Richiesta di archiviazione per il reato di resistenza a carico dei 93 occupanti dell'istituto Pertini (ex Diaz)
PROCURA DELLA REPUBBLICA GENOVA
n. 13104/21/01 R.N.R.
Richiesta di archiviazione
Art. 408-415 c.p.p.
Al Giudice per le Indagini Preliminari
Sede
Il pubblico ministero
letti gli atti del procedimento penale aperto nei confronti di XXXXXXXXXXXX + 92 per i reati di cui agli artt. 81, 110, 337, 339 c.p.; 81, 110, 582, 585, 576, 61 n.2 e 10 c.p.; 56, 582, 585, 61 n.2 e 10 c.p.; 1 e 2 L. 895/67; 4 L. 110/75; 624, 625 n. 2, 61 n.11 c.p., ed iscritto nel registro notizie di reato il 23.07.2001, osserva:
la sera di sabato 21 luglio 2001, terzo giorno del vertice G8, caratterizzato, come quello precedente, da manifestazioni di piazza sfociate talvolta in duri scontri fra una parte dei partecipanti e le forze dell'ordine, i responsabili di queste decidevano di effettuare una perquisizione ai sensi dell'art. 41 TULLPS nei locali della scuola DIAZ di via C. Battisti in Genova. Tali locali erano stati destinati in comodato da enti pubblici per accogliere ed ospitare i manifestanti.
Era accaduto infatti che, intorno alle 21, vetture della polizia in perlustrazione proprio nella via Battisti fossero circondate da una moltitudine di giovani in atteggiamento aggressivo, tale da costringere gli agenti, per timore, ad azionare la sirena ed allontanarsi velocemente. Svolti alcuni preliminari accertamenti, i vertici dell'ordine pubblico si erano convinti che nei locali della scuola si fossero rifugiati componenti, armati, delle frange piu' violente della contestazione al G8 in corso.
Per effettuare l'intervento venivano mobilitate molte decine di uomini, alcune delle quali estranee all'incombente di polizia giudiziaria programmato ed esclusivamente destinate a garantirne uno svolgimento ordinato e sicuro.
Incolonnatesi nei pressi della Questura, le forze di polizia si dirigevano verso via Battisti agli ordini non di un solo responsabile, ma dei funzionari e dirigenti dei diversi uffici e reparti impegnati nell'operazione.
Sul posto, si constatava che il cancello di divisione fra la strada pubblica ed un ampio cortile prospiciente l'ingresso vero e proprio dell'edificio scolastico da perquisire era stato appena chiuso con catena. Veniva forzato con un furgone della polizia. La gran parte dei poliziotti impegnati si riversava nel cortile. Su di loro, dalle finestre della scuola, venivano gettati oggetti. La proposta di lanciare lacrimogeni all'interno non trovava accoglienza. Si decideva per l'irruzione, ostacolata ma facilmente vinta dalla chiusura di due portoni, rinforzata all'interno da una barricata di mobili e travi. "Il nutrito contingente di operatori" - come recita il verbale d'arresto - si riversava all'interno della DIAZ, tanto al piano d'ingresso destinato ad ampia palestra quanto ai piani superiori. Si verificavano sporadici atti di resistenza singola da parte degli occupanti, uno solo dei quali, nella versione della polizia, di rilevante pericolosita': l'agente NUCERA del 1° Reparto Mobile era aggredito da una persona che lo raggiungeva con un colpo di coltello, che peraltro non attingeva il corpo, ma lacerava giacca e corpetto protettivo. Altri agenti riportavano lesioni di modestissima entita', per alcuni indipendenti dall'azione degli occupanti.
La maggior parte di questi venivano duramente colpiti dalla polizia, soprattutto alla testa ed alle braccia. Alcuni riportavano gravi ferite. Nei sessantanove certificati medici acquisiti si contavano quarantasei traumi cranici; per qualcuno veniva riservata la prognosi.
La perquisizione dava esito positivo. Venivano sequestrate, fra le altre cose, due bottiglie molotov, molti coltelli a serramanico, due mazze da carpentiere, tre mazze di ferro, quindici maschere antigas, cinque passamontagna "mefisto", uno striscione lungo 10 metri con sfondo nero e scritta in giallo ("you can't forbit it and you can't ignore it you try to frighten but you will not stop it"), sessanta magliette nere con scritte eversive ed inneggianti alla violenza.
Tutte queste circostanze di fatto inducevano la polizia a ritenere che gli occupanti della scuola facessero parte di una associazione con un programma criminoso e violento.
Al termine dell'operazione, pertanto, i novantatre sorpresi all'interno della DIAZ, molti dei quali stranieri, erano arrestati "perche' colti nella flagranza dei reati previsti ex artt. 416, 419, 420, 582, 336, 337 e 339 c.p., 110 c.p, 2 L. 985/67 succ. mod.".
Pervenuta la notizia dei reati con il verbale d'arresto e gli allegati, questo ufficio assumeva informazioni dal dr. Mortola, dirigente della DIGOS di Genova, il quale precisava che la decisione finale della polizia giudiziaria, con la generica attribuzione di tutti i reati a tutti gli arrestati senza singole specificazioni, era frutto di valutazioni conseguenti al racconto dei fatti da parte dei vari responsabili degli uffici e dei reparti impegnati nell'operazione.
Questo pubblico ministero disponeva per la immediata liberazione dei quindici arrestati di nazionalita' e residenza italiana ai sensi dell'art. 121 disp. att. c.p.p.
Per tutti era chiesta la convalida dell'arresto avvenuto nella flagranza dei reati, commessi in concorso fra tutti gli indagati, di cui agli artt. 337 e 339 c.p.; 56, 61 n. 2 e 10, 582 e 583 c.p.; 4 L. 110/75; 2 L. 895/67; 416 c.p. e, per gli stranieri o comunque i residenti all'estero, l'applicazione della misura della custodia in carcere, soprattutto in relazione ad inderogabili esigenze di acquisizione di prove, possibili solo con la presenza degli indagati.
L'Ufficio del Giudice per le Indagini Preliminari, rappresentato da dieci diverse persone fisiche, non convalidava gli arresti e non riteneva di accogliere la richiesta di misura coercitiva. Faceva eccezione la convalida per XXXXXXXXXX, XXXXXXXXXX, XXXXXXXXXX, XXXXXXXXXX, XXXXXXXXXX, XXXXXXXXXX, XXXXXXXXXX, XXXXXXXXXX, XXXXXXXXXX(per il solo reato di cui all'art. 416 c.p.), XXXXXXXXXX e l'applicazione della misura della custodia in carcere per quest'ultimo (poi annullata dal Tribunale del Riesame) e quella del divieto di dimora per XXXXXXXXXX.
Le motivazioni di diniego erano tutte sostanzialmente basate sulla considerazione che esistevano dati procedimentali sufficienti per affermare che i reati prospettati erano stati commessi, ma che non era possibile la loro attribuibilita' generale agli arrestati in flagranza, rimanendo implicitamente respinta l'ipotesi di una globale responsabilita' in concorso.
Negli interrogatori di garanzia, gli indagati che non si avvalevano del diritto al silenzio negavano tutti di aver commesso un qualsiasi reato e denunciavano un comportamento molto violento, senza ragione, degli agenti di polizia che avevano fatto irruzione nella scuola nei confronti degli occupanti postisi in condizione, anche fisica, di resa incondizionata. Solo pochi ammettevano che alcuni dei presenti, avvedutisi dell'arrivo della polizia, avevano provveduto a sbarrare il portone d'ingresso.
Per queste espresse denunce e per l'esplicita iniziativa in merito di alcuni dei giudici per le indagini preliminari, veniva aperto un autonomo procedimento per le lesioni gravi ed aggravate provocate agli occupanti della DIAZ dagli agenti e funzionari di polizia intervenuti nell'operazione.
Scarcerati tutti gli indagati, le indagini proseguivano con vari sopralluoghi alla scuola, sequestri, assunzione di informazioni, interrogatori, acquisizione di documenti, fra cui le relazioni di alcuni funzionari, e di un vasto materiale fotografico ed audiovisivo.
Era quindi disposto lo stralcio della posizione di tutti gli indagati in relazione alla sola ipotesi di reato di associazione per delinquere, apparendo opportuno inserirne la valutazione nell'ambito di una piu' ampia indagine in corso in questo ufficio di Procura nei confronti di coloro che, riunitisi in Genova in occasione del G8 per contestare l'iniziativa, sono sospettati di averlo fatto in forma organizzata per compiere danneggiamenti,devastazioni e saccheggi.
Un successivo stralcio veniva deciso in ordine al circoscritto episodio dell'accoltellamento all'agente Nucera: e' accaduto infatti che una consulenza tecnica affidata nell'ambito del procedimento speculare aperto per le responsabilita' penali dei poliziotti abbia concluso per la incompatibilita' dei tagli presenti sugli indumenti indossati dal Nucera al momento dell'aggressione "con quelli ottenuti sperimentalmente secondo le dinamiche che e' stato possibile evincere" dalle affermazioni dell'agente. E' quindi evidente la necessita' di ulteriori e non rapidi accertamenti garantiti, non compatibili con lo stato del presente procedimento.
Molti altri sono i fatti-reato commessi dagli occupanti della DIAZ, attuali indagati, durante l'operazione di polizia di cui si e' detto.
Secondo quanto e' emerso dagli atti di indagine raccolti possono essere cosi' individuati:
la chiusura del cancello e dei portoni d'ingresso della scuola al momento dell'arrivo delle forze dell'ordine, pacificamente constatata da tutti i presenti ed ammessa da alcuni degli indagati, che costituisce resistenza aggravata commessa nella forma della c.d. violenza impropria, comprendente, secondo una giurisprudenza consolidata e autorevole dottrina, ogni comportamento caratterizzato dall'uso di una energia fisica esercitata verso il pubblico ufficiale, un terzo estraneo od anche cose, comunque idoneo ad impedire o ad ostacolare l'esplicazione della pubblica funzione, nella specie tesa alla perquisizione ed al controllo di polizia sulle persone presenti nell'edificio (la resistenza non e' reato contro la persona e la sua integrita' fisica, ma contro la pubblica amministrazione);
il lancio di oggetti di vario genere dalle finestre dei piani superiori sui poliziotti radunati nel cortile, prima e durante lo sfondamento dei portoni, ed il conseguente ferimento degli agenti XXXXXXXXXX ed XXXXXXXXXX. Sul punto sono state raccolte plurime, attendibili dichiarazioni degli offesi, concordanti sul lancio (definito non fitto) e diversificate nella indicazione degli oggetti. Il riscontro e' costituito dai danni e dalle sottrazioni subite dall'impresa di cantiere che stava lavorando alla DIAZ: si vedano le informazioni fornite dal Gaburri e dall'architetto Timon. I quali hanno precisato che gli arnesi e le travi (fra cui e' compresa la mazza spaccapietre raccolta e sequestrata dall'agente Ridolfi' nel cortile ove era stata lanciata) erano stati chiusi in un locale trovato poi scassinato e svuotato, cosi' come era stata divelta la protezione creata per impedire che gli occupanti della scuola potessero salire ai piani superiori (il comodato riguardava infatti la sola palestra a piano terra). Quanto descritto concretizza il reato di lesioni plurime aggravate ed una nuova ipotesi di resistenza;
singoli, limitati, e proprio per questo credibili, episodi di aggressione nei confronti di alcuni agenti, come hanno riferito i capi pattuglia del Reparto Mobile XXXXXXXXXX, XXXXXXXXXX, XXXXXXXXXX e XXXXXXXXXX, da qualificare anch'essi nello schema normativo dell'art. 337 c.p.;
la presenza, senza giustificato motivo, di numerosi coltelli, due mazze da carpentiere, un piccone, tre mazze di ferro ed altri strumenti idonei ad offendere in un ambiente aperto ove erano riunite molte persone, il cui porto fuori abitazione integra la contravvenzione all'art. 4 della legge 110/75;
la sottrazione, e quindi il furto aggravato, compiuto in danno della impresa di cantiere del materiale riunito in un apposito locale chiuso.
Quanto al sequestro di due bottiglie contenenti liquido infiammabile, c.d. "molotov", la cui illegale fabbricazione e detenzione costituisce il delitto di cui agli artt. 1 e 2 della legge 895/67, ritrovate secondo il contenuto del verbale d'arresto al piano terra dello stabile scolastico, in prossimita' dell'ingresso, successivi accertamenti compiuti nell'ambito del procedimento parallelo concernente i comportamenti tenuti nell'occasione dal personale di Polizia hanno collocato il ritrovamento in tutt'altre circostanze di tempo e di luogo (nel pomeriggio dello stesso giorno, in corso Italia ) che parrebbero escludere la riferibilita' del confezionamento e del possesso degli ordigni agli attuali indagati.
Occorre ora affrontare l'esame dei dati d'indagine per valutare se essi consentono di attribuire o meno i reati elencati, esclusa la detenzione delle "molotov" per i motivi appena enunciati, ai singoli indagati.
E' fondamentale la constatazione che nel verbale d'arresto e nelle numerose comunicazioni successive della polizia giudiziaria non vi e' nessuna attribuzione soggettiva parziale e specifica relativa a ciascuno dei diversi illeciti denunciati, ma al contrario, una globale e generica indicazione di tutti gli indagati quali coautori di tutti i reati commessi nell'occasione, salva l'attribuzione ad un singolo, peraltro non identificato, dell'aggressione al Nucera. Questa stessa constatazione e' stata posta dai giudici delle indagini preliminari a fondamento della reiezione della richiesta di convalida dell'arresto.
I successivi atti di indagine non hanno apportato alcuna modifica a questo quadro complessivo. Gli arrestati hanno tutti negato. Gli agenti ed i funzionari di polizia interrogati in modo specifico sul punto non hanno fornito alcuna indicazione significativa. Gli accertamenti scientifici concernenti le impronte utili trovate sulle due "molotov" hanno dato esito negativo, come ha riferito il dr. Cavalera della Polizia Scientifica. L'imponente materiale audiovisivo raccolto ha documentato, dell'episodio DIAZ, fatti interni ed esterni che non rilevano sul punto delle attribuzioni soggettive dei singoli episodi delittuosi.
Infine, non e' dato ipotizzare altri atti di indagine utili alla attribuzione soggettiva dei reati commessi.
Non rimane, di conseguenza, che la verifica della possibilita' di configurare il concorso di tutti o di una parte degli indagati nella commissione di tutti o di qualcuno dei reati elencati.
E' noto che soprattutto la giurisprudenza di legittimita' accoglie una nozione estensiva di "concorrente nel reato". E' tale chi apporta un qualsiasi contributo causale alla realizzazione dell'evento lesivo, restando irrilevanti: la conformita' della condotta alla tipologia astratta del precetto; la forma e/o l'importanza del contributo (materiale o psicologico); infine, la fase in cui esso si sostanzia (ideazione, organizzazione, esecuzione).
Per quanto, poi, attiene alla forma del "concorso morale", molto rilevante nel a fattispecie in esame in cui non vi e' stata identificazione di autori materiali, esso secondo l'interpretazione dei giudici di merito e di legittimita', puo' manifestarsi come mero contributo agevolatore oppure come adesione espressa oppure, persino, come silenzio-consenso idoneo a rafforzare il proposito criminoso dell'agente. Non e' necessario un previo accordo criminoso, essendo sufficiente una intesa spontanea, improvvisa che intervenga in corso di esecuzione del reato. Ed, ancora, la mera presenza sul luogo del delitto puo' costituire una forma di partecipazione se essa ha costituito per l'autore materiale "stimolo, motivo di rafforzamento, maggior senso di sicurezza nella esecuzione del reato" e, per un indirizzo giurisprudenziale ancora "piu' largo", addirittura quando essa manifesti un incoraggiamento o una chiara adesione all'attivita' illecita dell'autore, che puo' esserne ignaro. Di recente le sezioni unite della Suprema Corte hanno ribadito questi concetti nella decisione n. 31 del 22.11.2000, Sormani.
L'applicazione dei principi enunciati alle varie ipotesi di reato prospettate nei confronti degli indagati potrebbe in astratto indurre a ritenere l'esistenza di un concorso di tutti gli arrestati quantomeno nella resistenza aggravata concretizzatasi nella chiusura di cancello e portoni. Perche' e' chiaro che, sempre in astratto, quel comportamento aveva una attinenza difensiva per tutti gli occupanti, compresi coloro che riuscirono a fuggire dal retro dell'edificio, non circondato dalla polizia, e che tutti potevano avere un interesse ad impedire o quantomeno ritardare l'ingresso, la perquisizione ed il controllo. Se non che e' emerso dalle dichiarazioni, sul punto attendibili, di qualcuno dei presenti nella DIAZ che l'azione di barricarsi, significativa della volonta' di resistere ma inadeguata ed inutile, non era stata esplicitamente condivisa, fino ad essere a parole avversata, da alcuni di loro ed era stata ignorata da altri, che gia' dormivano stesi nell'ampia palestra a piano terra. E' evidente che costoro non hanno dato alcun contributo causale al comportamento violento di altri.
Di conseguenza, non e' in concreto ipotizzabile un concorso di tutti gli indagati nella resistenza che si e' sopra precisata.
Per gli altri fatti-reato, l'insussistenza di un concorso globale dei novantatre arrestati e' piu' evidente. Il lancio degli oggetti, gli episodi di resistenza e lesioni successivi all'irruzione della polizia, la detenzione delle armi e degli arnesi atti ad offendere denotano, nelle stesse caratteristiche delle azioni cosi' come vengono descritte in atti, l'ideazione e l'esecuzione da parte di un singolo o di pochi, la cui condotta e' indipendente e slegata da quella degli altri occupanti della DIAZ.
In conclusione, mancano i presupposti per l'esercizio dell'azione penale contro gli indagati, sia perche' non e' configurabile un concorso di tutti i denunciati in tutti od in alcuni soltanto dei reati ipotizzati sia perche' e' risultata carente da parte della polizia giudiziaria l'individuazione soggettiva dei responsabili delle varie ipotesi criminose descritte nella comunicazione iniziale;
visti gli artt. 408 e 415 c.p.p.;
chiede
che venga disposta l'archiviazione del procedimento e la conseguente restituzione degli atti al proprio Ufficio.
Chiede altresi' che venga disposta la confisca delle armi, proprie e improprie, in sequestro e la restituzione agli aventi diritto delle altre cose sottoposte a vincolo.
Genova, 2 dicembre 2002
II pubblico ministero
Francesco Lalla