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21.03.06

Il messaggero: processo per un agente ciociaro

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Martedì 21 Marzo 2006
L'imputato, di Monte San Giovanni, e' stato riconosciuto in foto da un
teste, un ragazzo arrestato
G8, processo per un agente ciociaro
Il poliziotto della Penitenziaria accusato di violenze nella caserma
Bolzaneto

Anche un agente ciociaro coinvolto nel processo per le violenze nella
caserma Bolzaneto di Genova nel corso del G8. Decine di persone, che
manifestavano contro il vertice degli otto grandi, furono arrestati e,
secondo le imputazioni formulate dalla procura, subirono violenze e
maltrattamenti. Gli arresti poi furono quasi tutti annullati. Dopo le
indagini tese a ricostruire le singole responsabilita' , si e' arrivati al
processo che si sta tenendo nel tribunale di Genova. E ieri un teste
fiorentino, Simone Aveni, ha riconosciuto in una foto «con buona
approssimazione» uno degli agenti di polizia penitenziaria che lo
avrebbero picchiato nella caserma di Bolzaneto, proprio durante il G8.
L'agente, Giuliano C., di Monte San Giovanni Campano, e' uno dei 47
imputati nel processo per i fatti avvenuti nella caserma di Bolzaneto,
allestita durante i giorni del G8 come centro di prima detenzione. oltre
all'episodio descritto in aula dal teste, l'agente ciociaro e' accusato di
aver partecipato ad altri due pestaggi.
Il giovane, che venne arrestato a suo dire «per caso», mentre camminava
per strada e che quindi non avrebbe preso parte ai dirordini, ha
raccontato oggi davanti al tribunale i tre giorni della sua odissea
trascorsi tra Bolzaneto e il carcere di Alessandria, senza poter avvisare
i familiari e un avvocato.
«Alla richiesta di poter avvertire la mia famiglia - ha raccontato davanti
ai giudici - gli agenti mi risposero che era inutile «in quanto tua madre e' impegnata in rapporti sessuali con negri». Altri agenti aggiunsero:
«Fatti aiutare da D'Alema, Bertinotti e Manu Chao». Aveni ha rievocato poi
il passaggio nel corridoio di Bolzaneto e nel bagno dove venne preso a
calci e schiaffi. «Tra i detenuti - ha detto - avevo notato una ragazza
minuta, tremante, con una coperta addosso, che dagli articoli sui giornali
ho saputo che si chiamava Arianna».
Il teste ha anche riferito dell'ordine impartito in caserma a lui e ad
altri detenuti di fare il saluto romano e degli insulti e minacce che gli
erano stati rivolti, tra cui «Puzzate di benzina». Gli agenti raccontavano
infatti che un poliziotto era morto bruciato e un altro a colpi d'ascia.
«Quando uscii dal carcere di Alessandria - ha spiegato il giovane
fiorentino - ero convinto che ci fossero stati quei morti per colpa dei
manifestanti. Solo quando tornai a casa venni a sapere che la vittima di
quelle giornate era solo Carlo Giuliani».

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