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20.10.03

RISPOSTA ALLA LETTERA DEL MINISTRO CASTELLI

Signor Castelli, ministro della Giustizia,

per evitare confusione le risponderò per punti, sia sui fatti che sui principi giuridici che lei mi contesta, cominciamo da fatti:

- E’ vero che a Bolzaneto io non c’ero, ma quanto da me denunciato (gli atti della conclusione delle indagini della magistratura) è stato ampiamente riportato a mezzo stampa, non è frutto di indiscrezioni o di insinuazioni, ma è il resoconto dei verbali relativi all’inchiesta della procura (atti d’indagine ufficiali dunque). Questi atti parlano di 42 tutori dell'ordine indagati per Bolzaneto tra medici e appartenenti alle diverse polizie presenti a Bolzaneto, tra le quali le guardie ed i medici penitenziari:
Confermo, come ho scritto nella mia lettera che molti abusi sono stati commessi in danno di persone arrestate ed inermi (molte delle quali ferite) nei cui confronti è vietata qualunque forma di violenza fisica-psichica. Questo al di là della colpevolezza o dell’innocenza delle stesse.

- Secondo lei io non potrei parlare dell’accaduto a Bolzaneto perché non ero presente, mentre lei afferma che c’è rimasto per poco tempo e non ha visto niente di strano!
Come può quindi affermare che si e' trattato solo di sporadici episodi, che la polizia penitenziaria si è comportata correttamente? Ha fatto delle indagini, raccolto testimonianze? Le faccio notare che io non sono Ministro della Giustizia ma lei sì, io non faccio nessun “atto di fede” quello che è successo a Bolzaneto l’ho verificato sulla pelle di mia figlia e attraverso testimonianze qualificate come quella dell'infermiere Marco Poggi in servizio a Bolzaneto; mentre sarebbe un suo preciso dovere verificare quanto accaduto e denunciato da centinaia di persone circa le violenze e le violazioni, denunce verificate dalla Magistratura, riportate nel rapporto annuale di Amnesty International, denunciate alla Commissione Diritti Umani dell’ONU, al Parlamento Europeo, al Comitato Europeo per la prevenzione della tortura. Lei ed i lettori del Giornale di Lecco potrete verificare tutti questi documenti sul sito www.veritàgiustizia.it

- Nella sua risposta lei cita inoltre un presunto “assalto con molotov al penitenziario di Bolzaneto”: l’assalto al quale lei si riferisce, signor ministro, non è stato fatto a Bolzaneto ma bensì al carcere Marassi, dove un pugno di manifestanti mascherati sono riusciti a lanciare delle molotov senza essere fermati da nessun appartenente alle Forze dell’Ordine pur presenti in forza. Come mai?

i principi giuridici:

- Quanto lei mi scrive: “Vede, cara Signora, ricordo che gli atti della Procura non sono l'esito di un processo, ma un atto di accusa” non modifica minimamente la mia richiesta di sospensione per tutti gli indagati tra le Forze dell’Ordine, qualora dovesse giungere un loro rinvio a giudizio.
A nessuno sfugge la lesione al prestigio delle Forze dell’Ordine che nascerebbe dal mantenere in servizio (o promuovere) agenti e funzionari accusati di gravi reati e per essi imputati davanti a un tribunale, con i loro atti hanno infangato la dignità di tutti gli operatori onesti e democratici presenti all'interno della Polizia Penitenziaria. Inoltre, non si richiede il licenziamento di costoro, almeno fino ad una condanna definitiva. In questo condivido il Suo richiamo all’articolo 27 della nostra costituzione. Se ne richiede la sospensione dalle funzioni, perché questo è ciò che accade negli altri settori dell’Amministrazione Pubblica, nei confronti di dipendenti che, sono imputati per reati commessi a causa e nel corso delle loro mansioni. Questo è necessario per il bene delle istituzioni, per cominciare a ripristinare un rapporto di fiducia fra cittadini e istituzioni interrotto dalla violenta repressione delle Forze dell’Ordine a luglio 2001 a Genova.

- “Se Sua figlia ha casi di maltrattamenti o altre violazioni di legge che ha subito dalla polizia penitenziaria, o ha visto subire da altri, vada dal Giudice a rendere testimonianza”.
Già fatto, signor ministro: mia figlia e tutti gli altri testimoni e vittime hanno da tempo reso dichiarazioni alla Magistratura, adempiendo con coraggio e tra mille difficoltà al loro dovere di cittadini e lo faranno ogni qual volta sarà loro richiesto; non si può dire lo stesso degli agenti e dei loro responsabili che, dopo molto tempo, hanno presentato alla magistratura centinaia di foto-tessera scannerizzate risalenti a molti anni prima, oppure elenchi incompleti od errati. Quanto al merito della testimonianza di mia figlia, credo sinceramente che la valutazione spetti alla Magistratura e non a lei.

- Lei conclude con: “Le ricordo però che se parlare a vanvera è semplicemente una stupidaggine, calunniare è un grave reato. Sarà mia cura verificare se sua figlia si offrirà come testimone e di andare a verificare cosa avrà detto nel processo”.
Vede, signor ministro, anche minacciare ed intimidire i testimoni mi sembra sia un grave reato, ma non si preoccupi: mia figlia e gli altri testimonieranno come è loro preciso dovere, verifichi piuttosto quanto hanno fatto o faranno gli agenti ed i medici dei quali lei è diretto responsabile. Mi fa piacere che lei abbia deciso di seguire i processi sui fatti di Bolzaneto, lo stesso faranno alcune centinaia di migliaia di persone che in Italia hanno avuto almeno un amico o un parente malmenato a Genova, e che sono ormai immuni dalle manipolazioni della verità.

Enrica Bartesaghi
Presidente Comitato Verità e Giustizia per Genova


Da il “GIORNALE DI LECCO” del 13 ottobre 2003

IL MINISTRO CASTELLI REPLICA
Cara signora io ero a Bolzaneto, lei no e sua figlia …..

Il ministro della Giustizia risponde alla lettera aperta pubblicata sul Giornale di Lecco del 6 ottobre a Firma di Enrica Bartesaghi, presidente del Comitato verità e giustizia di Genova e madre di Sara, uno dei giovani che accusa la Polizia di trattamenti inumani. La donna aveva contestato le affermazioni fatte dal senatore Roberto Castelli. Ecco la sua replica.


Gentile Sig.ra Bartesaghi,
mi pare Lei faccia grande confusione sia sui fatti che sui principi giuridici, per cui cercherò di esporLe con un minimo di ordine alcuni concetti che credo Le saranno utili.
I fatti: ribadisco di essere stato quella notte a Bolzaneto e confermo ovviamente punto per punto quello che ho dichiarato e che corrisponde a quello che ho visto e che credo possa essere tranquillamente confermato dagli uomini della scorta che erano con me, ricordando che nemmeno loro sono mai stati sentiti.
Non ricordo di aver detto la frase sui lager, ma non credo che la cosa sia rilevante al fine della presente discussione.
Naturalmente ciò non significa quotidianamente che non possano essere accaduti episodi a cui io non ho assistito. Tra l'altro la mia testimonianza si ferma alle ore 2.30 - 2.45 circa, quindi prima che venissero tradotti coloro i quali sono stati fermati alla scuola Diaz.
Ho sempre detto e ribadisco che io parlo per la polizia penitenziaria, quindi non ho nulla da dire su quanto è accaduto al di fuori di Bolzaneto, nelle strade o alla scuola Diaz, dove operavano altre forze dell'ordine.
Ho sempre dichiarato che, al di là dei singoli episodi che io non ho visto, ma che possono essere successi, la polizia penitenziaria nel suo complesso si è comportata in modo assolutamente attinente al regolamento e con grande efficienza e professionalità.
Ricordo tra l'altro che hanno anche dovuto fronteggiare degli assalti da parte di alcune «forze democratike», davanti al penitenziario di Bolzaneto che ha avuto un ufficio devastato da una bomba molotov che non ha fatto vittime solo perché il locale fortunatamente in quel momento era vuoto.
Non credo di aver potuto vedere Sua figlia, perché Lei dichiara di essere stata arrestata alla scuola Diaz, per cui, come dicevo sopra, dovrebbe essere arrivata al centro di Bolzaneto dopo che io me ne ero andato, in ogni caso non farebbe prima a chiederlo a lei se mi ha visto o no?
Altro fatto. Lei Signora a Bolzaneto non c'era, pertanto non ha visto ne sentito niente relativamente ai fatti di cui Lei parla. Può solo fare un atto di fede e credere o meno se a Bolzaneto, ripeto a Bolzaneto, non in strada o alla scuola Diaz, dove non era presente la polizia penitenziaria, si siano verificati, cito testualmente «violenze e torture, trattamenti inumati e degradanti, sospensione di diritti umani fondamentali, mancate cure mediche a persone già ferite, mancate telefonate a familiari, avvocati, consolato per gli stranieri».
E vengo ora al secondo dato di grave confusione che Lei ha in testa.
Lei dice: «Si legga le conclusioni della Procura di Genova e sospenda tutti quelli che sono indagati per questi gravissimi fatti, chieda scusa a nome dello Stato che lei rappresenta, a tutti quelli che, italiani e stranieri hanno vissuto, sulla loro pelle, i giorni più bui della nostra democrazia degli ultimi anni».
Vede, cara Signora, ricordo che gli atti della Procura non sono l'esito di un processo, ma un atto di accusa. Un sistema giudiziario per cui chi veniva accusato di reati doveva dimostrare di essere innocente funzionava nell'Unione Sovietica di Stalin. Da noi, come in tutti i paesi democratici, le cose fortunatamente vanno in modo un po’ diverso. Deve essere l’accusa a provare che un individuo si è macchiato di determinati reati, altrimenti, ai sensi dell'art. 27 della nostra Costituzione, che Lei certamente condivide, l'accusato deve essere considerato innocente. Come si fa a provare che un individuo si è macchiato di un determinato reato? Portando prove e/o testimonianze che convincano il Giudice che l'accusato è colpevole. Sarà il processo a dire se le testimonianze più o meno fantasiose di ragazzi, come dice Lei, desaparecidos perché se ne sono tornati a casa propria o nessuno sa dove siano, saranno confermate oppure se uscirà, come credo, che la polizia penitenziaria al di là, ribadisco, di eventuali casi singoli che sono ovviamente da condannare, ha fatto il proprio dovere. D'altro canto avete la possibilità, in prima persona, di mostrare ciò che Lei sostiene.
Se Sua figlia ha casi di maltrattamenti o altre violazioni di legge che ha subito dalla polizia penitenziaria, o ha visto subire da altri, vada dal Giudice a rendere testimonianza. Non è certo il Ministro Castelli che vuole coprire le malefatte di chicchessia.
Le ricordo però che se parlare a vanvera è semplicemente una stupidaggine, calunniare è un grave reato. Sarà mia cura verificare se sua figlia si offrirà come testimone e di andare a verificare cosa avrà detto nel processo.

Distinti saluti
Roberto Castelli


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