15.07.04
liberazione: video verità su genova
Da oggi in edicola anche con il nostro giornale la cassetta sull'omicidio di Carlo Giuliani
Genova, video-verita'
sul processo negato
Oggi, con questo giornale, che ringraziamo per il sostegno e la diffusione, troviamo in edicola la videocassetta "Archivi&Azione". E' la traduzione televisiva di una rappresentazione teatrale che, grazie alla preziosa disponibilità di un bravo regista e di bravi attori, ha messo in scena il dibattimento sull'omicidio di Carlo, che è stato negato proprio con la decisione di "archiviare".
E' un contributo decisivo alla verità. Tutto ciò che si vede, tutto ciò che si ascolta, non è mai frutto di interpretazione o di invenzione scenica. Ogni parola, ogni fotografia, ogni filmato è parte dei documenti agli atti: richiesta e ordinanza di archiviazione, testimonianze rese, controdeduzioni dei difensori della parte offesa, perizie dei consulenti, materiale fotografico e filmico. Ed è proprio questo rigore a restituire la possibilità, a chi lo vorrà, di essere informato, di capire, di valutare e di formarsi un'opinione propria.
E' un contributo decisivo alla memoria. Non si può e non si deve dimenticare il luglio genovese del 2001, perché lì dentro c'erano già tutti i germi e i veleni del governo della destra appena costituitosi: la sospensione della democrazia, la repressione brutale e violenta (qualcuno usò l'espressione "clima cileno"), scatenata sulla base di imbrogli e di menzogne, e malamente ammantata dello squallido sciocchezzaio delle fioriere e dei limoni finti. C'è chi lo comprese subito perché a Genova c'era, ed è giusto ricordare ancora una volta la generosa saggezza di Tom Benetollo. C'è chi ha impiegato un anno, ma è comunque importante che si sia sforzato di capire. C'è anche chi ha capito a denti stretti e oggi cerca di dimenticare. La memoria è bene troppo prezioso. Abbiamo visto che cosa accade quando se ne attenuano il peso e il significato.
Avremmo potuto arricchire la rappresentazione con tanti dubbi legittimi, primo fra tutti quello sulla reale identità dello sparatore. E' forte la convinzione che a sparare non sia stato il giovane carabiniere ausiliario, ma al contrario un ufficiale o un sottufficiale esperti e con anni di carriera alle spalle, e che l'aver scelto Placanica sia stata una clamorosa operazione mediatica: giocare sullo scontro di due poveri ragazzi, uno un po' più povero dell'altro perché è stato ucciso, che si sono incontrati nel posto sbagliato. Quanti, di fronte alla tragedia, hanno fatto questa considerazione? D'altra parte tutta la squallida invenzione dei consulenti del pubblico ministero circa il calcinaccio che devia il proiettile, con conseguente scamiciatura di quest'ultimo nell'impatto (cosa assolutamente falsa e matematicamente impossibile, come dimostrano filmati e calcoli elementari), è fatta per non dover ammettere che foro d'entrata e foro d'uscita sono incompatibili con il proiettile calibro 9 in dotazione, e che l'uso di proiettili speciali è incompatibile con l'essere ausiliario da soli sei mesi. Questo e altro avremmo potuto inserire nella rappresentazione. Ma non lo abbiamo fatto perché sono dubbi sui quali la nostra certezza non è pari al cento per cento. Non lo abbiamo fatto perché in "Archivi&Azione" ci sono solo affermazioni incontrovertibili, assolutamente dimostrabili e inattaccabili da chiunque.
Affermare la verità, dunque. Sono in corso a Genova un processo e i preliminari di un altro processo: il primo contro 26 persone accusate di devastazione e saccheggio, il secondo contro 29 appartenenti alle forze dell'ordine. La maggior parte di quei 26 era nel corteo proveniente dallo stadio Carlini che è stato selvaggiamente e senza alcuna giustificazione attaccato più volte in un tratto autorizzato, con blindati, colpi di arma da fuoco, lanci di lacrimogeni al CS e getti d'acqua urticante. Si difendevano, quindi. Dei cosiddetti black bloc, all'opera fin dal mattino di quel terribile venerdì, neppure uno fu fermato, probabilmente per l'imbarazzo di doverlo riconoscere come infiltrato: ci sono fotografie e filmati inquietanti a sostegno di questo che non è solo un legittimo sospetto, ma una certezza.
Tra quei 29, individuati come responsabili del massacro alla scuola Diaz e di quell'altrettanto disonorevole imbroglio delle molotov raccolte e portate lì, ci sono alcuni gradi intermedi, qualche promosso (il cui numero potrebbe incredibilmente aumentare nei prossimi giorni), un po' di bassa truppa. Hanno deciso loro la "irruzione" alla Diaz? Non scherziamo! Per i fatti di strada, i pestaggi indiscriminati e feroci nei confronti di donne, ragazzini, persone anziane, non c'è un inquisito, non un carabiniere, non un finanziere, non un poliziotto. Ancora in corso di accertamento l'altra vergogna, quella di Bolzaneto. Eppure, per restituire onorabilità al complesso delle forze dell'ordine e ricostruire la fiducia della società civile verso di esse, l'individuazione dei responsabili e la loro giusta punizione sono atti indispensabili.
Si tratta di ricostruire il contesto, appunto. Ci hanno spiegato che in un'aula di tribunale è complicato accertare il contesto, anche ammesso che lo si voglia fare (e sempre che non si archivi o non si giunga allo sproposito della compartecipazione psichica, come avviene ad esempio a Cosenza). Allora la strada giusta è quella della commissione parlamentare d'inchiesta. Sappiamo bene che con questa maggioranza, interessata solo a bufale del tipo Mitrokin o Telecom Serbia, non la si otterrà mai. Crediamo perciò che l'istituzione della commissione debba essere un punto fermo del programma di governo dell'opposizione. In quella sede andranno accertate tutte le responsabilità: quelle politiche di chi ha deciso l'operazione Genova, e quelle della catena di comando che l'ha diretta.
In quella sede potrà essere restituita la verità sull'uccisione di Carlo. E sarà un fatto importante per l'intero paese. Quel 20 luglio del 2001 ha segnato davvero una cesura: c'è un prima e c'è un dopo. Il dopo è un faticoso ritorno alla consapevolezza dopo le ubriacature o le delusioni, alla serietà dell'impegno dopo le illusioni fantasiose, al riconoscimento che non esistono scorciatoie ma neppure sterili e dannose acquiescenze alle idee dominanti. Il dopo è una crescita di condivisione intorno alla speranza di un mondo migliore, o almeno meno brutto di quello attuale. Non è un caso che anche l'iniziativa della videocassetta è legata, come tutte le iniziative del Comitato Piazza Carlo Giuliani, a un progetto di solidarietà: garantire con due pozzi un po' d'acqua in Burkina Faso e in Mozambico. Anche per questa ragione sono in tanti a riconoscere che piazza Alimonda ha offerto a quella speranza un generoso contributo.
Giuliano Giuliani