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27.02.04

lavoro repubblica: botta e rispsota tra Marchisiell oe Guadagnucci-Giuliani

SBAGLIATO "CIRCONDARE I GIUDICI"

Cara Repubblica, leggo che Heidi Giuliani e Lorenzo Guadagnucci, del
comitato 'Verità e Giustizia per Genova' hanno presentato un appello "ai
trecentomila di Genova" affinchè vengano nella nostra città in occasione del
processo a 26 manifestanti imputati di devastazione e saccheggio in
occasione del G8. Lo scopo dell'appello è, presumibilmente, quello di
presidiare non tanto il Palazzo di Giustizia (a questo penseranno le forze
dell'ordine con il solito imponente spiegamento), quanto la sentenza che si
vuole dai giudici, in nome di una giustizia e di una verità di cui la
società - o almeno una parte significativa di essa - si ritiene depositarla.
Quella verità e quella giustizia, dunque, non devono essere cercate - come
il comitato sembra far intendere - ma sono già stabilite: si tratta solo di
difenderle con gli opportuni mezzi di pressione, a tutti i costi. Difficile,
ma necessario, trovare parole per commentare l'iniziativa. L'assenza di
cultura civile che essa denunzia, ancor più che di un senso elementare della
legalità, suscita sgomento nei democratici (di destra o di sinistra) e non
trova riscontro neppure, è tutto dire, nelle esternazioni della parte
politica cui Giuliani e Guadagnucci dicono di opporsi. Proviamo a immaginare
cosa accadrebbe nelle loro file, se il capo del governo, o di una componente
della coalizione, esortassero i militanti del loro partito a mobilitarsi
concentrandosi intorno alla sede di un processo dal quale si sospetta possa
uscire una sentenza iniqua per il Capo, con la scusa di impedire che si
arrivi a una sentenza esemplare con pene (si immagina già) sproporzionate. E
che tipo di giustizia è questa che in nome della società pretende di
sovvertire pregiudizialmente quella dei tribunali? E, ancora, quale serenità
di giudizio ci si ripromette di ottenere da una mobilitazione di centinaia
di migliala di persone attorno a un palazzo di giustizia? Quali incidenti,
scontri e nuove tragedie si vogliono provocare? QUEL giorno di luglio ho
raggiunto il Palazzo attraversando una città livida, svuotata dalla paura,
abbandonata a se stessa. Il Palazzo era fuori della 'zona rossa', presidiato
come al solito da alcuni carabinieri in borghese, cosi diversi dai Rambo che
avevamo visto aggirarsi inquieti dall'altra parte della gabbia. Dall'ultimo
piano vedevamo nera, brulicante, la folla in Corso Gastaldi e in Carignano.
Qualcuno chiese se ci si sarebbe potuto aspettare un assalto al Palazzo:
certamente i pochi, pacifici carabinieri di servizio non sarebbero riusciti
ad arginare i dimostranti. Fummo evitati dal flusso degli eventi. Qualcuno
ebbe difficoÌtà nel tornare a casa, la sera. E poi la notte davanti al
televisore, increduli, angosciati, impotenti. Per quella volta il Palazzo fu
salvo. Non vorrei, però, che si fosse trattato solo di un appuntamento
rinviato tra la giustizia preconfezionata e violenta di una parte politica e
quella - fragile e incerta, ma civile e ossequiente alla legge - del
Tribunale. Genova, non solo quella.borghese e benpensante ma anche quella -
ardente e di ben altra tempra civile - delle giornate del giugno 1960, non
meriterebbero, ne tollererebbero un'altra umiliazione.

MICHELE MARCHESIELLO presidente della VI sez. civile del Tribunale di
Genova
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La risposta a Marchesiello uscita su Repubblica-Genova di giovedì 26


Cara Repubblica, ti scriviamo queste righe perché vorremmo tranquillizzare i lettori e il signor Michele Marchesiello, ospitato sulle tue colonne lo scorso martedì. Marchesiello, commentando il nostro appello a venire a Genova il prossimo fine settimana e martedì 2 marzo, si domanda, fra le altre cose, "quale serenità di giudizio ci si ripromette di ottenere da una mobilitazione di centinaia di migliaia di persone attorno a un palazzo di giustizia? Quali incidenti, scontri e tragedie si vogliono provocare?" Dice anche, Marchesiello, che il nostro appello denota "assenza di cultura civile, ancor più che di un senso elementare della legalità".
Non sappiamo a chi o a che cosa si riferisca Marchesiello quando evoca incidenti, scontri e tragedie, certamente non al nostro appello. Chiunque l´abbia letto (per sicurezza te lo mandiamo in allegato) avrà notato che esso invita piuttosto a una mobilitazione civile, che si propone obiettivi molto semplici: riportare a Genova i `testimoni´ del luglio 2001, offrire un´occasione di conoscenza su tutti i fatti accaduti in quei giorni, ricordare agli italiani che a Genova furono calpestati i più elementari diritti della persona, come denunciato più volte ad esempio da Amnesty International. Vorremmo insomma dare un contributo per ricostruire la cornice in cui vanno collocati gli episodi di cui si discuterà in tribunale dal 2 marzo, perché ci sembra questa l'unica strada per cercare di chiarire le vere responsabilità di quanto accaduto, che sono politiche e della catena di comando. Non è proprio un caso che una delle nostre richieste forti sia quella di istituire una commissione parlamentare d'inchiesta. Speriamo che il Comune di Genova chieda la stessa cosa, invece di nascondersi dietro la costituzione di parte civile.
Siamo convinti che la democrazia, e l´esercizio della giustizia, vivano proprio di questo: partecipazione, testimonianza diretta, ricerca della verità in tutte le direzioni. Chi può avere paura di 93 persone che raccontano che cosa è accaduto alla scuola Diaz? Chi può temere decine di giovani e adulti che tornano a Genova per dire in piazza quello che hanno già detto ai magistrati, come testimoni e parti lese, sulle torture di Bolzaneto o sulle aggressioni subite in piazza? Non è forse un contributo alla dialettica democratica, un convegno che discute di leggi contro la tortura, di commissioni parlamentari d´inchiesta, di formazione alla nonviolenza per le forze dell´ordine? O un altro che invita a riflettere sull´entità della pena - minimo otto anni - prevista dal reato di devastazione e saccheggio, scomparso per decenni dai tribunali ma contestato ai ventisei imputati del 2 marzo? Cara Repubblica, di queste cose parleremo sabato e domenica, e siamo convinti che nessun democratico abbia qualcosa da temere da tutto ciò, o da una carovana di pace che il 2 marzo ripercorre i luoghi simbolo del G8 (via Battisti, piazza Alimonda) per sfociare in Piazza De Ferrari. Meno che mai hanno qualcosa da temere i giudici genovesi. Come tutti sanno, abbiamo personalmente collaborato con la procura genovese, e continueremo a farlo, insieme con le centinaia di persone che non hanno esitato a denunciare, a viso aperto, gli abusi compiuti dalle forze dell´ordine. Abbiamo svolto, in centinaia, il nostro ruolo di cittadini e testimoni. Avremmo semmai voluto collaborare di più e più a fondo, affrontando un dibattimento pubblico sui fatti di piazza Alimonda, per accertare quanto accaduto il 20 luglio, senza spirito di rivalsa o di vendetta ma dichiarando senza incertezze tutta la nostra contrarietà nei confronti dell'archiviazione.
Siamo ancora convinti che chiedere verità e il pieno rispetto dei diritti costituzionali non significhi essere terroristi. Perciò contiamo di avere al nostro fianco tutti i democratici che non hanno paura di affrontare i fatti per quello che sono. A cominciare dal prossimo fine settimana.
Cordialmente,
Haidi Giuliani - Comitato Piazza Carlo Giuliani
Lorenzo Guadagnucci - Comitato Verità e Giustizia per Genova

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