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03.03.04

Liberazione: O nessuno o 300.000

«O nessuno o trecentomila»

Rabbia e solidarietà ieri a Genova in occasione dell'apertura del procedimento contro i 26 manifestanti del luglio 2001
Genovanostro inviato«O nessuno o 300mila»: si legge da lontano lo striscione sistemato sul Ponte monumentale di via XX Settembre, per tutti via Venti, ed è la critica più stringata e incisiva che si possa fare al processo appena iniziato contro 26 manifestanti del luglio 2001 a pochi metri dagli archi che celebrano la resa dei nazifascisti al comando partigiano.
E' lì sotto che passerà il corteo partito poco prima dalla Diaz, la scuola che fu devastata dalla polizia alla fine delle tre giornate del luglio genovese quando in 93 furono pestati a sangue e poi arrestati illegalmente. La maggior parte dei partecipanti sono giovanissimi, sanno dei misfatti nella loro scuola perché il flusso del racconto da allora non si è mai interrotto. «La Diaz non si dimentica», si legge su un lenzuolo, mentre il corteo scivola per Via Trento guidato da Arnaldo Cestaro, vicentino di 65 anni che sta per essere operato per la terza volta a un braccio spaccato in quella notte infame. E poi c'è il suo compagno di sventura Mark Covell, mediattivista inglese, e la Rete contro il G8, i fori sociali di queste parti e quello di Bologna, le bandiere di Rifondazione, Cobas, Verdi, Emergency, Legambiente, Attac, i comitati Verità e giustizia e Piazza Carlo Giuliani. A Piazza Alimonda - dove fu ammazzato Carlo dalla pistola di un carabiniere dopo ore di scontri inne
scati dalle cariche a freddo sul corteo autorizzato che scendeva da Via Tolemaide - li aspettano il furgone della Carova della Pace con la bandiera arcobaleno già scarabocchiata dalle firme raccolte nelle prime tappe per il nordovest e altre centinaia di persone. Genovesi e liguri (ci sono il collettivo dei portuali, gli amministratori e i dirigenti locali di Rifondazione da tutte le province, gente dell'Arci, esponenti del correntone ds, i contadini di Altragricoltura-Foro contadino che hanno lanciato un appello contro la delibera con cui Tursi si è costituito parte civile contro i 26, le Rdb, la Cgil che, però, non sfilerà) e "testimoni di Genova" come gli ex portavoce del Gsf che firmarono un patto con la città e ora si sono autodenunciati per impedire che passi la versione revisionista che dipinge il luglio 2001 come una sequela di devastazioni e saccheggi. Con loro i parlamentari Prc e verdi (tra gli altri Graziella Mascia, Giovanni Russo Spena, Bulgarelli, Cento, Marto
ne), le delegazioni nazionali della Fiom e, ancora di Rifondazione comunista con Patrizia Sentinelli della segreteria, Nicola Fratoianni, coordinatore dei giovani comunisti, Alfio Nicotra che fu portavoce del Gsf). Gli striscioni e gli slogan parlano del «diritto di resistenza», ironizzano su «Genova capitale europea della repressione», spiegano che ribellarsi - non già sedersi dalla parte dell'accusa - è «un atto dovuto». Quando arrivano nel punto più vicino al tribunale sono almeno duemila e si mescolano alle centinaia di persone che, già alle 8, premevano sulle transenne di una zona rossa guardata da una "moltitudine" di agenti e cc in assetto antisommossa. Sono soprattutto disobbedienti di tutta Italia che, per ore, bombarderanno di musica il palazzo di giustizia e trasmetteranno corrispondenze radiofoniche dall'aula dove si svolge il processo. Intorno non calerà neppure una saracinesca. La guerra, casomai, è nelle menti di chi ha blindato il tribunale chiamando check po
int il varco per il pubblico, rigorosamente schedato. Verso le 15 il processo viene aggiornato al 9 marzo, il presidio si scioglie ma «saremo sempre presenti - assicura Anubi D'Avossa - perché crediamo che la sequenza dei comportamenti tra manifestanti e forze dell'ordine sia stata invertita per indurre l'idea che la Diaz e Bolzaneto siano stati eccessi determinati dalla guerriglia urbana».

Circondato dai reporter, Vittorio Agnoletto, che fu portavoce del Gsf, sfida il sindaco Pericu a un confronto pubblico dopo giorni di dichiarazioni e controdichiarazioni per interposta stampa: «Il diritto di resistenza - spiega - è fuori discussione quando un corteo viene aggredito per tre ore». E avverte: «Non chiamatelo processo ai black bloc, qui non ce ne sono, altrimenti sarebbe stato imbarazzante scoprire che in mezzo a loro ci furono infiltrati di polizia e neofascisti. Genova fu vittima di una strategia decisa a tavolino da De Gennaro, governo e partner internazionali». Alla vigilia della giornata mondiale del 20 marzo, il movimento «è ancora una volta unito - ci dice Patrizia Sentinelli - su una vicenda come quella di Genova che è stata la nostra fase costituente. Noi, col rigore della posizione contro la costituzione del comune in parte civile, manteniamo la barra su questo movimento plurale e radicale». Ed è un sentire comune confermato da tante altre voci, ad esem
pio don Gallo, Luciano Muhlbauer del Sin. Cobas, Piero Bernocchi dei Cobas.

CHECCHINO ANTONINI


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Respinte le eccezioni, il processo va avanti. Si ricomincia il 9
Le accuse: devastazione e saccheggio


Genovanostro inviatoQuando inizia l'appello degli imputati sono già due ore che sotto il palazzo di giustizia centinaia di persone contestano la gravità delle accuse - devastazione e saccheggio in compartecipazione psichica - con cui si vorrebbe riscrivere la storia delle giornate del luglio 2001 in cui 300mila persone contestarono il G8. Solo 10 dei 26 manifestanti di allora prendono posto nell'aula bunker piena di decine di spettatori che si avvicendano ad ascoltare le prime battute del primo procedimento su quei giorni vista l'archiviazione, nel maggio scorso, del caso Carlo Giuliani, ucciso a 23 anni da uno dei carabinieri che parteciparono all'assalto a freddo di un corteo di disobbedienti regolarmente autorizzato. I suoi genitori sono dietro le transenne che separano il pubblico dagli addetti ai lavori, con la mamma di Edo e don Gallo, alcuni parlamentari e parecchi amici e compagni degli imputati. Tutti sono stati perquisiti e la fotocopia dei loro documenti ingrosserà
i fascicoli delle schedature. Perché? Graziella Mascia, deputata Prc eletta a Genova, ne chiederà conto in parlamento perché a lei sembra una procedura intimidatoria e inusuale.
Haidi e Giuliano sono sconvolti dalla costituzione in parte civile di Filippo Cavataio, l'autista del Defender dei carabinieri che passò due volte sul corpo di Carlo e che disse di non essersi accorto delle pistolettate. Non li stupisce che lo stesso gesto non sia stato compiuto dai suoi colleghi Mario Placanica, indicato come lo sparatore, e da Dario Raffone, altro cc che sostiene di essere stato a bordo di quella jeep. A nessuno forse conviene che si riaccendano i riflettori sulla vicenda di Piazza Alimonda come, invece, non cessano di chiedere i Giuliani e il movimento tutto. Qualcuno ha anche fischiato e gridato «Vergogna!» quando è stata annunciata la costituzione in parte civile del Comune di Genova assieme a tre banche e tutti in buona compagnia del governo e di tre ministeri che già l'avevano formalizzata nell'udienza preliminare. Il legale di Tursi, Salvarezza, ha letto un breve testo per dire che non ci sarebbero intenti accusatori ma che suona ai più come la debole
precisazione dopo le polemiche suscitate dal gesto di Pericu. Oggi stesso l'assessore del Prc Dante Taccani presenterà le proprie dimissioni mentre, ieri pomeriggio, sono giunte - ma all'indirizzo di Rifondazione - quelle di Valter Seggi, l'altro assessore, che ritiene sufficiente il documento politico con cui la Giunta ha tentato di rettificare il senso di una delibera che, oggettivamente, le ha riservato un palco dalla parte dell'accusa al movimento. Oggi il capogruppo Prc a Tursi, Delogu, il consigliere provinciale Giannelli e Giordano Bruschi - in dissenso con la linea genovese - terranno una conferenza stampa. «Ci addolora la scelta di Valter e speriamo che nessuno voglia seguirlo - commenta a caldo Bruno Pastorino, segretario cittadino del Prc - nella sinistra ci sono state molte scissioni dolorose ma si sono sempre consumate su questioni ben più serie: la rivolta operaia del '56 a Budapest, i carri armati a Praga nel '68. Qui ci sembra che qualcuno minacci una diaspo
ra per l'uscita da una Giunta in una città di 700mila abitanti».

Una raffica di eccezioni verrà presentata fin dalle prime battute e Marco Devoto, il presidente della Corte, dovrà sospendere più volte la seduta per decidere nel merito. Stralciata, alla fine della mattinata, la posizione di Eurialo Predonziani, denunciato per aver assaltato il Defender di Alimonda ma il cui legale, Ezio Menzione, è venuto a sapere la cosa dai giornali anziché dal postino. La blindatura del processo fin dall'udienza preliminare, la crisi politica a Tursi, le parole del procuratore generale Porcelli all'apertura degli ultimi anni giudiziari e quelle dell'arcivescovo Bertone - non presente al G8 ma convinto che la città fu messa a ferro e fuoco - faranno chiedere il trasloco a Torino all'avvocata padovana Alborghetti (ne è persuaso anche Luca Casarini presente alla manifestazione sotto il palazzo) convinta che qui non ci sarebbe la serenità necessaria. Tecnicamente si tratta di una istanza di remissione per incompatibilità ambientale, ossia la Cirami, troppo s
imile alle mosse dei legali di Previti o dei poliziotti indagati per la Diaz e Bolzaneto. Comunque neppure questa mossa farà sospendere il processo che riprenderà il 9 marzo mentre la Cassazione si prenderà i suoi tempi per decidere sull'istanza di Alborghetti ma sembra probabile che il processo resti a Genova. Laura Tartarini, legale di 7 accusati e consigliera comunale disobbediente, si aspetta che nel dibattimento vengano alla luce gli aspetti restati fuori dall'inchiesta dei pm Canepa e Canciani che si sono concentrati su singoli "fotogrammi" cassando il contesto. Da Roma, il vicepremier Fini, che mentre moriva Giuliani era in visita alle caserme genovesi col fido Ascierto, si scandalizza, invece, sul fatto che siano più i poliziotti che i no global rinviati a giudizio per le vicende del G8.

Che. Ant.

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