20.07.11
liberazione Genova, tour nei luoghi del G8
Genova, tour nei luoghi del G8
L'idea mi è nata ricordando il primo incontro, circa un anno dopo, con Enrica Bartezzaghi, mamma di Sara, una ragazza rimasta coinvolta nel blitz del 21 luglio alla Diaz e nell'inferno di Bolzaneto. Non era più tornata e si percepiva, anche fisicamente, lo stato di ansia e paura verso questa città descritta nel suo libro "Genova, il posto sbagliato". La passeggiata per i luoghi che avevano segnato quelle giornate e l'incontro con un'umanità multietnica e vivace, contribuì a stemperare la tensione. A 10 anni di distanza ho pensato di far fare la stessa cosa ai molti che torneranno qui. Passeggeremo nella zona rossa libera dalle grate e dai container, in P.zza De Ferrari, luogo della rivoluzione del 30 giugno '60 e del palazzo Ducale, occupato 10 anni fa dai "grandi". E adesso sede della maggior parte delle iniziative del decennale. Incontreremo le Colonne Infami, quella del Settecento, eretta per il pubblico ludibrio dei Vacchero, famiglia coinvolta in una congiura filo piemontese. E quella del Novecento, eretta negli anni '70 per ricordare i genovesi del centro storico "deportati" nei quartieri collinari per fare spazio alla speculazione immobiliare. Gireremo per la via del Campo del Poeta e la multietnica via Prè, teatro di un'ulteriore speculazione immobiliare che l'ha lasciata nel degrado per più di 30anni. Sì tornate a Genova! Vi aspetta la ri-scoperta di luoghi storici e politici e dell'umanità meticcia che li popola. Un viaggio "in" Genova, per chi ancora non la conosce e per quanti non sono più riusciti a tornare nella splendida città in cui ha avuto luogo la più grave violazione di diritti umani in un paese occidentale dopo la seconda guerra mondiale. La durata sarà di circa due ore e questi sono per ora gli appuntamenti: oggi alle 18.30 in piazza Alimonda; domani alle 8.00 al Sottoporticato palazzo Ducale; il 22 alle 19, sempre al Sottoporticato palazzo Ducale.
Antonio Bruno
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Riparte dal laboratorio di Genova
una nuova "carovana antirazzista"
Stefano Galieni
Genova
Dieci anni dopo, una parte del movimento migrante antirazzista che aveva aperto le giornate contro il G8 di Genova si è ritrovato in un'assemblea densa di interventi e di proposte. Soggetti frammentati, forse, attraversati da percorsi che li hanno visti solo raramente, come per la manifestazione del 17 ottobre 2009, lavorare insieme, e spesso invece operare su singoli territori o attorno a tematiche specifiche. Ma la voglia emersa ieri era quella di riprovare a costruire un laboratorio, una carovana antirazzista, un tessuto capace di tenere insieme le questioni connesse all'immigrazione con conflitti che cresceranno a causa della manovra. Un'ipotesi di lavoro, insomma, in grado di rientrare a pieno diritto con ruolo protagonista. Sulla base di quanto deciso già al Forum di Dakar, al Forum mondiale sull'immigrazione di Quito, nell'approvazione della Carta mondiale dei diritti dei migranti di Gorèe, si sta tentando di dare vita ad una manifestazione di carattere mondiale per i diritti degli uomini e le donne migranti. Per arrivarci ci saranno numerose tappe, probabilmente il 17 settembre ci sarà un altro appuntamento assembleare per allargare il fronte di coloro che intendono costruire la manifestazione. Nel frattempo le iniziative in campo iniziano già dai prossimi giorni. Il 25 luglio sarà una giornata di lotta per chiedere il diritto all'ingresso nei Cie, oggi impedito dai provvedimenti del governo; il 10 settembre, un giorno prima dell'annuale raduno dei leghisti a Venezia, ci sarà una giornata di mobilitazione per affermare la necessità di sconfiggere politicamente e culturalmente il partito più xenofobo presente in parlamento. Nell'assemblea numerosi gli interventi e le sollecitazioni: c'erano le grandi organizzazioni, come l'Arci, i sindacati, come la Cgil e il sindacalismo di base (Usb e Cobas), il coordinamento Stop razzismo, e forze politiche come Rifondazione comunista e Sel. Ma gli interventi, al di là delle appartenenze, richiamavano in gran parte la necessità di una ricomposizione dal basso, fondata su contenuti e su proposte programmatiche fino ad ipotizzare campagne referendarie per l'abrogazione della Bossi-Fini e del pacchetto sicurezza. Accenti diversi, ovviamente: la Rete primo marzo trova ampia disponibilità alla proposta di rilanciare l'idea di uno sciopero per il primo marzo del 2012 per i diritti dei lavoratori migranti. Il forum antirazzista siciliano ha riaffermato l'importanza di considerare il ruolo di frontiera meridionale di Lampedusa e della Sicilia: a Lampedusa è appena iniziato un festival per promuovere l'accoglienza, a Catania si sta mettendo in piedi una campagna per ottenere la chiusura del Cara di Mineo, un pozzo senza fondo dove in nome dell'accoglienza si tengono sotto sequestro i rifugiati. La Cgil e la Fiom hanno richiamato all'importanza di un allargamento del fronte di ricomposizione inquadrando l'assemblea come un punto di partenza per la ricostruzione di un movimento articolato. Esiste, secondo Piero Soldini, responsabile immigrazione della Cgil, la possibilità di costruire un movimento europeo capace di raccogliere, ad esempio, un milione di firme per ottenere la cittadinanza di residenza e per chiedere agli stati europei la ratifica della convenzione dei diritti dei lavoratori e delle lavoratrici migranti. Aboumakhar Soukhomoru, responsabile immigrazione Usb ha aperto una riflessione sulla pericolosità di restare ancorati soltanto a battaglie di settore: «il ticket a 25 euro lo pagheranno sia gli italiani che gli immigrati», ha detto. Grande emozione ha suscitato la notizia giunta durante l'assemblea che Mark Covell, che nel macello della Diaz finì ridotto in coma, ottiene oggi come piccolo, ma importante segno di risarcimento la cittadinanza onoraria dal comune di Genova. Una notiza portata con molta gioia da Vittorio Agnoletto. Ma il legame fra dieci anni fa e oggi è forse più in questa notizia che nel dibattito che c'è stato. Di mezzo c'è una guerra appoggiata da tutto il parlamento, e dal presidente della Repubblica, come ha ricordato Renato Scarola di Socialismo rivoluzionario, di mezzo c'è l'arrivo di una nuova generazione di migranti meno disponibili a essere vittima di ogni sopruso e con più volontà di diventare attori politici nel contesto italiano ed europeo. E' quanto hanno raccontato soprattutto esponenti di associazioni, campagne, progetti sui territori, coloro che hanno incontrato i ragazzi tunisini in viaggio fra Italia e Francia, come Mauro del centro sociale La Talpa e l'Orologio (Im), quelli che provano a connettere tematiche complesse che vanno sotto tre parole: guerra, diritti, lavoro.
Quella che si è aperta ieri è quindi una nuova sfida, forse più complessa, a cui non sono chiamati soltanto gli immigrati o gli antirazzisti storici, come ha ricordato Edda Pando: è una sfida a tutto campo che coinvolge l'intera società italiana e che va combattuta con determinazione.
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Dalla Fiom al popolo
dei referendum
tutti contro i sacrifici
Roberto Sarti*
Dopo dieci anni torniamo a Genova. Il capitalismo sembrava essere trionfante dopo il crollo del muro di Berlino: i discorsi sulla "fine della storia" si sprecavano e per fine della storia si intendeva la fine del conflitto e della lotta di classe. Attorno a Genova tutto iniziò a cambiare. Centinaia di migliaia di persone contestarono il sistema di economia di mercato e le sue istituzioni, dal G8 alla Banca mondiale fino al Fmi. Fu un movimento di massa che mise in discussione i dogmi del pensiero capitalista.
Ma le giornate di Genova le ricordiamo anche e soprattutto per la repressione scatenata dalle forze dell'ordine, che culminarono nell'assassinio di Carlo Giuliani e l'irruzione alla Diaz. Un uso della violenza generalizzato che aveva avuto la sua prova generale alcuni mesi prima, con le cariche a Napoli targate centrosinistra. In quel luglio genovese noi tutti abbiamo subito sulla nostra pelle il vero volto, feroce e spietato, dello stato capitalista. I fatti della Valsusa hanno riportato drammaticamente indietro la memoria.
Dieci anni di distanza, allo stesso tempo, possono consentire di discutere a mente fredda delle ragioni per cui quel movimento si divise ed entrò in una paralisi per un lungo periodo di tempo.
Una delle convinzioni più comuni era quella riassunta nello slogan "Voi G8, noi 6 miliardi", vale a dire che bastasse far vedere che eravamo in tanti, e i potenti ci avrebbero ascoltato. La conseguenza erano le ipotesi di "riformabilità" di istituzioni come il G8, l'Fmi e l'Onu , insieme all'idea che si potesse far pesare la forza del movimento all'interno dei governi. Il principale difensore di tale strategia fu il gruppo dirigente del nostro partito.
I danni che ha recato questa scelta sono noti a tutti. Non solo la sinistra non è riuscita a portare alcuna istanza del movimento antiglobalizzazione all'interno del governo, ma ha pagato il proprio distacco dalla base con l'espulsione dal parlamento nel 2008.
Qualsiasi governo di destra, centro o sinistra che voglia restare all'interno dei limiti del capitalismo deve portare avanti attacchi allo stato sociale e alle condizioni di vita dei lavoratori. In Grecia o in Spagna infatti, sono i governi socialdemocratici i promotori di politiche di lacrime e sangue.
Ciò dovrebbe far riflettere seriamente chi oggi viene a Genova riproponendo nuove alleanze politiche e spazi unitari della sinistra, da spendere in una nuova avventura di governo (pardon, di appoggio esterno) con le forze che rappresentano il grande capitale, come il Pd e il Terzo polo.
Nel 2001 inoltre l'idea prevalente era che la classe operaia non avesse più un ruolo centrale nel conflitto, perchè "integrata" e/o "frammentata". Meglio puntare sulla "moltitudine" indifferenziata dei "cittadini" e sul lavoro "immateriale".
Oggi la situazione è ben diversa: i referendum di Mirafiori e Pomigliano, insieme alle mobilitazioni organizzate dalla Fiom, sono stati il detonatore per la riscossa del movimento di massa, che ha avuto il suo riflessa nelle urne, con la storica vittoria nei referendum del 12-13 giugno e nella sconfitta delle destre alle amministrative.
Il ruolo della classe lavoratrice è stato essenziale anche nelle rivoluzioni tunisina ed egiziana, avvenimenti di grande portata che ci dimostrano come "la rivoluzione è possibile".
Sulla sponda opposta del Mediterraneo, ad Atene gli "indignati" di Piazza Syntagma hanno come principale rivendicazione lo "sciopero generale politico" volto a cacciare il governo Papandreu.
Crisi capitalista, rivoluzione, ruolo della classe lavoratrice, sono i temi che crediamo debbano essere messi sul piatto nei dibattiti di Genova 2011, anche a costo di mettere in discussione quel "consenso" tanto caro ai Social forum del 2001. La logica del consenso, che rifiuta il voto ed ogni forma di delega, rende infatti la discussione politica inaccessibile ai comuni militanti, mentre le vere decisioni vengono prese ben lontano dalle sedi assembleari.
Genova 2011 potrà rappresentare un passo in avanti se saprà delineare un'azione che unifichi tutte quelle forze che, davanti alla crisi e alla pressante richiesta di sacrifici fatta da padroni e governo, vogliano rispondere con un no chiaro e forte ad ogni ipotesi di unità nazionale e di gestione della crisi. L'accordo del 28 giugno tra Confindustria e Cgil-Cisl-Uil su contratti e rappresentanza mira proprio a silenziare ogni proposito di opposizione ai dettami delle banche e del grande capitale.
Si potrà costruire così un'unità forse meno "di vertice" ma che risponda alle aspirazioni dei 27 milioni di persone che hanno detto no alle privatizzazioni e alla logica del profitto e a quelle centinaia di migliaia che hanno partecipato al 16 ottobre e alle altre mobilitazioni indette dalla Fiom. Non basta dire "Noi la crisi non la paghiamo", ma bisogna aggiungere " che la crisi la paghino i padroni".
*www.marxismo.net