22.01.04
Il Manifesto: Bolzaneto, la nuova indagine travolge Sabella e un generale
G8/GENOVA
Bolzaneto, la nuova indagine travolge Sabella e un generale
Due agenti penitenziari confermano le violenze sugli arrestati in caserma. Ora tocca ai vertici della penitenziaria
ALESSANDRO MANTOVANI
Sono testimoni, non pentiti. Sono un agente e un sottufficiale della penitenziaria che erano in servizio per il G8 del luglio 2001 a Genova e con le loro rivelazioni, raccolte negli ultimi mesi dai magistrati, hanno gettato una luce nuova, ancor più sinistra, su quanto accadde nella caserma di Bolzaneto. Abusi sistematici. Violenze e umiliazioni generalizzate. Altro che «eccessi di singoli»! Dalle deposizioni dei due testimoni, sintetizzate ieri dal Secolo XIX, è nato un nuovo capitolo d'indagine che va a colpire i responsabili della polizia penitenziaria presenti nel capoluogo ligure e in particolare del Nucleo centrale traduzioni. Ora a pagare - oltre ai 42 già destinatari di avvisi di conclusione indagini che preparano le richieste di rinvio a giudizio per abuso d'autorità su arrestati, violenza privata, in qualche caso lesioni, tra i quali quattro medici della penitenziaria, secondini, poliziotti e carabinieri (v. «Bolzaneto anatomia di un pestaggio», il manifesto del 21 settembre 2003) - potrebbero essere il generale Oronzo Doria (colonnello all'epoca del G8) e il dottor Alfonso Sabella, il magistrato che dirigeva la «spedizione» genovese del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (Dap). E c'è di più: mentre Prc, Verdi e Ds tornano a chiedere a gran voce la verità sul G8, almeno un altro agente penitenziario ha cominciato a parlare. Forse ce ne saranno altri, la procura protegge gelosamente le loro identità. Raccontano - checché ne dicano le destre e il sindacato autonomo Sappe della penitenziaria - di essersi dissociati fin dall'inizio dagli abusi dei colleghi, di aver segnalato tutto ai superiori e di aver ricevuto inviti più o meno bruschi a farsi gli affari loro. Rischiano ritorsioni, come i due infermieri che avevano detto la verità per primi. Anche il sottosegretario alla giustizia Vietti (Udc) ieri riconosceva che quei fatti «se veri» sono «gravi». Doria e Sabella sono indagati, tremano anche due capitani e altri ufficiali. Dopo lunghe riunioni i magistrati della procura di Genova hanno iscritto anche Sabella, un loro collega, un pubblico ministero che si era fatto un nome nella lotta alla mafia e dopo il G8, sui giornali e in parlamento, difese a spada tratta la polizia penitenziaria, disse che a Bolzaneto tutto era filato liscio e che i no global si erano inventati le violenze. Fece di più, Sabella. Da capo dell'ispettorato del Dap pretese di dirigere l'indagine interna dell'amministrazione, concludendo naturalmente che a Bolzaneto non c'erano state violenze se non i consueti «eccessi di singoli». Mica male per un magistrato, che nel frattempo ha lasciato il Dap ed è tornato a fare il pm a Firenze. I suoi colleghi genovesi Vittorio Ranieri Miniati e Francesco Albini Cardona l'avevano convocato nei giorni scorsi per l'interrogatorio, poi rimandato - ufficialmente per motivi di sicurezza - perché la notizia era apparsa su Repubblica. L'appuntamento è solo rinviato. Ma al di là della posizione del magistrato, l'intera indagine riceve un nuovo impulso, la procura sta ricostruendo il contesto in cui sono maturate le violenze più gravi (anche le dita di una mano divaricate a forza, fino a strapparle), un trattamento complessivo qualificato dai pm come abuso d'autorità su arrestati (ore e ore con la faccia al muro, poliziotti ai due lati del corridoio per colpire il malcapitato di passaggio) e orrori che hanno risvegliato a sinistra la battaglia per l'introduzione del reato di tortura. E' probabile, però, che i tempi si allunghino: molti dei 42 avvisi già recapitati dovranno essere notificati di nuovo.
Ci vorrà tempo anche per l'eventuale processo alle alte sfere della polizia per l'irruzione, il pestaggio e le false bottiglie molotov della scuola Diaz. Il fascicolo è ora in cassazione, nelle mani del sostituto procuratore generale Antonio Germano Abate che deve decidere sulla richiesta di trasferimento degli atti a Torino presentata dal capo dell'antiterrorismo Francesco Gratteri e da altri indagati «eccellenti». L'unico processo che marcia spedito è quello ai 25 manifestanti individuati come responsabili degli scontri di piazza, che a differenza dei vari responsabili delle forze dell'ordine sono arrestati o sottoposti a misure restrittive nel dicembre 2002. Il dibattimento si aprirà il 2 marzo, quel giorno diverse componenti del movimento manifesteranno a Genova.