29.02.04
Il Mercantile: Il movimento torna in prima linea
dal mercantile
Il movimento torna in prima linea
L'occasione per ritrovarsi, tre anni dopo, è ancora una volta una protesta: vogliono dire il loro no a chi ha deciso di processare 26 manifestanti, accusandoli di devastazione e saccheggio, durante i giorni del g8. Processo che si aprirà martedì, ma da ieri il Comitato Verità e Giustizia, torna "in prima linea" con una serie di manifestazione il cui obiettivo è, per l'appunto, quello di non dimenticare. Perché quasi sempre ricordare fa male, ma in certe situazioni è un obbligo. Parte da queste considerazioni il convegno "Mai più come al g8" tenutosi ieri mattina nella Sala Rossa di Palazzo Turai che ha aperto la "due giorni" di appuntamenti che avvicineranno il movimento al processo. I rischi, in questi casi, sono essenzialmente due: superare quell'atmosfera di reducismo che aleggia e poi non cadere nella retorica. Ad evitare questi ostacoli il fatto che le ferite di quel luglio sono ancora vive, ed i punti da chiarire molti. Per questo, la Sala Rossa è tappezzata di foto e di memoria: le immagini della caserma di Bolzaneto, il sangue sul pavimento della Diaz, Carlo Giuliani, la polizia in tenuta antisommossa.
Da una parte la memoria fotografica, dall'altra le testimonianze dirette, come quella di don Alessandro Santoro, il sacerdote fiorentino che cita don Milani, l'infermiere che prestò servizio a Bolzaneto e che poi ne ha fatto un libro, la dottoressa di Trieste che, dopo anni come missionaria in Africa, volendo dare voce alle tante vittime del terzo mondo, è finito manganellata in piazza Manin"e con quella botta, mi è caduto in testa anche lo Stato". E ci sono anche due madri: Enrica Bartesaghi, mamma di Sara una delle ferite della Diaz, che ha tradotto in un libro tutti quei ritagli di giornali, i referti medici e pure gli atti delle perquisizioni, ed Haidi Giuliani che ricorda come, la sua ultima volta in Sala Rossa, risale a qualche giorno fa "affianco di una trentina di terroristi, accusati di aver violentato il consiglio comunale". In questo Paese che, come; dice ancora Haidi Giuliani "vive di memoria corta", il Comitato Verità e Giustizia per Genova ripropone la raccolta di firme per chiedere la Commissione d' inchiesta sui fatti del G8.del Genoa Social forum chiede che non passi inosservato. "Non è mai accaduto nella storia italiana - dice - che per decine di così detti tutori dell' ordine ci sia una richiesta di rinvio a giudizio coni accusa pesantissima di aver costruito prove false. false contro i manifestanti Un atto che Vittorio Agnoletto, ex leader Per loro chiedo una sospensione cautela tiva". Un' ombra, dicono i promotori del convegno, la prima. 'E poi la seconda ombra: la costituzione in parte civile del Comune di Genova al processo contro i 26 ragazzi. La terza ombra, come detto, è il ricordo. Don Alessandro Santoro, Firenze, prete nella dura periferia delle Piagge parla di un ritorno a Genova fatto "con i passi appesantiti dall'amarezza. Sono cambiato da,allora, ho provato l'aggressione che tanti provano ogni giorno,. giorno dopo giorno. E cita don Milani: "l'obbedienza è una subdola tentazione'.
Ombre che potrebbero venire cancellati, almeno in parte, da quella commissione d'inchiesta parlamentare di. cui parlano Francesco Martore, senatore verde, e Graziella Moscia; parlamentare di Rifondazione che invocano questa "battaglia di verità", necessaria per abbattere il muro di gomma ancora esistente. Nessuna autocritica, invece, sulla violenza e sugli scontri che pure ci furono e che per i no global sono solo colpa di polizia ed agenti: i black bloc sono estranei al movimento, epperò ribadiscono che quei 26 alla sbarra da martedì non appartengono al "brocco nero" e così, uscendo dalla Sala Tursi, più d'uno rivela di essere curioso di vedere casa celano foto e filmati all'ordine del rinvio a gìudizio dei manifestanti se, aggiungono, si tratta di episodi estrapolati da una realtà che ha visto il movimento vittima e non protagonista di atti violenti".
MIRIANA REBAUDO
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Il nonno no global: "Ho ancora i segni"
"Ho visto tutta la mattanza. Se ci penso mi viene da piangere anche in questo momento. C'erano ragazze e ragazzi che chiamavano la mamma e il papà. I lamenti erano come quelli degli agnelli che vengono sgozzati". Arnaldo Cestaro è uno dei simboli della Diaz. Sessantadueenne del vicentino, in quella tragica notte del luglio 2001 era nella scuola quando la polizia fece irruzione. "Il primo ad essere pestato, l'ultimo ad essere trasportato all'ospedale", ricorda lui. Ieri, è tornato a Genova. E ci rimarrà sino a martedì. Nel pomeriggio ha preso parte alla manifestazione che si è svolta nel loggiato di piazza Matteotti. Al collo il cartello in cui erano raccontate tutte le torture che ha subito. "Arrestato numero 18, colpito violentemente alla testa, gli venivano riscontrate diverse fratture al braccio destro ed al costato e subiva indebolimento permanente dell'organo della deambulazione". Operato al Galliera e poi lo scorso anno a Firenze, Arnaldo, commerciante di materiale ferroso, prossimo alla pensione, dovrà ora sottoporsi ad un nuovo intervento. Al sit-in di ieri, però, non era il solo. Con lui un'altra settantina di uomini e donne che i giorni del G8 li hanno vissuti sulla propria pelle.' Giorni raccontati attraverso i referti medici riportati su cartelli bianchi e che un ragazzo ha poi letto a gran voce. -Testimonianze atroci: quelle di; pestaggi avvenuti nell'infermeria della caserma di Bolzaneto, quelle di ingiure, canzoni inneggianti al fascio ed a Pinochet. "Ci hanno obbligato a gridare "Che Guerava bastardo" e poi facevano squillare suonerie dei cellulari con "Faccetta nera", ricorda la voce, mentre tra i giovani intervenuti non si parla che della giornata di martedì. "Ci saremo sicuramente - dice, Angelo Marsiotto 21 anni, studente' universitario Ci saremo perché non deve vincere lo stato di polizia". "Per non dimenticare": questo il sottotitolo dell'iniziativa messa a punta dal comitato Verità e Giustizia. Per non dimenticare il G8, ma anche la più recente guerra in Iraq, raccontata mediante una lunga serie di fumetti e slogan. Poi i numeri: 330 giorni di guerra, 544 militari statunitensi morti, 59 britannici, 41 di altre nazionalità, tra i quali 17 italiani. È poi 15 suicidi e ben 500 marines rimpatriati per distrurbi mentali. Il bollettino è affisso alle due colonne centrali del loggiato del Ducale. Feriti: 2666. Morti civili: da 8245 a 10089. Deceduti dalla prima guerra del golfo ad oggi: 1 milione e mezzo di persone.