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13.06.13

BOLZANETO, IL LAGER DIMENTICATO IN CASSAZIONE

Domani la Corte di Cassazione dirà l'ultima parola sui processi per i
maltrattamenti inflitti ai detenuti nella caserma di polizia di
Bolzaneto durante il G8 di Genova del 2001. Salvo sorprese, il caso
giudiziario sarà chiuso, ma se anche ci fossero delle code, poco
cambierebbe, perché resta e resterà aperta la questione politica e
morale legata a un'evidenza storica ormai acquisita e cioè che in Italia
nel 2001 si sono praticate forme di tortura senza che ciò abbia turbato
più di tanto le forze politiche democratiche, i vari ministri che si
sono succeduti, per non parlare dei vertici delle forze dell'ordine.
Di fronte all'evidenza dei fatti, confermati da due giudizi in sede
penale, non è successo assolutamente niente: gli imputati sono rimasti
ai loro posti anche dopo le condanne, non sono stati avviati
procedimenti disciplinari, nulla si è fatto per estirpare la malapianta
della violenza e dell'abuso che evidentemente si annida all'interno
delle nostre forze di sicurezza. I vertici delle varie forze dell'ordine
non sono stati toccati. Si è addirittura assecondato, da parte del
potere politico, il rifiuto - antistorico, corporativo e assai poco
democratico - di una vera e seria legge contro la tortura.
Quest'inerzia rispetto agli orrori di Genova G8 è stata nei fatti è una
legittimazione e dovremmo chiederci se il rifiuto dell'autocritica e il
rigetto di qualsiasi forma di trasparenza, non siano all'origine delle
terribili vicende accadute negli anni seguenti: pensiamo a quanto è
accaduto a Stefano Cucchi, Giuseppe Uva, Federico Aldrovandi, Aldo
Bianzino e tanti, troppi altri. L'esperienza internazionale di decenni
dimostra che la tortura può essere prevenuta solo punendo e isolando i
responsabili degli abusi: la magistratura deve occuparsi dei risvolti
penali, l'amministrazione pubblica di quelli etici e professionali.
L'angosciante verità che scaturisce dall'esame dei dodici anni di
reticenze, copertura, ma anche inchieste e processi seguiti a Genova G8,
è che all'interno dello stato, nelle forze dell'ordine, nel cuore
dell'amministrazione pubblica, si è agito nella direzione opposta a
quella indicata dai principi di democrazia e legalità costituzionale:
anziché indagare al proprio interno sugli abusi, individuare e rimuovere
i responsabili, avviare un'operazione culturale e formativa di
prevenzione dei maltrattamenti, si è scelto di alzare un muro di
silenzio verso l'opinione pubblica. Si finge di non sapere che l'Italia
è un paese nel quale si pratica la tortura. Coi risultati che abbiamo
visto: dal 2001 in poi si sono moltiplicati i casi di persone
maltrattate e uccise in stato di detenzione, cioè affidate "in custodia"
per conto dello Stato alle forze di sicurezza.
In parlamento qualcuno è tornato a parlare di una legge contro la
tortura e saremo vigili sul percorso dell'eventuale nuova normativa,
memori di alcuni pessimi testi elaborati in passato, ma già oggi
vogliamo esprimere la nostra convinzione che una nuova legge sulla
tortura sarà inutile se non si interviene subito con messaggi forti di
rifiuto delle prepotenze e degli abusi, con un'operazione di apertura e
di trasparenza che deve passare attraverso la rimozione dei responsabili
degli abusi (anche se prescritti). Ed è ormai chiaro che l'Italia ha
bisogno urgente di un'autorità indipendente di protezione dei diritti umani

Comitato verità e giustizia per Genova

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