02.10.07
Il messaggero «Al G8 Guerriglia urbana programmata».
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«Al G8 Guerriglia urbana programmata». Via alla
requsitoria dei pm. Nuovi interrogatori sulla Diaz
GENOVA (2 ottobre) - «Guerriglia urbana programmata». Così sono state
definite dalla procura le azioni di devastazione e saccheggio che hanno
interessato varie zone dei Genova, mirate anche a sfondare la «zona
rossa», dove si teneva il vertice del G8 del 2001. Con la presenza in aula
del procuratore capo Francesco Lalla, è iniziata oggi la lunga
requisitoria dei pm Anna Canepa e Andrea Canciani al processo per le
violenze di strada, avvenute durante il vertice, in cui sono imputati 25
no global accusati di devastazione e saccheggio. La requisitoria si
protrarrà per altre sei udienze.
L'azione dei black bloc, rievoca il pm Canepa, inizia alle 10 del 20
luglio in piazza Paolo Da Novi, con lo smantellamento della pavimentazione
urbana per procurarsi delle armi improprie. A questo seguiranno la
distruzione di vetrine di negozi, di banche, di auto e di cassonetti,
questi ultimi usati anche per fare delle barricate contro le forze
dell'ordine. A rifornire i black bloc, la maggior parte stranieri ma anche
italiani, arriverà anche un furgone carico di bastoni e di spranghe.
Il pm, nella sua ricostruzione, elenca altri punti caldi dell'azione del
blocco nero del 20 luglio, che spazia dal centro città a piazza Manin in
circonvallazione a monte, in corso Italia, con l'assalto alla caserma dei
carabinieri, e a Marassi, con l'assedio del carcere. La prossima udienza
si terrà venerdì.
Due ispettori della polizia penitenziaria, Giuseppe Fornasiere di
Benevento e Francesco Tolomeo di Trapani, responsabili dell'ufficio
matricola nella caserma di Bolzaneto, durante il G8, imputati di omesso
controllo e concorso in falso, sono intanto stati interrogati oggi
nell'ambito del processo per i fatti di Bolzaneto. I due ispettori,
accusati di aver sottoscritto i verbali dei 67 no global stranieri
arrestati nella scuola Diaz, secondo l'accusa falsi in quanto
precompilati, si sono difesi sostenendo di aver messo la firma solo al
momento dell'imbustamento senza partecipare all'interrogatorio.
Nei moduli, sottoscritti dagli stranieri arrestati, era infatti scritto di
non appartenere ad alcun clan criminale, ma soprattutto che non temevano
per la propria incolumità personale o fisica e che non volevano che del
proprio stato di detenzione venisse data comunicazione al Consolato o
all'Ambasciata del proprio Paese. Nel corso delle indagini è emerso invece
che ogni richiesta degli arrestati, tra cui poter avvisare familiari,
avvocati o il proprio Consolato, era rimasta inascoltata.
I pm Patrizia Petruzziello e Vittorio Ranieri Miniati hanno quindi chiesto
ai due ispettori se non si fossero stupiti del fatto che nessun detenuto
straniero chiedesse di avvisare almeno il proprio Consolato. Tolomeo ha
risposto: «In quindici anni all'Ucciardone di Palermo non ho assistito a
immatricolazioni di stranieri che chiedevano di parlare con il Consolato»