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06.02.04

manifesto: la diaz a genova

«La Diaz a Genova»
Respinta l'istanza di trasferimento Ci puntavano gli autori delle false molotov
SARA MENAFRA
Rimane a Genova il processo contro i poliziotti indagati per l'assalto alla scuola Diaz avvenuto la notte del 21 luglio 2001. La richiesta di trasferimento era stata presentata alla procura generale da sei indagati, tra cui i principali dirigenti dell'antiterrorismo, Gianni Luperi e Francesco Gratteri, e Filippo Ferri, oggi a capo del gruppo di lavoro che si occupa delle nuove Br a Firenze. Tutti puntavano il dito contro il sostituto procuratore Francesco Pinto, accusato di aver contribuito a decidere dove collocare le finte molotov con cui i poliziotti giustificarono l'assalto. A sottolineare il ruolo di Pinto era stato Spartaco Mortola, che nel 2001 dirigeva la Digos genovese, con una deposizione fatta il 23 luglio 2002 che recitava testualmente: «il dott. Ferri, parlandone con il dott. Pinto, si è detto mettiamole praticamente vicino all'atrio centrale». Quindi era seguita una clamorosa marcia indietro da parte dello stesso Mortola. Proprio perché l'unica accusa si basa su una deposizione decisamente traballante, il sostituto procuratore generale Antonio Abbate spiega che non sussistono «indizi di reità» e che la procura genovese non era affatto obbligata a iscrivere Pinto nel registro degli indagati, come sostenevano gli avvocati dei poliziotti, visto che «l'organo del pm non è un mero e supino "recettore" della notizia di reato». Dunque l'indagine rimane a Genova, con un invito da parte dello stesso Abbate a lasciare «da parte toni polemici che non giovano certo alla ricerca della verità».

Il prossimo passo, scontato, è la richiesta di rinvio a giudizio da parte della procura genovese. Quindi quasi sicuramente i poliziotti invocheranno la Cirami e proveranno di nuovo a spostare tutto nel più «sereno» tribunale torinese, nella speranza che i tempi del processo si allunghino ancora. Nessuno di loro si augura di sfuggire alle accuse per sempre. Il problema, però, è che molti degli indagati oggi hanno ruoli di primo piano nelle indagini sul terrorismo e nelle rispettive questure. E una carriera tanto brillante sarebbe decisamente macchiata da un processo per false molotov e un massacro ingiustificato.

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