeto, si e¨ riusciti a giungere in fondo ad un processo. Anche se
la ferita non si chiude, bisogna superare quella notte, quegli abusi;
ricordando pero' sempre cio' che e¨ accaduto, lavorando tutti perché non
accada piu'».