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16.07.08

liberazione Questione civile? Non dimenticare

Bolzaneto
Questione civile? Non dimenticare

Piero Sansonetti
E' una questione morale. Anzi, più precisamente: questa è la questione
morale, è il fondamento politico di ogni questione morale. Il fondamento di
ogni questione morale è la credibilità dello Stato, della «cosa pubblica».
La sua rettitudine. La credibilità dello Stato, persino la sua dignità, sono
state sgretolate da una sentenza che liquida come cosa di poco conto
l'orrore avvenuto nella caserma di Bolzaneto, luglio 2001, ad opera della
polizia e delle autorità. Centinaia di ragazzi, italiani e stranieri,
torturati per decine di ore. La magistratura (cioè il potere giudiziario )
chiude un occhio o si dice impotente. Il governo, cioè il potere esecutivo
(a prescindere dal suo colore politico, perché da allora si sono alternati
molti governi) non solo sorvola, ma addirittura in varie forme «promuove» i
responsabili (leggetevi l'articolo bellissimo di Giuliano Giuliani
pubblicato domenica su questo giornale). Il Parlamento, cioè il potere
legislativo e rappresentativo , si rifiuta di assumersi le sue
responsabilità, nega la via della commissione d'inchiesta, cancella la
possibilità che siano trovate responsabilità politiche. I tre poteri, spesso
in lotta tra loro, si ritrovano, si alleano, si proteggono l'uno con
l'altro, e vincono la sfida contro la certezza del diritto. Si dichiarano al
di sopra di tutto, intoccabili.
E così ci troviamo di fronte ad una formale dichiarazione di impunità della
polizia, dei carabinieri, dei settori politici che hanno offerto una
protezione; e di conseguenza di fronte a una dichiarazione di
«illimitatezza» dei poteri discrezionali della forza pubblica su qualunque
nostro diritto individuale o collettivo, su ogni momento della nostra vita.
La tortura viene legalizzata, o comunque derubricata a «intemperanza del
potere». Il mondo politico non reagisce, si allinea, approva. Assolve i
ministri che ebbero responsabilità dirette e immediate in quella
carneficina. Assolve il capo della polizia e tutti gli altri.
La legalità? Nessuno più osa neppure parlare di legalità, la legalità è sospesa.
A voi non sembra che tutto questo sia la prova della degenerazione del nostro
sistema liberale e del mondo politico che lo difende?
Mi spiego meglio: quale autorità morale può avere, per dire, un leader politico
come Antonio Di Pietro che denuncia il regime e il berlusconismo per
una questione, certo rilevante - come il processo Mills - ma assolutamente
inconsistente se messa a paragone con il massacro di Genova 2001, e poi però
si oppone con fermezza all'istituzione di una commissione di inchiesta
del Parlamento sul comportamento di polizia e carabinieri a Genova 2001?
Nessuna credibilità. Di Pietro ha portato in piazza migliaia di persone, dicendo: uniamoci a difesa della legalità.
Li ha semplicemente imbrogliati.
Lui è contro la legalità. Lui, semplicemente, è a favore del potere della polizia e della magistratura, e ritiene che debba essere al di sopra di tutto, anche al di sopra della politica, e chiama tutto questo legalità. Perciò si oppone a Berlusconi. Ma la sua idea di società è autoritaria, violenta e illegale. Il fatto
che si opponga a Berlusconi non lo sottrae alla questione morale, non lo
assolve. C'è una questione morale che oggi investe tutto il Parlamento, e che
affratella Di Pietro e Veltroni, e Berlusconi, perché nessuno di loro ha davvero la forza e l'interesse di schierarsi con la legalità e dunque con la credibilità dello Stato, e dunque contro la polizia e la magistratura (cioè contro quei settori della polizia e della magistratura violenti, illegali, antidemocratici, e contro quei settori, vastissimi, che non osano opporsi).
Torna a emergere, in tutta la sua evidenza, la questione di civiltà che ponemmo giorni fa, dopo la manifestazione di piazza Navona. Qualcuno ha pensato che parlando di degrado della civiltà politica noi parlassimo dei modi bruschi e volgari di alcune polemiche politiche. No, non c'entra niente.
Parlavamo della rinuncia ai principi fondamentali della civiltà politica moderna (il diritto, la libertà, l'aspirazione all'uguaglianza, il garantismo, la moderazione del potere) che ci pare sta
avvenendo a destra come nel centrosinistra.
Nessuno ci convincerà che l'arroganza di Silvio Berlusconi, il quale non vuole rispondere davanti alla giustizia per alcuni reati dei quali è accusato (corruzione e cose analoghe) sia meno grave dell'arroganza del potere poliziesco che ottiene impunità per i reati di tortura e pestaggio. Se non siamo
in grado di affrontare l'insieme di queste affermazioni di «divinità» del potere, di superiorità, non siamo in grado di affrontare la crisi di civiltà che è in corso. L'opposizione parlamentare non è in grado, attualmente, di fare questo. Per questo noi diciamo che, al momento, non esiste una opposizione parlamentare. Né di sinistra né liberale.
E siamo convinti che sia urgente ricostruire una opposizione vera nella società. Non ci aiuterà il girotondismo, perché è stato egemonizzato - lo vede chiunque - da idee e organizzazioni autoritarie. Bisogna ripartire proprio da lì: dalla questione morale. Come scriveva Rina Gagliardi (sempre domenica su Liberazione) citando Kant, dobbiamo cercare di ricostruire il «politico morale», liberandoci dalla tentazione di seguire il «moralista politico», che è il vero nemico della questione morale.

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