09.03.06
Il Manifesto: «Riconosco Gratteri alla Diaz dava ordini»
il manifesto 9.3.06
«Riconosco Gratteri alla Diaz dava ordini»
Al processo una testimone tedesca accusa l'ex capo dello Sco, oggi questore di Bari: «Nella palestra, dopo il massacro, era lui che comandava, in borghese. Ci diceva di tenere gli occhi bassi»
SIMONE PIERANNI
GENOVA
«Nella palestra, tra le persone ferite che giacevano nel proprio sangue, c'era questo poliziotto alto, con la barba, il casco e il manganello ma con un vestito elegante scuro: andava su e giù davanti a noi e comandava. Ho avuto la sensazione che fosse uno dei capi». Non sbaglia Teresa Treiber, teste tedesca: quell'uomo è Francesco Gratteri, fedelissimo del capo della polizia Gianni De Gennaro - entrambi nati a Reggio Calabria, entrambi provenienti dalle squadre mobili e dall'antimafia - all'epoca del G8 dirigente superiore e capo dello sco, poi capo dell'antiterrorimo e oggi questore a Bari, peraltro graditissimo a Nichi Vendola e a Rifondazione. E' l'imputato più alto in grado tra i 28 tra dirigenti, funzionari e agenti di polizia alla sbarra a vario titolo per lesioni personali, falso, calunnia e abuso di ufficio (principalmente per le due molotov false) per i fatti del 21 luglio 2001 alla scuola Diaz di Genova. La ragazza tedesca ha aggiunto: «Quell'uomo - riconosciuto dalla testimone in uno dei video mostrati in aula - dava ordini e ci intimava di tenere la testa bassa e gli occhi bassi». La fase descritta dalla giovane tedesca è quella della «perquisizione», ovvero dopo l'irruzione e il massacro, quando le persone presenti nella scuola erano state riunite nella grande palestra al piano terra: «I poliziotti, mentre eravamo seduti, svuotavano gli zaini e tutto fu gettato per terra». Francesco Gratteri dunque assistette a quella fase «da capo», all'interno della Diaz, e non in posizione «defilata» come ha dichiarato durante le indagini, «senza alcun ruolo di «direzione». Altri funzionari imputati e non hanno affermato del resto di aver ricevuto da lui, non da altri, l'ordine di «mettere ordine» e di fare i verbali, che poi conterranno i falsi e le calunnie contro i 93 arrestati. E lo stesso Gratteri parlò «da capo» anche davanti all'inutile comitato d'indagine parlamentare istituito a Montecitorio subito dopo il G8, pronunciando l'ormai celebre frase: «Le perquisizioni non si fanno con i guanti», disse non al bar ma in parlamento quando evidentemente non credeva che la magistratura avrebbe osato chiedergliene conto.
Interrogato durante le indagini preliminari Gratteri ha detto ai pm di non ricordare con precisione il suo ingresso nell'edificio, né «particolari oggetti che venivano sequestrati e che hanno attirato la mia attenzione». Il riconoscimento in aula conferma invece l'ipotesi del pm Enrico Zucca, che pone Gratteri al vertice di una delle linee di comando, quella dello Sco e delle squadre mobili di mezza Italia, intervenute alla Diaz (l'altra era quella delle Digos, l'altra ancora quella dei supercelerini di Vincenzo Canterini, incriminato per lesioni con i suoi capisquadra) e che, pur non avendo i compiti di polizia giudiziaria di coloro che firmarono materialmente i verbali falsi e calunniosi, era tra i coordinatori dell'operazione. Tra i firmatari c'è peraltro il suo vice dell'epoca oggi capo dello Sco, Gilberto Caldarozzi.
A Genova Gratteri entrò sulla scena da protagonista proprio sabato 21 luglio, al termine della seconda giornata di manifestazioni e scontri. Fu lui a decidere la perquisizione e l'arresto dei 23 manifestanti presso la scuola Paul Klee cui venne constestato, come accadrà di lì a poco ai 93 del Diaz, il reato di associazione per delinquere. Fu ancora lui, insieme al prefetto Arnaldo La Barbera arrivato da Roma proprio quel giorno, il regista dei «pattuglioni» di polizia che dal tardo pomeriggio del sabato provarono a «pareggiare il conto» con qualche retata tra i manifestanti: fino ad allora gli arresti, a fronte di scontri gravissimi, erano stati meno di cento; un disastro per la polizia di De Gennaro, nominato dal precedente governo dell'Ulivo. Dalle presunte sassate contro una delle pattuglie si arrivò alla perquisizione alla scuola Diaz, decida in una riunione con La Barbera e il questore Francesco Colucci. C'era anche Gratteri e non lo nega: «Suggerii di rimandare al mattino dopo ma mi fu obiettato che già in precedenza una perquisizione era fallita perché non era stata eseguita tempestivamente», ha detto Gratteri al pm nel giugno 2002.