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24.07.06

Manifesto: l'imchiesta serva

fatti del G8.

L'inchiesta serve (anche alle forze dell’ordine)
di Graziella Mascia

Non abbiamo dubbi che la cultura della responsabilita' di Luciano Violante
garantira' l'approvazione in Commissione affari costituzionali della Camera
del progetto di legge per l'istituzione di una commissione di inchiesta
sui fatti del G8 di Genova. Ma le sue obiezioni ci interessano.
L’inchiesta parlamentare non serve, sostiene il Presidente della
commissione: «Non puo' aggiungere alcun elemento nuovo e non puo'
pronunciarsi neanche su eventuali responsabilità politiche». E' davvero
cosi'?
Quanto abbiamo acquisito in questi cinque anni, attraverso filmati,
inchieste giornalistiche, comitato di indagine, ecc. rende inutile tale
inchiesta parlamentare? Non credo, la tesi non mi convince. Sono stata
relatrice di minoranza in quel comitato di indagine e successivamente
chiamata a testimoniare in tribunale per il processo ai poliziotti per le
violenze nella scuola Diaz. Ho scritto che una regia internazionale, in
quel luglio 2001, voleva colpire un movimento mondiale che iniziava a dar
fastidio sul serio ai potenti della terra. Lo penso ancora, ma non basta.
In questi anni, attraverso filmati, testimonianze, ricerche abbiamo
esaminato, scandagliato i fatti di quei giorni e ricostruito anche la
vicenda più tragica, quella della morte di Carlo Giuliani, archiviata in
tribunale. Ma non basta ancora. Non sono chiare le responsabilitÃ
politico-istituzionali, non sono chiare le catene di comando delle forze
dell’ordine. Non e' chiaro, nella gestione delle piazze e di quanto ne è
seguito, quanto sia stato casuale, o frutto di errori, e quanto scelta
premeditata. E non basta, anzi, e' a mio avviso un errore, ritenere che le
cose sono andate così perche' i fascisti erano andati al governo e Fini
dirigeva le operazioni dalla caserma di San Giuliano.
La nostra considerazione di carabinieri e polizia ci fa dire che essi
hanno professionalita' e autonomia sufficienti per non farsi dirigere dai
politici. Ma anche per questo consideriamo non archiviabili quelle
giornate. Vogliamo capire cosa ha funzionato e cosa no, nel bene e nel
male; se e' vero che la strategia non ha funzionato e perciò sono stati
commessi errori, come qualcuno ha sostenuto; o se - anche escludendo la
tesi della premeditazione - l’essere andati sopra le righe era il rischio
insito nella strategia stessa, quand’anche volessimo distinguere e tenere
separate le responsabilità personali da quelle collettive negli abusi e
nelle violenze perpetrate sui manifestanti.
La preoccupazione di Luciano Violante sembra essere soprattutto quella di
una condanna generalizzata e totale delle forze dell’ordine. Personalmente
ritengo che questo rischio sia in campo se non si farà chiarezza su fatti
e responsabilità .
C’è stato tutto il tempo, in questi cinque anni, perché si svolgessero
indagini amministrative interne, perché dal ministero dell’Interno si
andasse ad una verifica seria.
Si poteva mettere mano alla formazione del personale, che nella
preparazione del vertice fu affidata a sceriffi di Los Angeles. Ci si
poteva interrogare sulla cultura che attraversa tutti i corpi presenti a
Genova e che alla Diaz come a Bolzaneto, oltre alle botte, hanno infierito
sui manifestanti con insulti e punizioni allusivi al sesso ed esibendo
orgogli fascistizzanti. Si poteva approfittare di questo tempo per
ribadire che le forze dell’ordine rispondono solo alla e della
Costituzione, e che perciò non possono essere piegate al colore dei
governi. Si poteva riflettere sulla riforma dell’81, sui processi di
sindacalizzazione, o smilitarizzazione, o democratizzazione di questi
decenni.
Non si e' fatto nulla di tutto cio'. Anzi, i responsabili di polizia
presenti a Genova sono stati promossi e il clima che si continua a
respirare è quello della copertura a prescindere, quella dell'impunita' .
Siamo certi che cosi' si difendono la dignita' e la credibilita' collettiva
degli apparati dello Stato? Che questo sia l’interesse di una democrazia?
Nessuno di noi e' interessato a gettar fango sugli apparati, perché
significherebbe gettar fango sulle istituzioni, che invece ci stanno molto
a cuore.
Per questo vogliamo capire. Forse, indagando su Genova, avremo modo di
sapere, al di la' delle responsabilità individuali, quanto dei fatti
avvenuti li sono da attribuire alla contingenza di una strategia di quel
momento, di una fase precisa della globalizzazione capitalista, e quanto
invece, insieme a questo, ci derivi da una eredità mai considerata fino in
fondo. Da un processo di democratizzazione delle forze dell’ordine, dopo
la liberazione, che non si e' mai realizzato veramente, che non si è
interrogato su autoritarismi, gerarchie e culture “machiste”, che
sopravvivono alle evoluzioni di questi decenni, che nulla hanno a che fare
con la necessità di garantire l’ordine pubblico - che presuppone invece la
garanzia del diritti - e con cui prima o poi bisogna fare i conti.
23 luglio 2006
http://www.liberazione.it/commento.asp?tutto=1

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