13.03.08
Il tempoViolenze al G8, rischia un ciociaro
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Violenze al G8, rischia un ciociaro
Pietro Pagliarella
Rischia la condanna nel maxi processo per i presunti soprusi e le
violenze avvenuti nella caserma di Bolzaneto durante il G8 di Genova del
luglio 2001. Si tratta di C.P., cinquantatreenne frusinate, agente di
polizia peniteniziaria, accusato di lesioni personali.
Per lui i pubblici ministeri Patrizia Petruzziello e Vittorio Ranieri
Miniati, nella loro requisitoria dopo la lunga istruttoria
dibattimentale, hanno formulato una richiesta di pena a sette mesi di
reclusione relativamente ad un presunto episodio di violenze all'interno
della caserma, mentre per un altro era stato prosciolto in udienza
preliminare. Circa 76 in totale gli anni chiesti dalla pubblica accusa
per i 45 imputati. Ad accusare il cinquantatreenne agente di polizia
penitenziaria frusinate è stato, durante una delle tante udienze del
maxi processo, un teste fiorentino, Simone Aveni, che depose in ordine
ai fatti attribuiti ai 47 operanti in servizio in quei giorni a Genova e
che si sarebbero resi autori di presunti fatti di violenza in danno di
alcune persone all'interno della caserma di Bolzaneto dove si trovavano
le presunte vittime. Il giovane nell'occasione procedette al
riconoscimento «con buona approssimazione» del suo picchiatore a seguito
di ricognizione fotografica. In un primo tempo il ragazzo, in verità, si
dimostrò titubante tanto da aver detto di non ricordare, a distanza di
tempo, con precisione quel volto. Dopo però che il pubblico ministero
gli rinfrescò la memoria rileggendogli le dichiarazioni rese a sommarie
informazioni agli inquirenti nella immediatezza dei fatti, si sentì più
sicuro delle sue affermazioni e del riconoscimento del poliziotto
frusinate. Il giovane accusatore, che tra l'altro finì in manette a suo
dire «per caso», mentre camminava per strada, ripercorse davanti al
tribunale l'inferno di Genova nonché i giorni trascorsi nel
penitenziario di Alessandria senza la possibilità, stando sempre alle
sue parole, di poter avvisare i genitori o un legale di quanto gli era
accaduto. «Alla richiesta di poter avvertire la mia famiglia - ha
raccontato - gli agenti mi risposero che era inutile "in quanto tua
madre è impegnata in rapporti sessuali con negri". Altri agenti
aggiunsero: "Fatti aiutare da D'Alema, Bertinotti e Manu Chao"». Il
ragazzo raccontò dei pugni e degli schiaffi che gli sarebbero stati
sferrati dentro i bagni di Bolzaneto: «Tra i detenuti - ha detto - avevo
notato una ragazza minuta, tremante, con una coperta addosso, che dagli
articoli sui giornali ho saputo che si chiamava Arianna». Il teste
riferì, inoltre, di aver ricevuto l'ordine, impartito a lui e ad altri,
di fare il saluto romano, nonché parlò delle minacce e degli insulti che
sarebbero stati loro rivolti, tra in quali in mente gli è rimasto
«Puzzate di benzina». Sembra infatti che gli agenti avessero raccontato
che un poliziotto era morto bruciato mentre un altro era stato
massacrato a colpi d'ascia. «Quando uscii dal carcere di Alessandria -
spiegò il giovane teste - ero convinto che ci fossero stati quei morti
per colpa dei manifestanti. Solo quando tornai a casa venni a sapere che
la vittima di quelle giornate era Carlo Giuliani». «Il mio assistito -
ci ha detto l'avvocato Vincenzo Rossi del Foro di Perugia, difensore di
fiducia del cinquantatreenne frusinate -, che tra l'altro svolgeva il
servizio esterno di scorta, ha in tutta la vicenda un ruolo molto
marginale. Le accuse, poi, non mi sembrano suffragate da elementi
probatori convincenti. Comunque diremo la nostra in sede di
discussione». Dopo la requisitoria dei pm il collegio penale ha
stabilito un calendario di udienze per gli interventi delle difese. La
maggior parte delle accuse sono comunque cadute in prescrizione. La
sentenza è prevista per i primi di maggio.