22.07.07
21 luglio rassegna stampa su manifestazioni anti g8
Secolo XIX
G8, trecento amici in corteoper ricordare Carlo Giuliani
nel sesto anniversario a genova
Il difensore della "celere" contrattacca: false accuse nel processo Diaz
GENOVA. Nessuno può avere migliaia di amici veri. E quei trecento che si
sono radunati ieri pomeriggio in piazza Alimonda erano, probabilmente, gli
amici veri di Carlo Giuliani. Non una folla oceanica. Centocinquanta in
marcia dallo stadio Carlini. Altrettanti ad attendere là dove, il 20
giugno di sei anni fa, il giovane è stato ucciso dal proiettile esploso
dalla pistola del carabiniere Mario Placanica.
Nessuna tensione, se si eccettua una breve contestazione nei confronti del
palco installato dall'emittente televisiva La7. L'arrivo dei genitori di
Carlo ha riportato la calma. Alle 17,27, l'ora della tragedia, mezzo
minuto di silenzio, seguito da due minuti di applausi. E poi musica, tanta
musica, per ricordare. Un piccolo corteo non autorizzato si è poi diretto
verso la questura. L'altoparlante installato su un camion ha fatto
echeggiare le frasi pronunciate al telefono da due poliziotti poco dopo la
morte di Carlo Giuliani («speriamo che muoiano tutti», «tanto uno è giÃ
per terra, uno a zero per noi»); cinque ragazze hanno portato davanti al
portone della questura uno striscione nel quale si legge "De Gennaro ha
Amato i Manganelli, via Tolemaide: non dimentichiamo". Un gioco di parole
con il cognome del nuovo capo della polizia Antonio Manganelli, e con
quello del ministro dell'Interno Giuliano Amato.
Dal secondo piano della questura è sceso il questore Salvatore Presenti.
per qualche minuto ha parlato con il deputato di Rifondazione Comunista
Francesco Caruso. Gli ha ricordato l'impegno preso da Manganelli
nell'intervista rilasciata qualche giorno fa al Secolo XIX: «I
responsabili di quelle frasi saranno individuati e puniti». Caruso
rilancia: «Su tutta questa vicenda si deve far luce, perché la verità non
è mai veramente emersa. E dubito che un magistrato possa spiegare
veramente quello che è successo e dirci la verità ».
Le dichiarazioni che hanno accompagnato la giornata. Luca Casarini, leader
dei Disobbedienti, lancia una stoccata, durissima a Fausto Bertinotti: «Mi
aspettavo che uno che fa il presidente della Camera, e che io ho
incontrato poco dopo la morte di Carlo Giuliani, facesse una dichiarazione
da presidente della Camera. Ma non la farà , perché la politica è più
importante. Si diventa disumani. Quando si dimentica l'emozione e tutto
diventa "mozione", è finita».
Il capogruppo di Rifondazione alla Camera, Gennaro Migliore: «La presenza
di tanta gente significa che Genova non si dimentica. Chiediamo una
commissione d'inchiesta. Anche in una sola Camera, purché si faccia».
Da Roma arriva l'opinione del ministro della Solidarietà sociale Paolo
Ferrero: «Dopo le rivelazioni delle ultime settimane su quanto avvenne in
quelle giornate credo che una commissione d'inchiesta sia la miglior
risposta nell'interesse del paese e del nostro sistema democratico». Va
registrato anche che, per tutto il pomeriggio, la redazione del Secolo XIX
è stata tempestata di telefonate di cittadini che hanno protestato per i
disagi conseguenti al corteo e per la concessione del permesso a
manifestare «dopo che sei anni fa ci hanno distrutto la città ».
Ma nel corteo si discute anche delle rivelazioni apparse sul Secolo XIX di
ieri: il fronte della polizia, nell'approssimarsi della conclusione del
processo alla scuola Diaz, è ormai destinato a spaccarsi e non in maniera
indolore. Con una parte di funzionari e agenti che accusa in maniera netta
il settimo nucleo antisommossa di Roma di quel che è avvenuto alla Diaz e
alle mistificazioni (false coltellate, false molotov, falsi verbali) che
ne sono seguite.
Arriva però la risposta secca del legale che segue la maggior parte dei
poliziotti del "settimo": Silvio Romanelli. «Burgio e Troiani - spiega,
puntualizzando la ricostruzione pubblicata ieri - non ne facevano parte:
erano ai comandi di Valerio Donnini. Non avevano nulla a che fare con il
nucleo antisommossa, questo ormai lo sanno anche i sassi».
Ancora commenti durissimi: «I processi si fanno mettendoci la faccia,
nelle aule di giustizia e sostenendo le proprie tesi. Non nelle retrovie e
sui giornali: è quello che ho sempre cercato di insegnare a tutti i miei
praticanti. Se tutte queste ultime fibrillazioni significano che c'è
qualcuno il quale sente l'insopprimibile esigenza di rivelare una sua
verità , non c'è che un modo maestro per farlo. Davanti ai giudici. E non,
magari, avvalendosi della facoltà di non rispondere quando potrebbe
parlare».
Ma le polemiche sembrano ormai destinate a divampare nelle aule
giudiziarie: i segnali sono palesi. Con le "due polizie" schierate una
contro l'altra alla ripresa del processo per la sciagurata irruzione alla
scuola Diaz, che riprenderà dopo la pausa estiva per arrivare al giudizio
di primo grado, se tutto proseguirà senza intoppi, per la fine dell'anno.
Marco Menduni
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Repubblica Genova
Corteo dal Carlini, poi in cinquecento si ritrovano nel luogo della
tragedia del G8. E sulla cancellata si riforma l´altare laico
Piazza Alimonda, ritorno al passato
Musica e commozione, due minuti di applausi per Carlo
Haidi Giuliani interrompe dal palco il minuto di raccoglimento: "Niente
silenzio, dobbiamo gridare"
DONATELLA ALFONSO
«QUANTI siamo? Non importa il numero. La forza del movimento non si misura
con i numeri, ma con le centinaia di azioni nelle città , sui diritti,
sull´ambiente... Piazza Alimonda è il luogo per ricordare e stabilire la
verità . E solo chi vuol essere sordo e cieco non capisce che la verità non
è quella detta finora». Vittorio Agnoletto, al fianco di Don Gallo, si
guarda intorno. Duecento in corteo dal Carlini, altrettanti e qualche
arrivo alla spicciolata in piazza: in tutto saranno cinquecento, tra
apparati della sinistra (pochi), ragazzi richiamati dalla musica, mondo no
global nelle sue tante sfaccettature. Ma, appunto, non è questione di
numeri, ma di cuore, come non può che dire Haidi Giuliani, piccolissima e
potente sul palco improvvisato sul cassone di un camion della Culmv,
rompendo il silenzio che alle 17.27 si fa improvviso sulla piazza: «Macché
silenzio, non dobbiamo fare silenzio. Dobbiamo cantare, gridare; i nostri
figli hanno diritto alla felicità , e questa è possibile, purché si faccia
un mercato un po´ più piccolo e si fermino quei potenti che vogliono
essere sempre più potenti. Diciamo basta, ora basta». Annuisce Gennaro
Migliore, capogruppo di Rifondazione alla Camera: «La macelleria messicana
della Diaz, le torture di Bolzaneto, l´uccisione di Carlo Giuliani, le
violenze diffuse sono cose sulle quali non si può tacere. A tutti questi
ragazzi e alla nostra democrazia è dovuto un risarcimento».
I ragazzi ascoltano e applaudono per due lunghissimi minuti quel loro
coetaneo morto sei anni fa, a quella stessa ora, in un pomeriggio d´estate
così simile. Sono la maggioranza, in piazza, ad applaudire tra le altre le
musiche della Casa del Vento e le canzoni di Cisco, già voce-mito dei
Modena City Ramblers. Il mondo della politica raccoglie le bandiere della
sinistra definita radicale, o estrema, o antagonista: Rifondazione in
primo luogo (e oltre ad Haidi Giuliani e migliore c´è Francesco Caruso, e
tra i genovesi Marina Dondero vicepresidente in Provincia, l´assessore
regionale Franco Zunino, i consiglieri comunali Antonio Bruno e Arcadio
Nacini. C´è Marco Ferrando segretario del Partito Comunista dei
lavoratori, e un gruppetto dei suoi; ci sono il Pdci e la Fgci, con Flavio
Arzarelli dell´esecutivo nazionale dei giovani, il deputato Aleandro
Longhi, i consiglieri Tirreno Bianchi (Regione) e Bruno Delpino (Comune).
Sul fondo della piazza, quando arriva il camion che guida il corteo, c´è
il console della Culmv Paride Batini. E i portuali.
Fa caldo, tanto caldo; i due bar della piazza sono strapieni, le birre,
l´acqua e i bicchieri di vino dell´associazione "Critical Wine" vanno via
euro dopo euro dal banchetto a pochi passi dall´edicola. Quella "verde che
vende la vita" ricordata da Francesco Guccini in "Piazza Alimonda". «Io e
la palma lì nel mezzo siamo sempre gli stessi del 2001 - dice l´edicolante
- Se ero tranquillo per oggi? Certo, ho visto le manifestazioni degli anni
scorsi, sapevo che è un modo per incontrarsi, per ricordare. Sono le
persone più anziane che, anche senza ragione, hanno più paure». Passano
lontani dalla piazza, i pensionati. Ma i negozi intorno, luglio caldissimo
a parte, sono aperti. Sarà che di divise non se ne vede, a parte quelle
dei vigili urbani che bloccano il traffico più in là . «Vorremmo che anche
i nostri colleghi più famosi venissero qui ogni anno, sarebbe una festa di
musica, per non dimenticare» dice il cantante della Casa del Vento.
Sarebbe un modo per incontrarsi, ricordare, ripartire: quello sicuramente
che più fa presa sui ragazzi. Gli stessi che ieri hanno lasciato i fiori
dov´era l´altarino laico di Carlo Giuliani, sulla cancellata della chiesa
del Rimedio. Biglietti, fiori, piccole cose. Per Carlo e per sé stessi.
Il leader dei Disobbedienti a Palazzo Ducale insieme a don Gallo
Casarini bacchetta Bertinotti "Perché adesso non parli più?"
"La commissione d´inchiesta? In Italia si fa solo quando si vuole
insabbiare la verità "
«La copertura politica della grande repressione» avvenuta a Genova durante
il G8 «è bipartisan». Parola di Luca Casarini, leader dei Disobbedienti.
«Noi denunciamo la vergogna della promozione dell´allora capo della
polizia e chiediamo che coloro che hanno preso parte alla repressione
siano rimossi e sospesi». Non è solo, Casarini, ieri mattina a Palazzo
Ducale, luogo simbolo del G8. Accanto a lui anche i rappresentanti del
Comitato ‘No dal Molin´ e di alcuni centri sociali. Oltre a don Andrea
Gallo. Non convince Casarini neppure l´ipotesi di una commissione
d´inchiesta parlamentare sui fatti di Genova. «Quando un Italia si fa una
commissione d´inchiesta _ sostiene _ significa che si vuole insabbiare
qualcosa. Mi ricordo la P2, Piazza Fontana, la strage di Bologna e
quant´altro. Se proprio vogliono fare una commissione d´inchiesta perché
non la fanno sull´operato della polizia? Ma la risposta politica a quanto
è successo l´ha già data Prodi, promuovendo De Gennaro. Vogliono dare un
segnale? Comincino a dire che sui caschi della polizia ci dev´essere un
numero identificativo, deve intervenire disarmata alle manifestazioni e
non usare strumenti come il tonfa che possono fare veramente male». La
gente, spiega ancora Casarini, «vuole poter protestare contro decisioni
che non piacciono. Non si può togliere la voglia, il bisogno di dire no
con le armi». Ma il portavoce dei Disobbedienti non risparmia neppure l´ex
compagno d´avventura, Fausto Bertinotti. «Mi aspettavo che uno che fa il
presidente della Camera e che io ho incontrato poco dopo la morte di Carlo
Giuliani oggi facesse una dichiarazione da presidente della Camera. Ma non
la farà , perchè la politica è più importante. E quando la politica diventa
più importante, ha concluso Casarini, «si diventa disumani. Quando si
dimentica l´emozione e tutto diventa ‘mozione´, è finita». Ma il movimento
guarda anche avanti: "Genova per noi rappresenta tutte le manifestazioni
di chi si batte per la giustizia e la democrazia dal basso contro
qualsiasi tipo di Governo. E´ per questo che oggi ci sono anche coloro che
fanno parte del presidio permanente contro la costruzione della base
americana di guerra a Vicenza: l´8 settembre inizia una grande
mobilitazione per impedire la costruzione della base voluta dal Governo
Prodi e quindi invitiamo tutti coloro che hanno Genova nel cuore a venire
a Vicenza per partecipare a questo grande movimento di moltitudine contro
la guerra e contro un Governo che vuole imporci una nuova base militare».
Durante la conferenza stampa è stato steso uno striscione con scritto
«Governo Prodi vergogna, De Gennaro macellaio».
Protesta in via Diaz, scende il questore Presenti
Il blitz di Caruso "Andiamo in questura"
gli audio-choc
la telefonata
MARCO LIGNANA
Alle 17.55 Francesco Caruso si mette d´accordo con i ragazzi dei centri
sociali genovesi. Un quarto d´ora dopo in piazza Alimonda arriva
l´annuncio di Haidi Giuliani. C´è un cambio di programma. Al posto di
stare ancora un po´ in piazza e in seguito tornare allo stadio Carlini,
chi vuole può andare davanti alla questura. Per portare uno striscione:
"De Gennaro ha Amato i Manganelli. Via Tolemaide: non dimentichiamo". La
decisione è improvvisa, inaspettata. Il corteo si spacca. Haidi, Giuliano
Giuliani e il grosso dei presenti rimangono in piazza Alimonda. Una
quarantina di manifestanti si incammina invece in via Invrea, insieme al
camioncino con la musica a bordo. Con Caruso ci sono alcuni giovani del
"Buridda", dello "Zapata" e del "Terra di Nessuno", ma anche qualche
delegato del network "Comunità in movimento". I vigili sono presi in
controtempo, i clacson delle macchine ferme cominciano a strombazzare.
«Andiamo a riprenderci Genova», gridano i manifestanti che si alternano al
microfono. La polizia, intorno, ancora non si vede, così come non si è
vista per tutto il pomeriggio. Solo pochi uomini in borghese, con il
vicequestore Pasquale Zazzaro. In viale Brigate Partigiane le casse del
furgone sputano le allucinanti telefonate delle forze dell´ordine,
registrate in quei tremendi giorni di sei anni fa: «Speriamo che muoiano
tutti, tanto uno è già per terra», «Uno a zero per noi». Si eleva,
immediato, il grido: «Vergogna, vergogna». Caruso fa la spola tra Pasquale
Zazzaro e i leader del movimento, poi, una volta arrivati a destinazione,
spara: «Adesso ci fermiamo davanti alla questura. Siamo venuti qui con un
corteo non organizzato, e facciamo un´assemblea pubblica. Chiediamo dieci
minuti di pazienza agli automobilisti, qui, nella zona rossa di sei anni
fa. Facciamo un´assemblea qui per dire che allora la violenza di Stato si
fece repressione».
Il gesto più forte arriva subito dopo. Cinque ragazze portano lo
striscione sotto l´ingresso della questura, faccia a faccia con una
dozzina di agenti in divisa, in piedi sul marciapiede, impassibili. Al
microfono un´altra voce si è sostituita a quella di Caruso: «Facciamolo
vedere a questi sbirri, facciamolo vedere a tutte le televisioni». È il
momento più duro dell´intera giornata, esce anche il questore Salvatore
Presenti, ma i poliziotti rimangono immobili, al loro posto. Dopo neanche
un minuto le cinque ragazze tornano insieme al resto del gruppo, e Caruso
annuncia: «Torniamo con i compagni e le compagne in piazza Alimonda». Non
tutti lo seguono. Qualche genovese lascia il corteo e prende altre strade,
magari verso casa. La maggioranza torna in quella piazza, dove nel 2001 fu
ucciso Carlo Giuliani. Salvatore Presenti è soddisfatto: «È andato tutto
bene, speriamo la giornata serva a raffreddare il clima». Gli è anche
giunta una telefonata di Giuliano Giuliani. Il padre di Carlo ha espresso
la sua contrarietà al "blitz". Del resto, lo aveva detto e ripetuto fino
alla nausea nei giorni scorsi: «Non succederà niente di grave, sarà una
manifestazione pacifica». Alla fine lo è stata.