23.11.03
La Padania: spostate il processo a Torino
I legali dei dirigenti indagati:
«Spostate il processo a Torino»
GENOVA (Zéna) - I difensori di cinque poliziotti indagati per l'irruzione nella scuola Diaz durante il G8 hanno chiesto la trasmissione degli atti (e il traferimento del processo) alla Procura di Torino. Sono gli avvocati Enrico Marzaduri e Carlo Di Bugno, difensori di Giovanni Luperi e dell'avvocato Marco Valerio Corini, difensore di Gilberto Caldarozzi, Filippo Ferri, dell'ispettore Daniele Di Novi e del sovrintendente Renzo Cerchi. Secondo i legali, un magistrato della Procura di Genova sarebbe stato a conoscenza del rinvenimento delle due molotov prima della scrittura dei verbali e quindi avrebbe suggerito addirittura lui stesso di collocarle all'interno della scuola in un posto accessibile a tutti. Questo concetto risulta nel verbale di interroga torio di Spartaco Mortola, all'epoca capo della Digos, che nello stesso contesto, incalzato dal pm Zucca, però avrebbe smentito la circostanza. L'iniziativa di chiedere la trasmissione degli atti a Torino - hanno spiegato i legali - scaturisce da elementi di fatto emersi dalla lettura dei verbali degli interrogatori di alcuni indagati e tende a sollecitare da parte degli stessi magistrati, che fino ad oggi si sono occupati della vicenda, una verifica sull'esatta osservanza delle regole processuali. Ulteriori accertamenti sulle telefonate intercorse la sera dell'irruzione della polizia nella scuola Diaz tra il pm di turno quella notte, Francesco Pinto e i dirigenti della questura di Genova vengono chiesti dall'avvocato Luigi Li Gotti, difensore di Francesco Gratteri, all'epoca del G8 a capo dello Sco e indagato nell'inchiesta della Procura di Genova. In particolare Li Gotti chiede alla Procura di Genova che vengano ascoltati come testi il vicedirigente della Digos genovese Alessandro Perugini e il sostituto procuratore generale presso la Corte di Cassazione Vito Monettl. Dai tabulati dei telefonlni in uso ad entrambi risultano infatti telefonate
con il dottor Pinto. L'avvocato Li Gotti rileva una discrepanza tra quanto affermato dal pm Pinto ed i tabulati del telefonino in uso a Perugini: il magistrato afferma di aver chiamato lui per primo il poliziotto (che era di servizio nella caserma di Bolzaneto), mentre dai tabulati risulta che la prima telefonata tra i due è "in uscita" dal cellulare di Perugini. Secondo Pinto, però, "la questione delle telefonate è irrilevante per le indagini, come è priva di fondamento la dichiarazione fatta da Mortola, subito ritrattata, in inerito alla mia presunta indicazione al dottor Ferri su dove collocare le due bottiglie molotov». Pinto ha spiegato inoltre: «Se ho parlato solo di una o due telefonate intercorse tra me e Mortola è perché ho avuto da lui solo la mattina dopo la telefonata esaustiva in cui ho conosciuto l'operazione nei suoi dettagli. Durante la notte infatti le informative erano state scarse e sommarie». Ma i difensori dei poliziotti rilevano che il supplemento di indagini sui tabulati ha evidenziato che il traffico generato in quella notte dal pm Pinto con i telefoni a disposizione della polizia giudiziaria, raggiunge una durata totale di 49 minuti e 57 secondi, di cui 22 minuti e 51 secondi con utenze cellulari in uso alla polizia giudiziaria e 27 minuti e 6 secondi in conversazione provenienti da apparecchi di rete fissi.