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11.06.06

Liberazione: la CDL contro commissione di inchiesta

Fuoco di sbarramento contro la commissione d’inchiesta, prevista dal programma dell’Unione e appena riproposta
G8, la Cdl non vuole una vera indagine parlamentare
Checchino Antonini
Dopo aver fatto fuori Lidia Menapace, pacifista e partigiana, dalla presidenza della commissione Difesa, la Casa della libertà del Senato inizia a sparare sull’ipotesi di una vera inchiesta parlamentare sui misfatti di polizia del G8 2001. La proposta, già assunta dal programma dell’Unione, è stata firmata da Gigi Malabarba, senatore di Rifondazione comunista, che per quattro anni l’aveva ripetutamente presentata nella scorsa legislatura, quand’era capogruppo, ma che la maggioranza di allora non ha mai voluto portare in aula pur figurando, a lungo, al secondo posto dell’ordine del giorno. Ora, invece, la commissione Affari costituzionali, presieduta dall’ex ministro degli Interni e presidente del Senato, Nicola Mancino, ne discuterà in tempi abbastanza rapidi. Oltre a imbarazzare chi gestì ai piani alti e bassi di Viminale e Palazzo Chigi l’ordine pubblico nelle giornate del vertice genovese degli Otto grandi, la commissione dà lo spunto alla Cdl per replicare l’operazione De Gregorio: alzare un fuoco di sbarramento sull’Unione per vedere se qualcuno abbocca. E’ quello che fa Storace facendo appello a Emilio Colombo, senatore a vita, e all’ex di An, Fisichella, transfuga nella Margherita, oltre che allo stesso Mancino e a Bianco, ex ministro degli Interni anch’egli. Quella di ieri è stata una giornata segnata dalla scansione monotona delle dichiarazioni di nazional-alleati e forzisti a strepitare sul presunto processo politico alla politico alla polizia che gli “antagonisti” del centro-sinistra vorrebbero intentare.

L’ex governatore del Lazio ed ex ministro della Salute, balzato agli onori delle cronache per la vicenda delle intercettazioni telefoniche presunte ai danni di suoi avversari politici, rilancia l’assioma che a Genova furono gli «uomini in divisa ad essere aggrediti durante il G8». Nel polverone ci infila pure un richiamo al caso D’Elia, antico membro di Prima linea, che ha scontato la pena ed è approdato (oggi ne è deputato) su posizioni non violente nella Rosa nel pugno, finisto nel mirino della Cdl dopo l’elezione nell’ufficio di presidenza di Montecitorio. Sulla stessa linea il suo collega di partito, deputato Pedrizzi, che sbotta - «Non bastava la grazia a Bompressi!» - e attacca con la tiritera dei poliziotti e dei carabinieri che mettono a rischio la vita «per un magro stipendio» che il governo Berlusconi s’è guardato bene dall’aumentare. Poi, credendola intelligente, azzarda la domanda su «chi e come finanzia i no global». Avanti un altro. E spunta Filippo Ascierto, maresciallo dei carabinieri prestato alla politica dalla passata legislatura che lo vide in azione a Genova, al seguito di Fini, in mai chiarite visite nelle sale operative e nelle caserme nelle stesse ore in cui partivano le cariche senza ragione e a freddo contro un corteo regolarmente autorizzato: nello stupore della sala operativa, immortalato nei nastri a disposizione del tribunale di Genova, un plotone di carabinieri, utilizzando anche armi improprie (immortalate in immagini a disposizione del tribunale di Genova), diede il via a scontri feroci durante i quali la pistola di un carabiniere (immortalata mentre era puntata ad altezza d’uom) uccise un ventitreenne genovese, Carlo Giuliani. Il deputato di An, Ascierto, che pochi mesi dopo rimosse di corsa dal suo sito un link antisemita scoperto da un settimanale, ha la fobia anche per i centri sociali ed è tenacemente convinto che la sinistra voglia ribaltare la verità. A tirar fuori dal cassetto le parole di Pasolini sui ragazzi n divisa «figli del popolo» e manifestanti «figli della borghesia radical chic» ci pensa Briguglio, post-fascista anche lui. Non brilleranno per originalità le dichiarazioni seguenti di Pezzella e Foglietta (An), Malan (Forza Italia) e Mantovano (An) che si domanda: «E se dalla commissione di inchiesta venisse fuori qualche collateralismo con chi ha assalito i poliziotti da parte di attuali componenti delle camere o del governo?». E allora perché tutta questa ostilità verso una reale indagine parlamentare su quello che Amnesty international definì «la più grave sospensione dei diritti umani in Occidente dopo la fine della seconda guerra mondiale»? Perché, in realtà, a trovarsi in imbarazzo fu proprio il governo Berlusconi che concesse una blanda indagine conoscitiva all’indomani del G8 da cui uscirono comunque dettagli inquietanti - come il fatto che il corteo delle tute bianche fosse autorizzato e che le cariche partirono violentissime e a freddo - per i vertici delle forze dell’ordine e del ministero degli Interni. E tutto ciò nonostante Donato Bruno, presidente forzista della commissione bicamerale, ripetesse come un mantra, agli ospiti in audizione, che era solo un’indagine conoscitiva. «Una commissione senza poteri e che si svolse con modalità ridicole», ricorda Gigi Malabarba che, in calce alla proposta ha raccolto le firme del 20% dei senatori e che il 20 luglio, quinto anniversario dell’omicidio, si dimetterà da Palazzo Madama: «Non c’è alcuna condanna precostituita, dal 2001 chiediamo solo che la politica si occupi della sospensione della democrazia di cui parlò Amnesty. Una richiesta di verità che Rifondazione ripete, come sulla questione dell’uranio impoverito, indipendentemente dalla maggioranza di governo».

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