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26.06.04

Manifesto: Scuola Diaz, processo alla polizia


Dal MANIFESTO
Scuola Diaz, processo alla polizia
Questa mattina al tribunale di Genova l'udienza preliminare per la notte
«cilena» del G8. A giudizio 29 tra dirigenti e funzionari, tra cui il
direttore dell'antiterrorismo Gratteri
ALESSANDRO MANTOVANI
INVIATO A GENOVA
Non e' il processo alla polizia ma poco ci manca. Comincia oggi a Genova,
con le consuete e provocatorie misure di sicurezza a palazzo di
giustizia, l'udienza preliminare del processo a 29 tra dirigenti e
funzionari di polizia per l'irruzione del 21 luglio 2001 alla scuola Diaz
di Genova. Tra loro ci sono uomini come Francesco Gratteri, direttore
dell'antiterrorismo e vicinissimo al capo della polizia Gianni De Gennaro,
e funzionari di livello medio-alto che in tutta Italia dirigono interi
uffici, con decine di poliziotti alle loro dipendenze. Erano tutti lì,
nella scuola assaltata dopo due giorni di manifestazioni contro il G8 e di
scontri di piazza con un morto e centinaia di feriti: finì con 61 feriti
ricoverati su 93 manifestanti che per lo piu' dormivano e vennero tutti
arrestati in base a prove poi riconosciute false, come le due famose
bottiglie molotov. E oggi, salvo eccezioni, si presenteranno tutti sul
banco degli imputati.
Uno che manchera' di sicuro e' il vicequestore romano Massimiliano Di
Bernardini, in rianimazione per un gravissimo incidente in moto: un
personaggio chiave dell'indagine perche' fu il primo ad ammettere di aver
visto le due molotov in mano al collega che le porto' nella scuola, Pietro
Troiani. Le sue condizioni potrebbero giustificare un rinvio dell'udienza
ma il difensore, Massimo Lauro, annuncia che non lo chiedera'. E'
un'indagine senza fine. Proprio in questi giorni i pm hanno deciso di
procedere separatamente su uno dei tentativi piu' significativi di
inquinamento delle prove e di depistaggio: Dania Manti, funzionaria della
squadra mobile di Roma come Di Bernardini, potrebbe ricevere un avviso di
garanzia per favoreggiamento. Era stato Troiani, circa un anno fa, a
raccontare che Manti, quando gli notificò la convocazione dei pm, gli
fornì anche il numero di telefonino del collega. L'operazione però non è
andata a buon fine: Troiani ha continuato a raccontare di aver dato le due
bottiglie a Di Bernardini, che invece sostiene di essersi allontanato dopo
aver avvertito il suo superiore diretto, l'allora vice di Gratteri al
Servizio centrale operativo (Sco),Gilberto Caldarozzi. Il sacchetto con le
molotov arrivò comunque nelle mani di quest'ultimo e pochi minuti dopo fu
ripreso da una telecamera della tv privata genovese Primocanale: attorno
alla busta c'erano GianniLuperi, oggi come allora direttore degli analisti
dell' antiterrorismo, l'ex vice questore bolognese Lorenzo Murgolo (oggi
al Sismi) e poco più in là Gratteri, l'ex dirigente della digos genovese
Spartaco Mortola e l'ex capo del reparto mobile (ex celere) romano
Vincenzo Canterini.
Gli imputati
Gli imputati eccellenti, da Gratteri e Luperi ai firmatari dei verbali di
arresto e di perquisizione, sono accusati di falso, calunnia e abuso
d'ufficio, essenzialmente per le due bottiglie incendiarie. Del pestaggio,
invece, rispondono in dieci, tutti del reparto guidato da Canterini fino a
due settimane fa, alcuni dei quali sono difesi dallo studio del
coordinatore di Alleanza nazionale, Ignazio La Russa. Le indagini hanno
confermato che gli uomini del VII erano tra quelli che entrarono per
primi, sia pure insieme a decine di poliziotti di altri reparti.
Identificarli era impossibile e pertanto la procura archivierà le
posizioni di 49 celerini romani. Altri due uomini di Canterini sono
accusati di falso e calunnia per la coltellata denunciata dall'agente
Massimo Nucera. Secondo il Ris dei carabinieri la casacca e il corpetto
antiproiettile presentano lesioni da taglio incompatibili con il racconto
di Nucera e dell'ispettore Panzieri, già poco verosimile perché il no
global accoltellatore sarebbe stato bloccato da diversi agenti ma poi
sarebbe riuscito a dileguarsi. Infine tre poliziotti sono imputati per
l'irruzione nella scuola di fronte, la Pascoli, che ospitava il Media
center del Gsf: perquisizione arbitraria, danneggiamento e peculato per la
distruzione dei computer e l'asportazione degli hard disk. «Sbagliammo
scuola - dicono - entrammo lì per errore». Oltre al vice questore
Salvatore Gava, capo della squadra mobile di Nuoro, c'è Luigi Fazio,
squadra mobile di Roma, accusato anche di percosse a un giovane tedesco.
L'inchiesta
Dagli atti dell'inchiesta emerge una polizia sconcertante, che picchia
alla cieca e poi racconta le peggiori panzane ai magistrati, nei verbali
dell'operazione come nel corso delle indagini. La svolta è arrivata alla
fine del 2002, quando i pm hanno accertato l'origine delle due bottiglie
incendiarie indicate nei verbali come «ritrovate nella palestra al piano
terra, in luogo accessibile a tutti, nella disponibilità dei 93
arrestati». In realtà le avevano trovate in strada, diverse ore prima.
Anche le armi improprie con le quali i no global avrebbero cercato di
opporsi agli agenti provenivano in verità provenivano da un cantiere. La
verità è che a notte fonda, nonostante i feriti e tutto quel sangue, in
questura erano convinti di aver fatto un gran lavoro, altrimenti non
avrebbero firmato in sedici sul verbale d'arresto e in nove su quello di
perquisizione. Era come mettersi una medaglia. L'operazione venne decisa e
preparata in due riunioni tenute in questura, la sera del 21 luglio,
nell'ufficio del questore Francesco Colucci (subito rimosso) e sotto la
direzione del prefetto Arnaldo La Barbera, all'epoca capo dell'Ucigos e
scomparso nel 2002, spedito a Genova dal capo della polizia Gianni De
Gennaro proprio il pomeriggio di quel sabato, quando le manifestazioni
erano terminate. La «perquisizione» alla Diaz fu l'esito ultimo di una
precisa strategia che mirava ad arrestare più gente possibile perché, dopo
due giorni di guerriglia, c'era solo un centinaio di arrestati. Su
indicazione di De Gennaro si formarono «pattuglioni» di jeep e blindati
per andare a caccia di no global che lasciavano Genova. E dopo una
misteriosa sassaiola nei pressi della scuola (mai trovata l'auto colpita,
né gli equipaggi coinvolti...) Canterini venne convocato alle 22,30 in
questura per ricevere istruzioni sull'irruzione. Nulla di improvvisato:
due colonne inquadrate e due catene di comando facenti capo, di fatto, ai
capi dello Sco Gratteri e Calderozzi per gli uomini delle squadre mobili,
e a La Barbera e Luperi per quelli delle Digos. E non fu una
perquisizione. Fu un blitz, una retata inutilmente sanguinosa coordinata
da funzionari che provengono quasi tutti dalle squadre mobili e dalla
lotta alla criminalità, come La Barbera, Gratteri e gran parte degli
imputati.
I pm della Diaz sono stati dipinti come forsennati castigatori di
poliziotti e bacchettati dalle migliori firme di Repubblica e sul Corriere
della sera. Come se avessero toccato gli intoccabili, come se avessero
ficcato il naso dove non si deve. Ma in realtà si sono mossi con grande
cautela: le iscrizioni sul registro degli indagati le hanno fatte con il
contagocce e l'accusa di lesioni personali è caduta subito per tutti
(tranne Canterini e soci). Se la fuga dal processo tramite la Cirami, che
oggi avanzeranno alcuni legali, non porterà da nessuna parte, dovranno
convincere il tribunale di quanto hanno cercato di raccontare ai pm: che
quella sera alla Diaz non hanno visto o non hanno capito, che si sono
fidati e sono stati «ingannati». Gratteri ha scaricato tutto sul reparto
mobile di Canterini e su Troiani, che avrebbero inventato le molotov e la
falsa coltellata per coprire il massacro. E Troiani ha scaricato su
Burgio, l'autista reo confesso, che nel frattempo ha lasciato la polizia e
potrebbe chiedere il giudizio abbreviato per farsi processare da solo.
IL PROCESSO AI DEVASTATORI
Per i fatti del G8 il tribunale di Genova sta processando 25 manifestanti
per devastazione e saccheggio (pena prevista da otto a quindici anni) e
diversi reati come resistenza a pubblico ufficiale, porto e detenzione di
armi improprie e esplosivi (bottiglie molotov). Sono stati individuati in
migliaia di ore di riprese acquisite o sequestrate dai pm Anna Canepa e
Andrea Canciani, arrestati nel dicembre 2002 e poi scarcerati. Tra gli
imputati ci sono anarchici lombardi che avrebbero preso parte all'assalto
al carcere di Marassi, disobbedienti veneti ripresi durante il famoso
attacco a un blindato dei carabinieri e i genovesi che erano attorno alla
jeep dei cc in piazza Alimonda quando partirono i colpi contro Carlo
Giuliani.
50 NO GLOBAL A RISCHIO
Su tre-quattrocento persone denunciate dalle forze dell'ordine una
quindicina sono già state condannate per resistenza a pubblico ufficiale e
altri reati a pene fino a un anno e mezzo di reclusione. Si parla
insistentemente di rapporti depositati in procura per un secondo processo
G8 che coinvolgerebbe una cinquantina di manifestanti accusati, in alcuni
casi, di devastazione e saccheggio.
G8/2: IL TEOREMA DI COSENZA
I disordini del G8 del luglio 2001 e una supposta associazione sovversiva
che li avrebbe organizzati (tesi respinta dai pm genovesi) sono al centro
del processo di Cosenza a tredici attivisti tra i quali Luca Casarini e
Francesco Caruso. Secondo la procura cosentina le manifestazioni contro i
vertici internazionali di Genova e Napoli (marzo 2001) sarebbero attentati
agli organi dello stato.
I 93 malmenati: «Non parliamo con Pericu»
Arrivano a Genova ma disertano il comune: «Ha accusato i manifestanti di
danni morali»
A. MAN.
INVIATO A GENOVA
Sono arrivati da Berlino e da Saragozza, da Londra e da Zurigo. Per molti
di loro era la prima volta a Genova tre anni dopo la notte della Diaz e
l'orrore di Bolzaneto. «Non era facile tornare qui - sorridono - anche se
il clima è migliorato». Si sono ritrovati ieri in trenta, più stranieri
che italiani come la notte del 21 luglio 2001, alla vigilia del processo
ai poliziotti che li hanno massacrati e arrestati con prove false. Questa
volta trovano un comune pronto ad accoglierli e a sistemarli per metà in
albergo e per metà all'ostello della gioventù. A loro però non basta,
vogliono parlare dell'altro processo G8, quello contro 26 manifestanti
italiani che rischiano una condanna a due cifre per devastazione e
saccheggio. Per questo i «reduci» stranieri della Diaz hanno rinunciato
all'invito del sindaco Giuseppe Pericu: non gli perdonano il tentativo
(fallito) di costituirsi parte civile contro i presunti devastatori. «Le
cose successe in quei giorni a Genova - ha detto Pericu a chi ha risposto
al suo invito - hanno un significato politico molto rilevante e devono
essere oggetto di una commissione parlamentare d'inchiesta, perché la
semplice individuazione delle responsabilità penali non illumina il quadro
complessivo». All'incontro di palazzo Tursi, sede del comune, c'era il
Comitato verità e giustizia, con la presidente Enrica Bartesaghi (mamma di
Sara, malmenata nella scuola e poi ai Bolzaneto) e il giornalista del
Carlino Lorenzo Guadagnucci, uscito dalla Diaz con fratture e lesioni alle
braccia, altri due italiani e l'inglese Mark Covell, ridotto in fin di
vita dai poliziotti davanti alla scuola, prima ancora dell'irruzione.
Ma c'è poco da fare. Pericu è stato costretto a spiegare, per l'ennesima
volta, il tentativo di intervenire nel processo ai devastatori, che
peraltro ha indotto Rifondazione a uscire dalla sua giunta. «Ci eravamo
costituiti solo per i danni materiali relativi ai beni del comune», ha
precisato il sindaco. Non è così: la memoria dell'avvocato Giuseppe
Salvarezza parlava anche di «danni morali» provocati dai manifestanti
violenti. E invece questa volta, per la Diaz, il mandato della giunta è
limitato alla richiesta di risarcimento per i due computer di proprietà
del comune che sarebbero stati distrutti dalla polizia alla scuola
Pascoli, l'istituto davanti alla Diaz che ospitava il Media center del
Gsf. I più arrabbiati a Palazzo Tursi non c'erano. Tedeschi, spagnoli,
svizzeri e inglesi della Diaz hanno chiarito le loro posizioni al mattino
in una conferenza stampa al Palazzo Ducale. Con qualche attrito con il
Comitato verità e giustizia, che non digeriva lo striscione appeso nella
sala: «Stop the terror police against the mouvement» e i nomi delle città
di Guadalajara, Goteborg, Evian e Genova, dove i no global hanno
sperimentato quel terrore. Richard Moth, un 35enne londinese colpito
duramente alla testa alla Diaz, ha letto un breve testo concordato con gli
altri: «Siamo solidali con i ventisei manifestanti incriminati, non
possiamo accettare la costituzione di parte civile del comune di Genova e
non parteciperemo all'incontro organizzato dal sindaco. Il nostro è un
movimento di movimenti e rifiutiamo di essere divisi tra manifestanti
buoni e manifestanti cattivi».
ALTRE INDAGINI SULLA POLIZIA
La procura di Genova, così come ha evitato i reati associativi per i no
global, ha archiviato tutti gli esposti e le denunce che chiedevano
un'indagine sulla gestione dell'ordine pubblico nelle giornale del luglio
2001. E in particolare sull'aggressione al corteo autorizzato dei
disobbedienti in via Tolemaide, che cambiò il corso della giornata del 20.
Sono aperti, però, alcuni tronconi d'inchiesta sulle violenze sui fermati
denunciate dai manifestanti alla Fiera del mare, quartier generale delle
forze dell'ordine, nella caserma dei carabinieri di Forte San Giuliano e
sui rastrellamenti negli ospedali cittadini. Vincenzo Canterini, capo del
reparto accusato dell'irruzione alla scuola Diaz, è indagato anche per
aver spruzzato spray urticante in faccia a un avvocato torinese.

Da LA GAZZETTA DEL SUD
GENOVA ?? NO GLOBAL DA TUTTA L'EUROPA
Blitz alla scuola Diaz, si apre il processo ai poliziotti
Lucilla Onda
GENOVA ?? Sono venuti dall'Inghilterra, come Mark, un polmone leso da una
manganellata, dalla Germania, come Lena, che è stata trascinata per i
capelli lungo una rampa di scale, dalla Francia, dalla Spagna, ma anche
dall'Italia. Sono i ??ragazzi? della Diaz, quelli che al G8 del 2001 furono
arrestati e picchiati durante un blitz delle forze dell'ordine e che hanno
deciso di costituirsi parte civile all'udienza preliminare contro 29
poliziotti che si terrà oggi a Genova. Nell'aula bunker del tribunale,
presidiato dalle forze dell'ordine, si troveranno faccia a faccia con i
poliziotti accusati di falso, calunnia, e lesioni gravi nei loro
confronti. Davanti al gup Faraggi sfileranno infatti i giovani no global e
i dirigenti, funzionari e capisquadra che parteciparono a vario titolo
all'irruzione sanguinosa, poi culminata in 93 arresti. Tutti gli occupanti
della Diaz sono stati prosciolti dalla magistratura. Intanto alcuni
avvocati dei no global hanno annunciato la costituzione di parte civile
anche contro il ministero dell'Economia per ottenere un eventuale
risarcimento danni. In tal caso l'udienza verrebbe rinviata di dieci
giorni per concedere all'avvocatura dello Stato di prendere visione
dell'istanza. Altro rinvio potrebbe venire deciso dal gup anche per
l'assenza del vicequestore romano Massimiliano Di Bernardini, 38 anni, uno
degli indagati, in gravi condizioni all'ospedale. Il giudice, dopo il
deposito della memoria dell'accusa, potrebbe infatti decidere, su istanza
delle parti, di rinviare l'udienza preliminare o di stralciare la
posizione dell'indagato. Ma il difensore del vicequestore intende
proseguire. Di Bernardini, attualmente a capo della sezione rapine della
squadra mobile di Roma, è il poliziotto che per primo parlò delle due
bottiglie molotov viste nella scuola la sera dell' irruzione in mano di
Pietro Troiani. Saranno presenti invece all'udienza, tra gli altri,
Francesco Gratteri, ex capo dello Sco (Servizio centrale operativo),
Giovanni Luperi, all'epoca vice comandante dell'Ucigos, Gilberto
Caldarozzi, vice direttore Sco, il dirigente Lorenzo Murgolo, Spartaco
Mortola, ex dirigente della Digos di Genova, Nando Dominici, ex capo della
squadra mobile, Vincenzo Canterini, ex capo del reparto mobile di Roma, il
suo vice Michelangelo Fournier, otto capisquadra, e i vicequestori
Salvatore Gava, Filippo Ferri e Pietro Troiani.
(sabato 26 giugno 2004)

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