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17.05.05

Repubblica: 45 rinviati a giudizio per le violenze di Bolzaneto


Genova, sono poliziotti, carabinieri e medici. L´accusa: abusi verso i fermati. In aula dal 12 ottobre
G8, in 45 rinviati a giudizio per le violenze di Bolzaneto

Solo uno degli indagati prosciolto A marzo i pm avevano depositato una memoria di 600 pagine per descrivere gli orrori di quei 3 giorni
Il gup: "Le azioni commesse nella caserma furono di una feroce gratuità: il loro scopo era solamente quello di umiliare"
MASSIMO CALANDRI


GENOVA - Sottolineando la «feroce gratuità» delle condotte degli imputati, il gup Maurizio De Matteis ha rinviato a giudizio 45 tra funzionari di polizia, ufficiali dei carabinieri, agenti, militari, appartenenti all´amministrazione penitenziaria (compreso un generale), medici. Sono i «torturatori» della caserma di Bolzaneto, accusati di aver trasformato in un «lager» quello che doveva essere il Centro di temporanea detenzione per 255 no-global fermati a Genova durante le contestazioni al G8 di quattro anni fa.
Il processo comincerà il prossimo 12 ottobre. Ieri il giudice per l´udienza preliminare ha sostanzialmente accolto l´intero impianto accusatorio dei pm Patrizia Petruzziello e Vittorio Ranieri Miniati, che denunciavano gravi compromissioni dei diritti, crudeltà fisiche e psicologiche, torture. Appellandosi alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell´uomo e delle libertà fondamentali, la Procura aveva raccontato tre giorni e tre notti di abusi, violenze, minacce di stupro e «dominio psicologico». Il tribunale le ha definite «analitiche imputazioni», evidenziando la «brutalità della condotta» degli accusati.
«Non si vede come costringere una persona a chinare una testa dentro ad un vespasiano possa costituire una "misura di rigore non consentita" - scrive De Matteis - Tali azioni appaiono, per la loro feroce gratuità, perseguire il solo fine di umiliare la personalità». Ragazzi costretti a restare per ore in piedi con le braccia alzate, ciocche di capelli tagliate come trofeo, ragazze obbligate a rimanere nude davanti ad agenti maschi, uno cui spezzarono le dita divaricandole, un´altra abbandonata in cella a vomitarsi addosso, e poi gas urticanti a soffocare quelli rinchiusi nelle gabbie, parolacce, insulti, calci, pugni e sputi a quelli che passavano lungo un tunnel di persone in divisa. "Comitato di accoglienza", lo avevano ribattezzato. I pubblici ministeri avevano raccolto centinaia di testimonianze e le confessioni di alcuni "pentiti", archiviando un centinaio di posizioni: tra le altre, quella di Alfonso Sabella, oggi pm a Firenze ed allora responsabile dell´Ufficio ispettivo del Dipartimento dell´amministrazione penitenziaria.
Abuso d´ufficio, minacce, violenza, percosse, ingiurie, omessa denuncia, falso ideologico, abuso di autorità contro arrestati o detenuti: questi i reati contestati. Tre i livelli di responsabilità: apicali (i soggetti che in quei giorni gestirono il vertice la struttura), intermedie, esecutori materiali. Un solo proscioglimento, mentre un altro imputato ha chiesto di essere processato con rito abbreviato. Confermate tutte le denunce nei confronti del vice-questore Alessandro Perugini - già numero due della Digos genovese, finito nei guai per il calcione in faccia rifilato ad un quindicenne romano ed una serie di arresti illegali durante il vertice internazionale - e del generale Oronzo d´Oria, mentre il medico Giacomo Toccafondi passa da venti a diciotto capi di imputazione, mantenendo il poco invidiabile record di super-accusato. Vale la pena di ricordare che Roberto Castelli, ministro della Giustizia, la notte del 20 luglio 2001 piombò a Genova: «Tutto regolare», disse, lasciando la caserma di Bolzaneto.

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